Maledetto il giorno che l’ho impallinato. L’incredibile processo al “killer” del piccione meneghino
IL “FATTACCIO”. Quel fatidico 6 giugno, racconta il Corriere della Sera, l’uomo di 50 anni si è affacciato alla finestra della sua villetta e con un fucile ad aria compressa ha abbattuto il volatile. Il piccione è caduto nel condominio di fianco e i vicini, secondo i quali l’uomo è un habitué del tiro al piccione, hanno chiamato i Carabinieri. Il verbale scritto a otto mani riferisce che l’avvocato avrebbe colpito l’uccello perché suo figlio si era ammalato ed era entrato in coma «a causa di uno di questi volatili».
PRIMI DUE GIUDIZI. Dopo la rimozione del povero animale deceduto, avvenuta attraverso un mezzo speciale del Comune, è scattata inevitabilmente la denuncia per i due gravissimi reati sopra indicati. La cosa gettata in modo pericoloso, solo per inciso, è il proiettile. L’uomo viene condannato dopo qualche mese con decreto penale a ottomila euro di multa, ma si ribella e chiede il rito abbreviato. Passano così due anni, fino a quando l’avvocato 50enne viene condannato il 6 marzo 2012 a un mese e 20 giorni di arresto con la condizionale.
APPELLO-CASSAZIONE-APPELLO. L’avvocato non ci sta e ricorre in appello. I suoi legali elencano una serie di ragioni: nessuno ha visto chi ha sparato, nessuno sa se il piccione sia morto per un malore, un incidente o per il proiettile, i Carabinieri non hanno redatto un verbale accertandosi della morte del piccione. È vero, l’uomo ha confessato ma il suo avvocato non era presente, quindi l’ammissione di colpevolezza è «inutilizzabile».
Questi piccoli sofismi non riescono a fermare il treno in corso della giustizia e in appello la condanna viene confermata l’8 ottobre 2012. L’uomo però non si abbatte e ricorre in Cassazione. Dopo 16 mesi i cinque giudici della terza sezione penale con un documento di tre pagine zeppo di motivazioni condannano il 50enne per l’uccisione dell’uccello ma rimandano indietro la questione del «getto pericoloso di cose», perché non sufficientemente motivata.
1699 GIORNI DOPO. Il 30 gennaio 2015, 1699 giorni dopo la sparatoria, altri tre giudici (che insieme ai precedenti e all’accusa fanno un totale di 18 magistrati già impiegati nel processo) si interrogano sulla fine del povero piccione ingiustamente ucciso e studiano diverse possibilità: il getto pericoloso non è detto che sia il proiettile, potrebbe anche essere «il corpo stesso del piccione ferito e agonizzante precipitato tra le persone». Pericolosissimo: la condanna viene inevitabilmente confermata anche per il secondo reato.
Per evitare che cada in prescrizione, le motivazioni vengono depositate dopo soli 10 giorni, invece che 30. Siamo arrivati così al 10 febbraio ma il 7 giugno scatta la prescrizione. Ora l’avvocato sembra intenzionato a fare ancora ricorso in Cassazione, impiegando così altri sei magistrati. Disposti a tutto, pur di far trionfare la giustizia e vendicare la memoria del piccione.
Foto piccione da Shutterstock
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5 commenti
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Ma perché a voi sembra logico che uno si metta a fare regolarmente il tiro al piccione in città, incurante del luogo dove si trova? I vicini non hanno chiamato i carabinieri perché semplicemente uno aveva tirato un calcio al piccio, ma perché risulta che quest’uomo fosse solito sparare, in pieno centro cittadini ai piccioni.
E a te sembra logico che questa storia duri da giugno 2010 ???
E’ sempre più penosa e più costosa questa giustizia peccatoo che il piccione non sia finito in padella
Arriveremo al punto che nasceranno i club di “umanisti”, nel senso di gente che si batterà affinché i diritti degli esseri umani siano equiparati a quelli degli animali.
Ah, se solo la giustizia si muovesse così diligentemente anche per problemi ben più seri di uno stupido piccione…!
Al di là della grama sorte della povera bestia (il piccione) vale la pena (forse) spiegare che i fucili ad aria compressa (carabine) si dividono in due categorie: quelli cosiddetti “a bassa capacità offensiva” che sono di di “libera vendita” per i maggiorenni, e quelli per detenere i quali lo stesso titolo che serve per detenere le armi da fuoco (porto d’armi e/o nulla osta vari delle forze dell’ordine).
Orbene presumo la questione del “getto di oggetti pericolosi” sia stata introdotta per definire lo sparo di una carabina ad aria compressa a bassa capacità offensiva.
Lo so che sono ignorante di questi argomenti, ma visto che i numerosi esperti “giuristi” del sito latitano, come si dice: quando mancano i cavalli trottano i ciuchi (come me).