Leggere Eco, Scalfari e Saviano e scoprire che “la macchina del fango” somiglia tremendamente a Repubblica

Di Correttore di bozze
11 Gennaio 2015
Esce il nuovo romanzo di Eco e le tre grandi firme del gruppo Espresso si auto-intervistano simultaneamente su due giornali diversi. Il risultato è imbarazzante

eco-scalfari-numero-zero-venerdi-repubblica«Un Paese sfortunato è dunque quello in cui, nessuno sapendo più quale sia il suo dovere, cerca disperatamente un capopolo [sic], a cui conferire carisma, e che gli ordini ciò che deve fare. Il che, se ben ricordo, era una idea espressa da Hitler in “Mein Kampf”» (Umberto Eco, l’Espresso)

Un uomo totalmente privo di carisma e di ogni altra virtù qual è il Correttore di bozze noterebbe subito come sia in fondo abbastanza simpatico che la banalità messa in esergo qui sopra sia stata scritta sull’Espresso da Umberto Eco proprio venerdì 8 gennaio, giorno in cui il medesimo Umberto Eco appariva contemporaneamente nella copertina del Venerdì di Repubblica (di profilo, in coppia con Eugenio Scalfari) e nella “controcopertina” dell’Espresso (sempre di profilo ma questa volta in coppia con Roberto Saviano).

Trattandosi però in entrambi i casi di organi di stampa afferenti a un unico gruppo editoriale libero, democratico e repubblicone, il Correttore di bozze è ben certo che l’ubiqua apparizione del citato Umberto Eco sia stata studiata con intenti assai diversi da quello di «conferire carisma» al semiologo “capopolo”. Tuttavia qualche dubbio lì per lì ti viene.

Ma veniamo al dunque, giacché le sorprese simpatiche non sono finite. Qual è infatti lo scopo di questo multiplo tripudio di auto-interviste e auto-dialoghi fra grandi firme di Repubblica? Lo scopo è la promozione del nuovo romanzo di Umberto Eco, Numero zero, libro nel quale il noto intellettuale “capopolo” di una certa sinistra italiana (quella che non ha bisogno di farsi conferire carisma da nessuno) narra ai lettori la storia della «redazione di un giornale pronto a tutto, tra macchine del fango, ricatti, falsità e misteri di un paese dalla fragile democrazia», sintetizza il Venerdì. Aggiungeteci poi che la vicenda è ambientata a Milano nel 1992 (Tangentopoli, Seconda Repubblica, Berlusconi, eccetera) e che il quotidiano immaginario è proprietà di un signore dal nome vagamente brianzolesco, il commendatore Vimercate: è chiaro dove si vuole andare a parare, no?

eco-saviano-numero-zero-espressoEcco, è qui che il Correttore di bozze vuole mettere in guardia i suoi superficiali lettori. Piano con le conclusioni affrettate. Forse questa volta vale la pena di addentrarsi nella lettura, quantunque oggettivamente lunghetta. Perché l’aspetto in assoluto più simpatico di cotanto vicendevole conferirsi carisma tra Eco, Scalfari e Saviano è senz’altro il fatto che il trio di “capopoli”, assolutamente dimentico della lezione del Mein Kampf, parla così male, ma così male del nostro paese e del suo sistema malato dell’informazione, che finiscono per insultarsi da soli.

Il romanzo Numero zero, scrive l’Espresso, «è lo svelamento dei meccanismi della macchina del fango». Una piaga tremenda – notano senza un briciolo di imbarazzo Scalfari ed Eco auto-conversando amabilmente fra loro – talmente diffusa nelle redazioni italiane che ormai ci sono addirittura dei giornali che passano il tempo a «sputtanare» i presidenti «parlando di cosa hanno fatto la sera, con chi sono andati a letto». Ma pensa te.

Ecco un florilegio di brani tratti dai carismatici dialoghi Eco-Scalfari e Eco-Saviano scelti per voi dal Correttore di bozze:

ECO: «Il mio giornale è come un quadro di Arcimboldo. Si compone con una pera, una banana, una pesca, un melograno, un pomodoro. Cioè, fuori dalla metafora ortofrutticola, tutti gli elementi che fanno parte di alcuni aspetti del giornalismo italiano. E allora che cosa si nota? Vedi spuntare varie tecniche: la tecnica del fango, del tritacarne, della smentita. Poi, naturalmente, ho messo tutti questi elementi insieme e il quadro grottesco che compare è un certo tipo di giornalismo».

IL VENERDÌ: «Ma è possibile immaginare un giornale solo con queste caratteristiche e soprattutto perché si è giunti a tanto?».

ECO: «Di solito si dice che la colpa sia del giornalismo. Credo, invece, che sia una colpa attribuibile alla società mediatica nel suo insieme. Pensa all’America. Una volta se un presidente non piaceva – fosse Lincoln o Kennedy – succedeva che gli sparavano. Già con Nixon e poi con Clinton, si è visto che si può distruggere un presidente tirando fuori le intercettazioni oppure parlando di cosa ha fatto la sera, con chi è andato a letto. Tutta la nostra politica è ormai su questo piano. Il comandamento è: bisogna distruggere, delegittimare, sputtanare. E la stampa spesso corre dietro a queste cose».

IL VENERDÌ: «Ti convince il ragionamento di Eco?».

SCALFARI: «Mi convince e lo condivido. Noi lo abbiamo battezzato “circuito mediatico”. Ma potremmo chiamarlo anche “circo” visto che tutto quello che vi accade sembra avere le caratteristiche di uno spettacolo, dove la gente è felice se l’acrobata si sfracella o il domatore viene sbranato dalle tigri».

* * *

IL VENERDÌ: «La questione che pone Scalfari ha una sua radicalità: i media sono attratti dal male e dal gossip. Oscillano tra queste due esperienze».

ECO: «Sì, solo che c’è stata un’esagerazione soprattutto sul piano del gossip. Non c’è quasi più discrimine con la vita privata. Quanto al “male” spesso viene amplificato grazie alle tecniche allarmistiche. Basta che i miei giornalisti costruiscano una pagina di notizie diverse, ma tutte sotto il segno della tragedia, perché si crei uno stato d’ansia nel lettore. Voglio dire che non è necessario dare notizie false, basta impaginare quelle vere in un certo modo perché si provochi tensione».

SCALFARI: «Il tuo circuito mediatico ho l’impressione sia alquanto perverso. Non so pensare ai giornali solo in questa prospettiva».

ECO: «Sono d’accordo. Persino nei casi peggiori non credo che esista un giornale totalmente simile a quello del mio romanzo. Però credo che i difetti di questo giornale si distribuiscano con una certa equità e secondo certe proporzioni sui giornali esistenti. Per un verso, posso constatare che esistono giornali specializzati nella macchina del fango».

* * *

L’ESPRESSO: «Il buon giornalista parte sempre da un punto di vista. Secondo voi, dove finisce il punto di vista e comincia invece la manipolazione?».

SAVIANO: «Io credo che la macchina del fango comincia là dove finisce l’inchiesta. L’inchiesta fornisce una serie di fatti che permettono al lettore di farsi un’idea generale, anche se sono elementi scelti dal giornalista. La macchina del fango invece ne prende uno solo di questi elementi e su questo, isolato dal contesto, costruisce una realtà. Nel suo libro Eco spiega cosa sia la macchina del fango. Ad esempio, il gossip. Il gossip è una parola che copre un meccanismo terrificante: il mondo del retroscena. La Rete ha generato da questo punto di vista dei veri mostri. (…) Il punto centrale è che la delegittimazione non parla ai tuoi nemici ma ai tuoi amici, alla tua famiglia, a chi ti ama. E poi, insisto, fare un’inchiesta costa tanti soldi, mentre per far gossip basta poco. Nelle redazioni dei giornali, dove si parla troppo dell’ultima dichiarazione del politico di turno e poco delle vere questioni nazionali e internazionali, sono ossessionati dal gossip. E i politici fanno a gara per essere presenti sui giornali senza aver niente da dire. In Rete è anche un vantaggio economico. Basta vedere quanti contatti quindi quale giro di pubblicità genera un servizio su un presentatore tv o su un’attricetta e quanti gli articoli politici, per non parlare della cultura che dovrebbe essere la spina dorsale dell’informazione».

* * *

L’ESPRESSO: «Avete detto peste e corna dei retroscena, del gossip. Però il genere retroscena, gossip politico, il ministro fotografato con l’aspirapolvere in mano, lo ha inventato in Italia “l’Espresso”, di cui voi siete rubrichisti illustri…».

ECO: «Ma non ha insinuato, ha denunciato. Il problema è lo stato della nostra informazione. Prendi la mattina il giornale, anche il più importante, e trovi quattro o più pagine di pettegolezzi su fatti politici nostrani. Se prendi “Le Monde”, trovi invece pagine su quanto avviene in Africa o in Asia, tanto che quasi mi chiedo, ma perché mi parlano di queste cose e non dell’amante di Hollande?».

@Correttoredibox

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15 commenti

  1. jens

    La macchina del fango ha un buco nella gomma…

  2. Oh, finalmente qualcuno che mi lascia scrivere due paroline mie invece di limitarsi ad estorcere la lettura delle sue. [Sì, è un suggerimento!!]
    Pensate d’essere i soli al mondo ad aver qualcosa dire? O volete eternamente infliggerci la condanna del non poter mai, una volta preso atto dei vostri pregiati punti di vista, dire qualcosa sui nostri?

    In realtà sull’argomento Espresso-Repubblica ho ben poco da dire.
    Non leggo più Repubblica dall’ultimo giubileo: annunciò enfaticamente che avrebbe fruttato mliardi (di lire),non ricordo quanti e non ricordo a chi, ma ricordo bene che ebbi la precisa certezza che a me sarebbe solo toccato di pagare la mia parte.
    Ogni tanto compro l’Espresso e qualche volta ci trovo qualcosa di buono. Esempio: una cosa sull’insopportabile vergogna di non essere nessuno, di una certa Rossini.(Prendere con beneficio d’inventario, vado a memoria e non sono Eco. Precisazione inutile vero?)
    Quindi non so se questi giornali siano delle “macchine del fango” più di altri. E poi devo dire che la cronaca non la degno di uno sguardo. Neppure i titoli leggo, preferisco il sudoku.

    In compenso mi sto annoiando con le avventure di un certo Lucien Chardon, o De Rubempre come peferite.
    Ho il sospetto che le cose non siano molto cambiate ripetto alla Francia del 1822 (o era il 1821? boh..).

    Voi che ci siete dentro che dite? Confermate?

    ciao ciao

    1. Raider

      Ovvero. lamentarsi di non trovare spazio e di estorta lettura (certo, non imposta) per dire ciao ciao.

  3. Raider

    Fatte salvo il diritto sacrosanto a pensarla come pare e però, a non pretendere di avere ragione se non si hanno i mezzi per dimostrarlo, ciò che vale per tutti, si potrebbe partire da cose che dovrebbero risultare meno difficili per tutti da riconoscere, comunque la si pensi:
    – è, in effetti, imbarzzante assistere a questi affettuosi scambi di cortesia a scopo promozionale fra signori di una certa età, di indubbio prestigio mediatico e morale, baluardo contro il malcostume italico, per es., delle raccomandazioni e smancerie e piaggerie, tanto più se a fini reclamastici; certe cose lei si lasci fare, per es., a Fabio Fazio;
    – la mobilitazione di una claque di primedonne del giornalismo e della cultura per spingere in alto, nell’Olimpo delle dispense di Lettere e Filosofia i libri di Scalfari (il problema dev’esere nella radice: Scalfar- i, -o, -8) è uno spettacolo penoso, perfino per chi si sottopone all’amorosa corvée;
    – a tutti gli effetti, non si può dire che i libri di Scalfari e Eco abbiano lasciato significativa traccia, tranne che nei conti correnti dei due, che sappiamo quanto ne avessero bisogno. I lettori, la letteratura, la filosofia non ne hanno tenuto granché conto; i conti in banca degli autori, sì. Il che avviene precisamente quando lo si è fatto alle spalle, in frode e in danno a lettori e cultura: ma è un caso di rimescolamento di carte e gerarchie fra cultura alta e bassa, direbbe Eco, con tutto il non conflittuale interesse semiotico che può avere nel sostenere la cosa.
    E dunque, perché no, Eco come Guido da Verona; Scalfari come una Minou Drouet a fioritura tardiva. E i Fabio Fazio dell’intellighentsia a gridare al miracolo – che non ci sarà neppure stavolta.

  4. easy

    Egregi Sigg. Eco e Scalfari ma veramente pensate che siamo tutti fessi?????? Mi complimento con voi per aver dato una così chiara e lampante prova di avere la faccia sul…..didietro (senza la minima vergogna). Bravissimi!!!!!!!!!

  5. stefano

    La sua e’ intolleranza, non si e’ mica obbligati a leggere tempi. Inoltre, a parte quello che hanno scritto i rispettivi, fa paragoni avventanti tra una persona che ha dedicato la propria vita sul campo tra la gente, e chi dietro una scrivania prevalentemente.

  6. scafoide

    qual e’ il problema? se non vi piacciono eco e scalfari potete continurare a leggere i libercoli di “don gius”. siete ridicoli,ormai la vostra intolleranza si sta rivelando ne piu ne meno che una tomba intellettuale. che miseria.

    1. Mattia

      Il problema è ironico che questi giornalisti biasimino un modo di fare giornalismo di cui sono promotori ed artefici. Vedere recente polemica sul convegno sulla famiglia a Milano nel quale ogni tipo di mistificazione è stata promossa proprio da loro.

    2. viccrep

      sig.scafoide
      certo che chi è succube di repubblica e compagnia cantando non sopporta idee diversa che mostrano una realtà dell’umano più adeguata alla persona, alimentarsi a quelle fonti si alimenta il disprezzo per tutto ciò che diverso da repubblica e similari.
      apraa sua mente e esca da questa schiavitù culturale, ma apra soprattutto il cuore.

      1. filomena____

        Senti chi parla di essere succube!!!? Se si vuole veramente allargare gli orizzonti bisognerebbe leggere giornali con orientamenti diversi e poi farsi una idea propria, non ti pare? Questo vale per chi legge solo Repubblica, ma anche per chi legge solo Tempi o Avvenire.

    3. Kan63

      Qual’è il problema? Se non ti piace questo sito puoi continuare a leggerti repubblica.it, sei ridicolo, ormai la tua intolleranza si sta rivelando né più né meno che una tomba intellettuale. Che miseria.

    4. luigi

      Forse non leggi repubblica.

    5. Stefano

      Scafoide ci fai o ci sei? Spero per te che ci sei.
      Eco con il suo libro (per quanto la teoria sia in generale condivisibile), insieme a Scalfari (Repubblica) e Saviano sono come il bue che da del cornuto all’asino.

    6. junior

      Perché anche noi vogliamo ridere

    7. Giuseppe

      Scafoide, se non ti piace Tempi, qual è il problema? Vai su altri siti [Repubblica ed Espresso, in primis], togliti dalle palle e lasciaci discutere seriamente.
      Ciao.

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