Lo scudo antimissile tedesco affossa (di nuovo) la difesa comune europea

Di Leone Grotti
20 Ottobre 2022
Il progetto ideato da Berlino pone la difesa dei cieli europei sotto l'egida della Nato e fa fuori la tecnologia sviluppata da Italia e Francia, che si sfilano e protestano
I sistemi missilistici di difesa Iron Dome e Arrow

Il progetto della Germania di introdurre uno scudo antimissile europeo sotto l’egida della Nato è l’ennesima picconata all’unità dell’Unione Europea e al tanto agognato, quanto più volte naufragato, tentativo di mettere in piedi una difesa comune europea. Nessuno mette in dubbio che lo European Sky Shield Initiative (Essi), sostenuto da altri 14 Stati oltre a Berlino, è più che mai necessario alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e del rischio che presto o tardi i missili piovano anche sui paesi membri dell’Ue. Ma come sempre il diavolo si nasconde nei dettagli.

Italia e Francia si oppongono alla Germania

Il progetto tedesco è sostenuto da Regno Unito, Belgio, Olanda, Norvegia, Finlandia, Bulgaria, Romania, i Baltici, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Non è difficile notare che tra i 15 Stati aderenti, che hanno firmato giovedì una lettera d’intenti a Bruxelles e indirizzato la proposta alla Nato, mancano due dei paesi fondatori dell’Unione Europea: Italia e Francia.

Lo scudo antimissile, infatti, utilizzerebbe tre sistemi per fermare missili, droni o elicotteri: l’Iris-T Slm prodotto dalla Germania, i Patriots americani e l’Arrow-3 concepito da Israele. Il progetto tedesco farebbe dunque fuori la nuova versione del sistema di difesa aerea terra-aria Samp/T, anche conosciuto come Mamba, alla quale lavorano dal 2021 Italia e Francia.

Addio difesa “made in Europe”

Come già accaduto più volte in passato Berlino si muove in solitaria senza concordare le mosse con i suoi principali alleati in Europa e senza costruire un accordo che possa andare a beneficiare l’intera Unione Europea.

Al di là dell’aspetto economico-militare, c’è anche un nodo politico. Parigi infatti critica apertamente «la rinuncia all’idea di creare sistemi d’arma frutto di cooperazioni “made in Europe”», riporta il Corriere. «L’Eliseo non condivide l’impostazione sottesa al progetto a guida tedesca, che punta a rafforzare il ruolo della difesa europea dentro e non in alternativa alla Nato, rinunciando di fatto alla “autonomia strategica” tanto cara a Emmanuel Macron».

Gli Usa non proteggeranno l’Europa per sempre

Il problema che si ripropone ciclicamente in Europa, senza che i Ventisette siano in grado di trovare una soluzione, non è scolastico ma sostanziale. Il nuovo Concetto strategico approvato dalla Nato a giugno cita per la prima volta la Cina «come una delle sfide future» dell’Alleanza.

Non è un mistero che gli Stati Uniti siano sempre più proiettati verso il Pacifico e verso un possibile scontro con il Dragone. E la domanda che ne deriva è sempre la stessa: se la sicurezza dell’Europa dipende dagli Stati Uniti e dalle sue 100 mila truppe stanziate nei paesi europei, cosa succederà quando e se gli Usa rivolgeranno la propria attenzione verso il Pacifico? Secondo l’ultimo rapporto della Heritage Foundation sullo stato dell’esercito americano, infatti, in questo momento gli Stati Uniti non hanno forze sufficienti per combattere su due fronti contemporaneamente.

Come scrisse sul New York Times Emma Ashford, senior fellow presso l’Atlantic Council, scegliere di affidarsi agli Usa per la difesa dell’Europa è «una scelta perdente». L’America infatti, «sempre più concentrata sulla sfida rappresentata dalla Cina, non può proteggere l’Europa per sempre. E l’Europa, davanti a una Russia revisionista e ostile, deve pensare a se stessa».

La miopia della Germania

Costruire una difesa comune europea dovrebbe dunque essere una priorità sia dei Ventisette sia degli Stati Uniti. Il paradosso è che «i leader americani insistono a gran voce affinché l’Europa faccia di più in materia di difesa, opponendosi però periodicamente a qualsiasi iniziativa con marchio Ue in questo settore», scriveva Isabella Antinozzi, ricercatrice presso lo European Council on Foreign Relations.

Lo scudo antimissile Essi progettato dalla Germania affossa ancora una volta le speranze di una difesa “made in Europe” e di una maggiore integrazione europea. Una proposta che potrebbe rivelarsi miope in futuro e che certo non aiuta il fronte europeo a cementarsi davanti alle minacce, nucleari e non, che provengono da Mosca.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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