In Italia c’è un’anomalia? No, è l’Italia stessa a essere una colossale anomalia. Certe regole valgono per alcuni, ma non per altri. Dipende dagli amici che hai e, oggi, dai rapporti in cui stai con il governo. Monopoli, duopoli, oligopoli, concentrazioni e conflitti d’interesse: non sono degli assoluti; si modellano. Nelle telecomunicazioni, per esempio, il padrone sembrerebbe essere sempre lo stesso, ancorché diversificato nei volti: lo Stato, da un lato con l’Enel alias il Tesoro, dall’altro con Telecom. Per di più, anche per la telefonia cosiddetta libera bisogna continuare a pagare il canone: è il costo di accesso, la tassa sullo sfruttamento dell’ultimo tratto dei cavi, rigidamente targati Telecom (che reclama pure l’aumento), che portano la linea privata all’apparecchio degli utenti.
Il caso Enel-Infostrada L’opposizione ha affrontato l’operazione sotto differenti anche se alla fine convergenti analisi. Se per i politici del Polo quel che si è fatto uscire dalla porta, rientra surrettiziamente dalla finestra con lo Stato che si riappropria di una bella fetta di mercato telefonico, per Enrico Cisnetto (sul Foglio), l’operazione Enel-Infostrada è invece perfettamente legittima e non è quindi il caso di gridare alla ristatalizzazione delle telecomunicazioni italiane, benché il nervo della privatizzazione dell’azienda pubblica per l’energia elettrica resti vistosamente scoperto. Ulteriore, differente ipotesi è invece quella che avanza Geronimo sul Giornale: il vero pericolo è la possibilità che il settore passi fra breve nelle mani degli stranieri. Nel giro di un paio d’anni, dice l’alias Pomicino, France Télécom potrebbe tornare in possesso di più del 43% della New Wind (la società che nascerà dalla fusione fra Infostrada e Wind, oggi proprietà di Enel e FT), avendo così campo libero allorché l’Enel verrà quotata in Borsa. Geronimo chiude il cerchio così: Olivetti è stato un regalo della Prima Repubblica a Carlo De Benedetti. Idem Infostrada, comprata a condizioni di favore dall’Ingegnere e poi rivenduta, a condizioni di lusso, alla tedesca Mannesmann. Poi la britannica Vodafone scala Mannesmann e così Olivetti e Infostrada si accasano sul Tamigi. Adesso il Tesoro, attraverso il denaro accumulato monopolisticamente con le bollette dell’Enel (gestore del 70% dei consumi di energia elettrica italiani), che restano sempre le più care d’Europa, si riappropria d’Infostrada. Di sicuro c’è che, nel decennale dell’Authority per le tlc, il premier Giuliano Amato giura che tutto è regolare.
Nuovi (e vecchi) “boiardi”
Ma vediamo un po’ di storia di questi affari con cui, chissà, forse chi teme di perdere le prossime elezioni politiche si affretta a mettere in cassaforte (ma quale?) i gioielli della famiglia Italia. Il 24 marzo 1999, il governo dà il nullaosta alla cessione della quota di controllo della Omnitel e la totalità di Infostrada alla Mannesmann. De Benedetti incassa 14mila miliardi cash contro i 750 pagati a rate nel 1977 alle Ferrovie dello Stato (350 in meno di quanto precedentemente stabilito fra FS e Stet) ed evita che l’antitrust possa impedire che un suo eventuale acquisto di Telecom instauri il più classico dei monopoli sommando Telecom a Infostrada nella telefonia fissa e, nel settore dei cellulari, Omnitel a Tim. L’operazione riesce grazie a Tommaso Pompei — il n. 1 di Wind, terzo gestore dei telefonini æ, che l’amministratore delegato dell’Enel Franco Tatò chiama a sé da Omnitel quando decide di diversificare i servizi forniti da quell’azienda pubblica, posseduta al 68% dal ministero del Tesoro. Pompei, occupandosi personalmente, nel 1994, della gara per il secondo gestore di telefonia mobile per conto di Olivetti, salva Roberto Colaninno, presidente di Telecom Italia, contribuendo a far prevalere la stessa Omintel su Unitel e a far inserire, dall’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni, una clausola nella concessione della licenza: l’obbligo quinquennale d’inamovibilità dell’azionariato viene trasformato nel permanere del 60% dello stesso complessivamente nelle mani di uno o più soci fondatori, senza specificare in quale misura per l’Olivetti o per gli altri. La legge è insomma soddisfatta se uno qualunque dei soci iniziali detiene i quasi due terzi dell’azionariato e questo può tranquillamente passare da un socio all’altro purché non si tratti di un soggetto nuovo. L’avvocatura di Stato conferma. Mannesmann è un socio noto. De Benedetti ringrazia, Colaninno pure. Anzi, quest’ultimo dovrebbe mandare a Pompei una cassa di champagne: così almeno suggerisce Enrico Cisnetto, nel volume Il gioco dell’opa (Sperling & Kupfer, Milano 2000). Pompei (Wind, cioè Enel) fa un favore a Colaninno (Telecom); Omnitel e Infostrada vanno all’estero e De Benedetti incassa. A voler essere maliziosi ci sarebbe da subodorare una pastetta — oggettiva, nei fatti — fra pubblico, privato e non tanto privato nella spartizione del ricco mercato della telefonia italiana. Ma potrebbe essere un abbaglio.
Il bravo Tatò, grande capo dalle spalle coperte
Enrico Cisnetto sostiene che quanto successe nel marzo di due anni fa non ha alcuna relazione con l’odierno acquisto d’Infostrada da parte di Enel: due momenti storici diversi, due quadri irriducibili l’uno all’altro. Un’affermazione di cui va senz’altro preso atto. Eppure, a conti fatti, il mercato delle tlc italiano appare oggi per una buona fetta nelle mani dello Stato (dopo essere brevemente transitato per dei privati e per degli stranieri) e per la parte che resta proprietà della Telecom, sulla cui natura privatistica si è levato e si leva più di un sopracciglio. Cisnetto – che oltre a essere editorialista del Foglio e Panorama per è animatore di una rubrica nella trasmissione radiofonica Zapping (Rai-Radio 1), ospite fisso a Radio Radicale, docente di Finanza alla Scuola di Giornalismo dell’Università Luiss e membro del Comitato Scientifico, presieduto da Nicola Matteucci, di Società Aperta, di cui è presidente Franco Tatò — critica chi, fra i banchi dell’opposizione, parte lancia in resta conto l’operazione Enel-Infostrada e dà del “liberale scolastico” a chi, concependolo in modo astratto, intende il mercato come una realtà diversa da quello che invece è oggi il concreto sistema economico italiano. E non lesina stilettate all’Ingegner De Benedetti che, attraverso Massimo Riva, editorialista del gruppo la Repubblica-l’Espresso, attacca invece il ministro del Tesoro Vincenzo Visco perché questi non lo aiuta a impadronirsi di una delle tre centrali Genco di cui l’Enel dovrebbe prima o poi liberarsi onde privatizzarsi. “La diversificazione dei servizi erogati dall’Enel non è un problema”, spiega Cisnetto a Tempi. “Nello scenario del capitalismo italiano, scarso di grandi gruppi e di soggetti dotati del necessario know how, questa Enel può fare la differenza. L’Enel di oggi significa stare sul mercato”. Nessun problema, allora, nell’operazione Infostrada? “L’Enel ha di fatto riportato in Italia una società gestita prima dai tedeschi di Mannesmann poi dai britannici di Vodafone. E poi i francesi molleranno: non hanno la forza di restare nel gioco ora, né di rientrarci fra 24 mesi. Se qualche cosa va invece rimproverata a Tatò, è la sua mancanza di coraggio e di forza nel chiedere la privatizzazione al proprio azionista ”. Che non è poi un particolare proprio da poco, visto che, co osserva Massimo Gaggi, “Se l’acquisizione fosse stata fatta da una società privata, si sarebbe trattato di un normale rischio d’impresa. Nel caso dell’Enel, invece, a rischaire è lo Stato. Che invece di ritirarsi, torna ad avanzare”.