Certe leggi del mondo arabo hanno bisogno di essere rispolverate, e da subito. Una di esse è quella relativa alla costruzione degli edifici religiosi cristiani in Egitto. Tre anni fa, i monaci copti del monastero di Abba Balamon (san Palaemon) hanno chiesto alle autorità egiziane il permesso di costruire un centro di ristorazione per i pellegrini che in questo importante edificio religioso si recano sempre più numerosi. Pochi mesi fa la risposta ufficiale, con cui si chiede la presentazione degli atti di proprietà del monastero per l’inoltro della richiesta.
È uno scherzo chiedere gli atti di proprietà di un monastero del IV secolo ricordato da molti storici e menzionato sulle guide turistiche? Niente affatto. È solo un’applicazione della legge. Nel dicembre 2005, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha trasferito ai governatori delle regioni la sua prerogativa di autorizzare la costruzione o il restauro dei luoghi di culto cristiani, con l’obiettivo di semplificare il lungo iter burocratico previsto dalla legge precedente. Nel giro di un mese, i governatori hanno indicato l’elenco dei documenti necessari, tra cui l’atto di proprietà e gli editti reali o presidenziali che hanno autorizzato la costruzione della stessa chiesa. Al momento erano in pochi a sospettare che dietro quella condizione ci fosse l’intenzione di intralciare le richieste della Chiesa locale. Come si fa, infatti, a fornire l’atto di proprietà di un monastero che ha secoli di storia, o il decreto presidenziale di una chiesa costruita “illegalmente” in un tempo in cui il governo era parsimonioso di autorizzazioni? Non rimediare a questa ingiustizia significa invalidare lo spirito della decisione di Mubarak. A meno che quest’ultima non sia il solito ritocco di immagine destinato all’Occidente.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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