La preghiera del mattino

Il Mattarella bis conferma che il potere in Italia non è contendibile

Di Lodovico Festa
01 Febbraio 2022
Rassegna ragionata dal web su: la nostra democrazia immobile, lo sfaldamento del centrodestra, l'assenza di ideali a sinistra e molto altro ancora
Il Palazzo del Quirinale
Il Palazzo del Quirinale (foto Ansa)

Su Dagospia si riporta un articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera nel quale si scrive: «Prendere il dieci per cento su quattrocento seggi, pur perdendo cioè in tutti i collegi, darebbe al Centro quaranta seggi. Prendere il cinque per cento al proporzionale su tutti e seicento, ma con la concorrenza al centro di Pd e Lega, darebbe soltanto trenta seggi. Forse conviene tenersi il Rosatellum?». È bello vedere sorgere un “nuovo centro” giustamente ispirato da grandi ideali: quale sistema elettorale ci fa prendere più seggi? Più fettine di formaggio? Più pezzi di pagnotta?

Sugli Stati generali Jacopo Tondelli scrive: «Non è un gran finale, perché fare politica significa però immaginare che il finale non è mai scritto, e che le alternative esistono per definizione. Rimuovere questo dato di realtà aiuterà forse a vivacchiare per qualche mese, non a proiettare nel futuro un paese in cui i giovani politici – ormai sulla soglia dei Cinquanta – continuano a nascondersi all’ombra degli ultimi grandi vecchi, e a vantarsi come se ne fossero i padri e non, invece, i nipotini indolenti». Vivere o sopravvivere, vivere o vivacchiare: that is the question.

Su Affari italiani si scrive: «Parigi, 31 gen. (askanews) – “Noi vogliamo una sinistra unita”, dice Christiane Taubira ma volere per ora non è potere. I contendenti presidenziali della fratturata “gauche” hanno insistito sul fatto che manterranno le loro candidature, tra divisioni sempre più profonde che probabilmente si rifletteranno sull’esito delle urne. Ma subito dopo l’annuncio del risultato della votazione online, il candidato dei Verdi, Yannick Jadot, ha detto che non aveva nulla da dirle. Mentre all’estrema sinistra per Jean-Luc Melenchon sono “affari loro” e la sfidante socialista e sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha insistito sul fatto che continuerà la campagna». Oggi a Parigi, domani a Roma: lo speciale legame che associa Emmanuel Macron a Enrico Letta farà sì che il modello francese tenderà a riproporsi in Italia: un potere politico poco autonomo, immobile e non contendibile, e una sinistra dispersa senza più nessun vero ideale unificante.

Su Strisciarossa si scrive delle elezioni portoghesi e del trionfo del socialista Antonio Costa: «Una vittoria di umiltà, di fiducia e di stabilità». Ottenuta rafforzando una concezione bipolare della politica, con un capo dello Stato di destra eletto dal popolo e non dai pagnottisti, e non avendo paura delle elezioni anticipate.

Su Affari italiani Alberto Maggi scrive: «La vendetta è un piatto che si serve freddo. Vero. Verissimo. Infatti dentro Forza Italia, a partire direttamente da Silvio Berlusconi, stanno già preparando la vendetta contro Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che in questa disastrosa (per il centrodestra) partita del Quirinale si sono contraddistinti per un pasticcio dietro l’altro spaccando in modo clamoroso il centrodestra». Salvini ha compiuto una serie lunghissima di pasticci però perlopiù per cercare (malamente) di tenere unito il centrodestra. Dalla Meloni non sono venute grandi idee all’interno però di un atteggiamento teso a non dividere il centrodestra. Berlusconi invece (sia pur per una sacrosanta esigenza di risarcimento morale, per comprensibili ragioni psicologiche e per evidenti problemi di salute) si è comportato, per così dire calcisticamente, più da presidente del Monza, che del Milan.

Sulla Zuppa di Porro Max Del Papa scrive: «Ma la patria non ci crederà oltre, e, stante il tramonto lugubre di Draghi, la figura di riferimento diventa Mattarella: in lui, nella sua eternità, si coagula il potere e la difesa del potere. La cosiddetta patria intuisce anche che Mattarella la rielezione la voleva e come, l’ha calcolata da marpione democristiano, contando sulla disperazione di un Parlamento di nullità». Francamente le affermazioni di Del Papa mi paiono assolutamente esagerate, anche se avere pareri in dissenso dal conformismo generale è sempre un sollievo. Mattarella non voleva essere rieletto anche perché probabilmente aveva detto a Mario Draghi nel momento di incastrarlo a Palazzo Chigi che lo voleva come suo successore. Comunque nonostante lo spirito di sacrificio che mi sembra indubbio, il presidente uscente e rientrante non è stato trasparente, avrebbe dovuto dire che se Draghi glielo avesse chiesto (come è successo), si sarebbe sacrificato. Inoltre al di là della esagerata forzatura dei fatti compiuta da Del Papa, è vero che in questo momento storico Mattarella rappresenta una visione chiusa e non contendibile del potere politico che non aiuta la democrazia italiana a riprendersi.

Su Affari italiani si scrive: «”Il ritiro di Berlusconi ha offerto – prosegue Conte al Fatto – un oggettivo vantaggio a noi e al fronte progressista. Venendo meno la candidatura più rappresentativa del centrodestra, qualsiasi altro nome riferibile a quell’area sarebbe stato meno forte. Ciò ha permesso di evitare di scontrarci su candidati di bandiera o di parte. Il nome di Casini è sempre stato sul tavolo, ma ho chiarito subito che non rappresentava il candidato ideale del M5s. Quelle di Belloni e di Paola Severino, invece, erano candidature di cui avevamo discusso, sia nel fronte progressista che con il centrodestra. Apparivano molto solide e affidabili, e offrivano l’occasione storica di portare una donna al Quirinale. Non entro nel merito, ma dopo l’intesa su Belloni nel Pd c’è stato un blocco trasversale. Ma io mi fido ancora di Letta”». Di chi si fida Giuseppe Conte non è un problema: si vede che è un personaggio inventato che dice qualcosa di sensato solo se gliela suggerisce Rocco Casalino. Il mistero è come Matteo Salvini dopo essere stato ingannato nell’estate del 2019 da Nicola Zingaretti, abbia potuto fidarsi di uno come Enrico Letta nonché di un altro come Matteo Renzi: forse il suo Casalino, Luca Morisi, è diventato molto meno efficiente dopo l’ingiusta persecuzione che ha subìto.

Su Dagospia si scrive: «Mario Monti: “La differenza tra me e Draghi? Io non ho abbandonato la presidenza del Consiglio dopo un anno e mezzo”». Qual è la differenza tra Lucas Papademos, capo del centro studi della Banca centrale greca, e il professore milanese che Giorgio Napolitano ha messo a commissariare la politica italiana nel 2011? Il greco è stato a capo del governo per pochi mesi e poi ha fatto votare il popolo, salvando la democrazia ellenica, il secondo è stato al governo per un anno e mezzo (e se ne vanta, anche) disgregando quella italica.

Su Startmag scrive Pierluigi Minniti commentando i commenti della stampa tedesca all’elezione di Sergio Mattarella: «“Questa votazione lascia un retrogusto amaro”. E pone interrogativi per il futuro: la politica è debole e “il fatto che il Parlamento non sia stato capace di accordarsi su un successore, nonostante siano stati proposti nomi di alto profilo, è un certificato di inadeguatezza”». Bisogna leggere qualche giornale per esempio tedesco per trovare riflessioni sulla situazione politica italiana non affogate nella retorica.

Su Open si scrive: «Calci, pugni e giovani che vanno in giro con coltelli e bottiglie. I fatti, ripresi in un video pubblicato da Milanobelladadio, si sono verificati a Milano sabato 29 gennaio. Quella sera era stata organizzata “una silent disco a pagamento in via Lecco” quando due ragazzi avrebbero provato a “partecipare gratuitamente all’evento chiedendo insistentemente le cuffie agli organizzatori”, si legge nella ricostruzione dei gestori della pagina Instagram, che citano il testimone che ha girato il video. Dopo un secco rifiuto, avrebbero “rovesciato cocktail sull’attrezzatura buttandola persino per terra”. Una ragazza dello staff a quel punto avrebbe “tirato uno schiaffo a uno dei ragazzi” che le avrebbe “lanciato addosso un cocktail”. A quel punto sarebbe intervenuto il fidanzato della giovane facendo scattare la rissa, durante la quale i due “sono stati buttati per terra e presi a calci”». Immaginiamo il pronto commento di quella persona acuta e sensibile che è Beppe Sala: “Ma non è il Far West”.

Su Affari italiani Giovanni Toti dice: «Il centrodestra va sicuramente ripensato». Bè, dopo aver letto certe dichiarazioni e iniziative del presidente della Liguria, sarebbe già tanto che prima di ripensare, pensasse.

Su Linkiesta Francesco Cundari scrive: «In due parole, potremmo dire che si sono confrontate due ipotesi: da un lato chi puntava a sconvolgere l’equilibrio istituzionale garantito dall’asse Quirinale-Palazzo Chigi per congelare gli equilibri interni a partiti e schieramenti, così da puntellarne le rispettive leadership; dall’altro chi voleva, e ha ottenuto, l’esatto contrario. Il congelamento degli attuali assetti istituzionali ha prodotto infatti la grande slavina che minaccia – o per meglio dire promette – di cambiare il panorama del nostro sistema politico». Descrivere un delitto contro la democrazia italiana, cioè quello di congelarla per impedirne l’espressione, e lodarlo sfrenatamente è un atto di coraggio. Un po’ come quello di Leonida Breznev quando diceva che aveva riportato la normalità in Cecoslovacchia.

Su Formiche Raffaele Bonanni scrive: «Il sistema maggioritario, la privazione ai danni dell’elettore della scelta del proprio candidato, la rimozione radicale del finanziamento pubblico dei partiti, hanno prodotto la riduzione drastica del potere degli elettori sugli assetti dei partiti, cambiando così progressivamente la loro natura: da partecipanti alla vita politica, a tifosi di uno schieramento o di un altro. I partiti nella cosiddetta Seconda Repubblica hanno cambiato natura: hanno verticalizzato il potere interno personalizzandolo e rinchiudendolo in un circuito chiuso che ha sostituito gli iscritti con gli eletti delle assemblee elettive. Come in un sistema feudale il sovrano investe i signori con la candidatura diventando valvassori, che a loro volta nominano i valvassini». Che peccato che una persona di valore e buon senso come l’ex segretario della Cisl sbagli completamente l’analisi. Il maggioritario ha dato finalmente ai cittadini la possibilità di determinare un governo, non solo l’affermazione di un partito che poi faceva del voto quel che voleva, il che, finita la stagione delle “ideologie” che reggevano la “Repubblica dei partiti”, era probabilmente l’unica via per evitare la disseminazione di topini nel formaggio nel sistema politico. Il maggioritario con primarie e altre scelte connesse avrebbe dovuto evolversi in senso democratico, ma non è caduto per questo motivo. Bensì perché un’ampia parte dell’establishment italiano non vuole un potere politico contendibile come in una normale democrazia. Prima questo rifiuto della contendibilità si è sorretto prioritariamente sull’azione della magistratura militante, poi sull’ambiziosa operazione di commissariamento eseguita da Napolitano. È questo rifiuto della “contendibilità” del potere politico, il vero nemico di un’espansione della democrazia italiana cioè del solo ambiente che può aiutare anche un nuovo organico sviluppo.

Su Atlantico quotidiano William Zanellato scrive: «La voglia di presidenzialismo in Italia è alta, come confermano gli ultimi sondaggi. Sette italiani su dieci vorrebbero eleggere direttamente il presidente della Repubblica e un italiano su due vorrebbe un politico sul Colle più alto di Roma. I motivi di questo orientamento sono chiari. I giochini di Palazzo, le conferenze segrete e gli accordi nascosti hanno smesso di appassionare gli italiani da tempo e quel che risulta evidente da quest’ultima settimana di votazioni è la loro inadeguatezza alla situazione politica odierna». Un’analisi convincente, ma che richiede una strategia intelligente: non si può cambiare una Costituzione che ha una sua logica sistemica organica con spallate demagogiche tipo quelle dell’avventuriero Matteo Renzi o con trucchetti tipo quelli del furbastro Franco Bassanini. È tempo di chiedere una Costituente che potrebbe (dovrebbe?) poggiarsi su voto proporzionale in questo caso giustificato e non disgregatore come per le elezioni politiche.

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