Lettore gay: «Siete omofobi». Risposta: «Siamo antiomofobi, ma non cretini»

Di Redazione
31 Marzo 2012
Ci scrive un lettore omosessuale che si sente «profondamente offeso» dalla nostra «campagna omofobica». Risponde il direttore Luigi Amicone: «Primo: in democrazia un giornale è il luogo della conversazione e della contestazione su notizie e idee. Secondo: non sono in discussione le scelte personali di chicchessia ma la rivendicazione di leggi e diritti che hanno effetti su tutti».

In quanto omosessuale, mi sento profondamente offeso dalla vostra campagna omofobica. Provo attrazione (sentimentale, prima che sessuale) per persone del mio stesso sesso da quando mi ricordo, da quando sono bambino. E anche dopo anni di psicoterapia (i miei genitori erano convinti che la mia fosse una malattia) non è cambiato niente. I miei genitori hanno capito, e mi hanno accettato. Convivo da dodici anni col mio compagno, non ho quindi “uno stile di vita dissoluto”, e spinto da lui vado persino a Messa la domenica. Non diffondo morbi attorno a me, e mi ritengo molto più “normale” di chi sputa sentenze sulla caccia alle streghe. Un conto è invitare alla discrezione, un conto è leggere che il matrimonio gay «mette in pericolo la salute MENTALE della società». Personalmente non ne sento l’esigenza, ma credo che sarei un ottimo padre, così come è stato il mio con me. In generale, mi vengono i brividi leggendo frasi quali: «(Domanda:) Ma perché gli omosessuali non si accontentano dei diritti che già hanno e nutrono tanto livore nei confronti di chi asseconda le norme naturali? (Risposta:) Il loro livore è reale. Sono arrabbiati e frustrati. Spesso proprio per delle ferite che si portano addosso scaricano la sofferenza su un punto che individuano come la causa di essa. Anche se di fatto non lo è. Così, però, loro continuano a soffrire e fanno soffrire anche altri imponendo loro la menzogna pur di ottenere quello che pensano gli risolverà la vita. Io lavoro per attenuare il loro disagio che è reale, ma non posso in alcun modo giustificare la violenza distruttiva dell’ideologia che nega l’evidenza e violenta i più deboli». Sono profondamente rattristato. Il livore da voi descritto non fa parte del mio carattere. Non soffro affatto, soffro per i pregiudizi che nel 2012 certa stampa contribuisce a diffondere. Pensateci, la prossima volta che un ragazzino verrà picchiato in quanto omosessuale. È anche colpa vostra. E non ho nessuna intenzione di continuare a leggere una rivista che insulta la mia identità. Vi reputavo una lettura intelligente, ma devo ricredermi. Ricordo alla spettabile redazione che sulla paura del diverso è nato il nazismo. Certo, voi non proponete le camere a gas, ma la rieducazione (si parla di “guarire”) è forse anche peggio.
Paolo Cattaneo via internet

Risponde il direttore Luigi Amicone:
Punto primo. In democrazia un giornale è il luogo della conversazione e della contestazione su notizie e idee. Perciò la censura che lei avanza in nome delle vittime (siamo tutti gay, precari, giovani senza futuro, quote rosa, se non ora quando, occupy wall street, ammazzateci tutti) non è da persone tolleranti e adulte. Si vaccini dal piagnisteo e non si faccia borioso per il fatto di vivere nel tempo dell’ipocrisia che le dà ragione su tutto, tranne che nel considerarla una persona umana invece che un’“identità sessuale”. Amico, anche noi proviamo attrazione sentimentale prima che sessuale per i nostri cari, ma quando discutiamo seriamente noi non usiamo riversare contro chi ci contesta nel merito (e anche severamente) la caricatura del pensiero altrui che lei ci riversa dall’alto di una torre emotiva e ideologica. 
Punto secondo. Si immagini che colpa è la nostra: all’opposto di quanti impongono ai diversamente pensanti il silenzio o la galera (vedi le cosiddette leggi “antiomofobe” in vigore in certi paesei europei), noi riteniamo che, siccome non sono in discussione le scelte personali di chicchessia ma la rivendicazione di leggi (per esempio sul matrimonio) e di diritti (per esempio sui bambini) che hanno effetti sulla giurisdizione e sui diritti (come quelli dei bambini) che riguardano tutti, in una democrazia si deve poter essere sul serio liberi di dissentire e di motivare il proprio dissenso. Si immagini, c’è gente come il Dalai Lama e il Nobel Ellen Johnson Sirleaf che la pensano come il grande psichiatra a cui Tempi ha dato la parola. Tutti omofobi? Tutti potenziali picchiatori di ragazzini? Tutti manutengoli di Goebbels? Ma per favore.

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