L’Italia batte la Francia nella produzione di vino. «La nostra forza è la cooperazione»
L’Italia sorpassa la Francia nella produzione di vino. Il Made in Italy colpisce ancora. Nonostante la recessione e le difficili condizioni climatiche – valide tanto per noi quanto per i nostri cugini d’oltralpe – in Italia si sono prodotto 40,8 milioni di ettolitri di vino (il 3 per cento in meno rispetto al 2011) a fronte dei 40,3 di quelli francesi. Seguono Spagna, Stati Uniti, Argentina e Australia. Tempi.it ne discute con Giorgio Giacomello, delegato per i rapporti esterni e istituzionali dei Vivai Cooperativi Rauscedo.
Si è prodotto più della Francia, ma il 3 per cento in meno dello scorso anno. Perché?
I fattori della minor produzione non sono stati dovuti dalla recessione economico, quanto a questioni climatiche. Rispetto agli ettari adibiti per i vigneti, si ha avuto un minor quantitativo di uve. Usciamo da una primavera asciutta, dove non tutte le gemme hanno germogliato. Poi c’è stata la siccità e in molte regioni italiane si è toccato addirittura il 50 per cento in meno di produzione. Anche zone ad alta viticoltura come i colli della Toscana e del Friuli hanno risentito di grossi cali.
La quantità della produzione è inversamente proporzionale alla qualità del vino?
Non sempre. Le condizioni di mercato influenzano questi due fattori. Mi spiego meglio: ad oggi si è incrementato il panorama vinicolo grazie a strategie lungimiranti, prima tra tutte la cooperazione. Si sono unite tante aziende e insieme hanno fatto massa critica, controllato la qualità, mantenuto un prezzo adeguato. L’unione ha permesso l’installazione di infrastrutture comuni utili ad affrontare la sfida dei mercati esteri.
Come adeguarsi velocemente al mercato dei vini, soggetto a cambiamenti di “moda” repentini?
Non è facile recepire subito le richieste di mercato, e i controlli e tanta burocrazia procrastinano sempre la vendita, per cui c’è il rischio di un ritardo cronico. Per fronteggiare questa problematica abbiamo promosso gli ibridi: i vivai cooperativi di Rauscedo insieme all’Università di Udine hanno studiato una modalità di produzione che comprime i costi ed evita trattamenti, aumentando la rapidità di intervento.
Vanno bene le esportazioni?
Sì. Il problema intrinseco al sistema vinicolo italiano è la frammentazione in tante piccole aziende, poco adatte a sposarsi con il nuovo mercato che richiede altissime quantità di prodotto. È per questo che nascono le cooperative. Così si ottengono buoni risultati per un nuovo mercato. Inoltre, il buon successo di alcune etichette può funzionare da traino per vini “di nicchia” meno conosciuti. L’elevata vendita di Prosecco – un vino bianco, piacevole da bere anche fuori dai pasti, con un costo alla bottiglia limitato – può trainare il Falanghina della Campania, un’alternativa preziosa ma meno “mainstream”.
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2 commenti
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la cooperazione avvenuta tra i produttori dovrebbe essere il principio ispiratore della struttura dello stato. anzi dovrebbe venir promossa a livello sociale e culturale in questo nostro paese. e poi…occhio che quando si incazzano i francesi non sono mica come gli italiani, te la fanno pagare sul serio!
Evvaiiii…barbera e champagne insieme beviam, alla salute dei Galli