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«Lukashenko non ha più potere in Bielorussia, ormai decide tutto Putin»

Il coinvolgimento di Minsk nella guerra in Ucraina, la brutale repressione della società civile, il Nobel al «cattolico» Bialiatski. Intervista al poeta dissidente bielorusso Dmitri Strosev

Leone Grotti
18/10/2022 - 6:27
Esteri
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Il poeta dissidente della Bielorussia, Dmitri Strotsev

Novemila soldati russi sono pronti ad arrivare in Bielorussia per formare al confine con l’Ucraina un gruppo regionale congiunto di truppe. La mossa potrebbe precedere l’ingresso formale in guerra da parte di Minsk oppure rappresentare soltanto un diversivo per distrarre alcuni contingenti di Kiev dalla controffensiva nell’est e nel sud del paese. Secondo tutti gli analisti, l’entrata in guerra da parte del regime di Alexander Lukashenko sarebbe un «suicidio politico». Il problema è che «oggi Lukashenko non ha più alcun potere decisionale in Bielorussia: è Vladimir Putin che decide tutto», dichiara a Tempi a margine di una conferenza organizzata dall’Università Cattolica di Milano Dmitri Strosev, poeta dissidente scappato a marzo dalla Bielorussia e oggi residente a Berlino.

Il popolo bielorusso è favorevole all’ingresso in guerra a fianco della Russia contro l’Ucraina?
No e nessuno può pensare che Lukashenko rappresenti in alcun modo la volontà popolare. Non dimentichiamo che nel 2020 si sono svolte nel mio paese, per la prima volta dopo tanti anni, enormi proteste contro il regime. Da tanto non si vedeva un vero movimento della società civile come quello. Purtroppo è stato brutalmente represso dal dittatore con l’aiuto della Russia di Putin e ora capiamo perché.

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Che cosa intende?
Putin ha aiutato Lukashenko a reprimere la società civile per fare della Bielorussia un corridoio militare e far passare le sue truppe nell’ottica di un attacco all’Ucraina. Il prezzo pagato da Lukashenko per ottenere l’aiuto di Putin è stato il tradimento degli interessi nazionali della Bielorussia. Oggi Lukashenko non ha più alcun potere di decidere delle questioni politico-militari del suo paese: è tutto nelle mani di Putin.

Qual è la situazione in Bielorussia?
Terrore e repressioni sono all’ordine del giorno. In prigione languono decine di migliaia di prigionieri politici. Tra le 400 mila e le 500 mila persone sono state costrette ad abbandonare il paese. Oggi la nostra società civile è sparpagliata in giro per l’Europa ma è coesa, e abbiamo fiducia in Sviatlana Tsikhanouskaya (la sfidante di Lukashenko alle elezioni del 2020, fuggita dal paese dopo i brogli e l’arresto del marito da parte del regime – ndr).

La guerra in Ucraina rischia di degenerare in scontro nucleare. Alcune voci, e la più autorevole è sicuramente quella di papa Francesco, invocano una soluzione negoziale del conflitto. Che cosa ne pensa?
Non può esserci alcun compromesso con la Russia di Putin: scendere a patti vorrebbe dire sottovalutare il terrore che Mosca sta perpetrando nei confronti dei cittadini di Ucraina e Bielorussia. Così non si farebbe che nascondere sottoterra e avallare i crimini che la Russia sta compiendo. L’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi proprio come fece l’Europa durante l’aggressione nazista. Un compromesso inoltre non impedirà a Putin di portare avanti il suo progetto.

Quale?
Ormai è evidente che Putin vuole ricostituire un Impero russo secondo i confini dell’ex Unione Sovietica. Vuole mettere insieme la Federazione russa odierna, l’Unione Sovietica, l’Impero russo di Ivan il Terribile e l’antica Rus’ di Kiev, come se non fossero quattro entità territoriali, politiche e storiche completamente diverse. Non possiamo permetterglielo.

Il Nobel per la pace è stato assegnato anche all’attivista bielorusso Ales Bialiatski, una figura poco conosciuta in Italia.
Bialiatski si batte per i diritti umani da 26 anni e si trova in carcere sulla base di accuse ridicole. Pochi sanno che oltre a battersi per i diritti umani, è famoso per l’apporto fondamentale che ha dato negli anni ’90 alla ricostruzione della Chiesa cattolica in Bielorussia dopo decenni di oppressione sovietica. È stato anche tra i fondatori dell’Assemblea cattolica bielorussa, che si è battuta per la restituzione delle chiese ai fedeli e per il rispetto della libertà religiosa. Ha aiutato a tradurre in bielorusso molti libri religiosi, salmi e lezionario compresi, e ha formato i sacerdoti polacchi inviati in Bielorussia per ravvivare la fede. Il suo attivismo per i diritti umani è inscindibile dal suo cattolicesimo.

L’assegnazione del Nobel potrebbe favorire la sua liberazione?
Dubito, purtroppo l’attività criminale del regime di Lukashenko ha raggiunto livelli tali che nemmeno questo premio potrà alleviarne la pena. Questo Nobel è comunque fondamentale per risollevare il morale dei bielorussi. Ha anche costretto il governo ucraino ad ammettere che si era sbagliato nel 2020 quando sottovalutò le proteste in Bielorussia e invocò un accordo con il regime.

Qual è la sua speranza per la Bielorussia?
Come tanti altri, sono certo che la sconfitta della Russia in guerra porterà automaticamente alla fine del regime di Lukashenko e al ritorno della libertà anche nel mio paese.

@LeoneGrotti

Foto Tempi

Tags: Ales BialiatskiAlexander LukashenkobielorussiaCristiani PerseguitatiDmitri Strosevguerra ucrainalibertà religiosapremio nobel paceRussiaUcrainavladimir putin
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