La preghiera del mattino

La Meloni farebbe bene a nominare Bonaccini commissario per l’alluvione

Giorgia Meloni il 21 maggio scorso nelle zone dell’alluvione in Emilia-Romagna con Stefano Bonaccini
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 21 maggio scorso nelle zone dell’alluvione in Emilia-Romagna con il presidente della Regione Stefano Bonaccini (foto Ansa)

Sulla Zuppa di Porro si scrive: «A tutti loro suggeriremmo di guardarsi due minuti dell’intervista di Achille Occhetto a In onda dell’altra sera. Sul caso Roccella il ragionamento, e l’insegnamento, è semplice. Dice Occhetto: andare ai comizi degli altri è “un vizio” maldestro e “non si deve fare”. Semplice: l’avversario si lascia parlare, perché funziona così in ogni democrazia».

È straordinario come analfabeti politici tipo Elly Schlein e Roberto Saviano riescano a trasformare quella povera anima persa di Achille Ochetto in un gigante del pensiero democratico.

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Su Open si scrive: «Colosimo ha risposto così a chi le domandava della sua conoscenza con l’ex Nar Luigi Ciavardini: “Io non ho amicizie. Ho semplicemente espletato, nelle mie funzioni di consigliere regionale, quello che mi era concesso e che era anche dovuto e cioè incontrare anche persone che sono state o sono detenute. Conosco il presunto Ciavardini, esattamente come lo conoscono moltissimi altri eletti di altre appartenenze politiche, poiché lui è in un’associazione che si occupa, come da articolo 27 della Costituzione, del reinserimento di altri detenuti nel momento in cui hanno scontato le loro pene”».

Ma era proprio il caso che i parlamentari del Pd si accodassero, nell’elezione della presidenza della Commissione antimafia, a un’inchiesta di Report, ovviamente legittima ma come al solito sostanzialmente scandalistica, sui rapporti tra Chiara Colosimo e Luigi Ciavardini? Non era meglio valutare se non fosse l’occasione per spiegare a Giovanni Donzelli come l’incontrare detenuti o ex detenuti non significa essere loro complici, bensì adempiere all’antico impegno morale di soccorrere i carcerati?

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Sul Sussidiario Carole Rinville scrive: “Le crisi si susseguono da diversi anni e ogni volta viene superata la linea rossa. Un ministro viene chiamato assassino, il presidente della Repubblica viene schiaffeggiato, le effigi dei politici vengono allineate a terra e bruciate, viene simulata la decapitazione di Macron, si tengono manifestazioni davanti alle case degli eletti, terrorizzando i loro figli, Aurore Bergé, presidente del gruppo Renaissance all’Assemblea nazionale, viene contestata sui social network, minacciando il suo bambino di quattro mesi con “fuoco, ferro e una mazza da baseball” e promettendo che “tutto è in atto per sradicarvi”. Sandrine Rousseau di Europe Ecologie Les Verts viene regolarmente minacciata di morte e di stupro, Yaël Braun-Pivet, presidente dell’Assemblea nazionale, è vittima di commenti antisemiti e di minacce di morte. L’elenco continua con questi linciaggi finora simbolici, per non parlare delle fake news sui social network che cambiano le regole della protesta e permettono di scatenare l’odio da un comodo anonimato. È questa l’espressione della democrazia, è questa la libertà di espressione dietro cui molti si nascondono oggi. L’odio, l’astio, la violenza sembrano sempre più legittimi e sfrenati. Secondo un sondaggio Ifop, per il 35 per cento dei francesi “è talvolta necessario ricorrere ad azioni violente per portare avanti la propria causa o le proprie idee”. “C’è un alto livello di tensione nella società, tutto è abrasivo, tutto può giocare il ruolo di un fiammifero in una polveriera” spiega un consigliere del governo».

Per fortuna l’Italia non è la Francia e gli arroganti tentativi alla Macron di svuotare la discussione politica sono stati sconfitti dal voto popolare. Però dare un’occhiatina a quel che avviene Oltralpe per ricordarsi come ci sia bisogno di una dialettica politica chiara ma non distruttiva, è molto utile per una società che ha già vissuto il degenerare del ’68, gli attentati di piazza Fontana, piazza della Loggia, della stazione di Bologna, l’assassinio di Luigi Calabresi, l’assassinio di Aldo Moro, quelli di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Pio La Torre, la degenerazione di Mani pulite, le stragi mafiose, e che è soggetta tuttora ai giochi per impedire un suo ruolo da protagonista (che secondo alcuni imbecilli sarebbe “un sogno”) nell’Unione Europea.

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Su Affaritaliani Alberto Maggi scrive: «“Il governo sta facendo una valutazione collettivamente” spiega il presidente dei senatori di Fdi. “Valutazioni che vanno al di là del nome. Bisogna mettere in quella posizione la persona che possa operare al meglio. Se dovesse essere Bonaccini sarà lui, altrimenti, visto che ha anche già molti impegni e incarichi, sarà qualcun altro”, conclude Malan».

Spero che alla fine Giorgia Meloni segua il suo istinto e i suggerimenti di Luca Zaia, Giovanni Toti e Roberto Occhiuto che la invitano a nominare Stefano Bonaccini commissario per la gestione dell’emergenza disastri in Romagna: la scelta giusta per consolidare una necessaria unità nazionale nella valorizzazione di quelle autonomie territoriali che è nei programmi della coalizione di governo.

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1 commento

  1. FRANCESCO TADDEI

    Sig. Festa, il Presidente del Consiglio farebbe bene a nominare commissario Luca Zaia.

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