Feci la battaglia per il referendum e oggi vedo che cosa ha provocato quella legge. «Il Sessantotto ha lanciato il tema dei “diritti”, tutto era diritto, ma di “doveri” non si parlava e non si parla quasi più»
Quarant’anni fa, il 22 maggio 1974, il referendum abrogativo della legge sul divorzio approvata dal Parlamento nel dicembre 1970 (proposta dal socialista Loris Fortuna e dal liberale Antonio Baslini), venne approvato solo dal 40,7% dei votanti; il 59,3% aveva bocciato il referendum. Quel voto ha segnato l’agonia lenta ma costante del matrimonio e della famiglia tradizionali in Italia. Ricordo benissimo la compagna contro il divorzio a cui anch’io, per quel poco che contavo, mi sono impegnato, avendo sperimentato la bellezza e gioia di una famiglia unita e soprattutto, leggendo e meditando i testi di Paolo VI e dei vescovi italiani, mi rendevo conto che, col divorzio diventato legge di stato, iniziava il dissolvimento della famiglia e quindi della società italiana.
Ancora una volta si è avverato il detto dei latini: “Lex creat mores”, la legge crea il costume. Oggi, 40 anni dopo, possiamo vederlo con chiarezza. Le famiglie regolari sono minoritarie, diminuiscono i matrimoni religiosi e civili, diminuiscono in modo drammatico i bambini, aumentano le libere convivenze e un numero sempre maggiore di giovani non si pongono più la meta di unire la propria vita ad una donna o a un uomo, per creare una famiglia stabile; rimandano la scelta decisiva e a 40 anni si ritrovano “singoli”. Trionfa “il sesso libero” invocato dai sessantottini, e nel Parlamento italiano sono in cammino le leggi del matrimonio fra i gay, le adozioni di bambini da parte di sposi o conviventi gay, le inseminazioni artificiali, l’utero in affitto, il “divorzio breve” che risolve tutto in sei mesi, l’omofobia, ecc.
Le conseguenze sono tutte negative: si formano meno famiglie, nascono pochi bambini, e soprattutto i genitori precari danno vita a persone che portano dentro il tarlo della precarietà. Una giovane insegnante di scuola elementare qui a Milano mi dice che dopo pochi mesi di scuola già si possono individuare almeno alcuni dei bambini che non hanno genitori stabili, i cui genitori non sono uniti, bisticciano; l’insegnante non si può dire: “Obbedite ai vostri genitori” perché qualche bambino risponde: “Io due papà e mamma, a chi obbedisco?”. L’Italia manca di bambini (noi italiani diminuiamo di più di 100.000 unità all’anno!) e un certo numero dei giovani che ci sono, secondo Riccardo Gatti di una Asl milanese, “il 24% di ragazzi abusa di alcool e droghe” (Avvenire, 25 maggio 2014). Invece di andare all’oratorio, oggi molti giovani vanno in discoteca e certamente la loro formazione umana e morale non ci guadagna.
Il divorzio non è un problema dei cattolici. Lo diceva con forza il giurista prof. Gabrio Lombardi, laico non credente che presiedeva il “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”. Leggo in un suo ritaglio stampa di quel tempo questa profezia: “Se gli italiani approvano la legge sul divorzio, distruggono la famiglia tradizionale e la stessa società italiana, poiché la società si fonda sulla famiglia prima che sullo stato”. Aveva ragione, e con lui il Papa, i vescovi italiani e numerosi deputati Dc, compreso il segretario del Partito, on.le Amintore Fanfani, che si spese generosamente nella campagna contro il divorzio. “Ma il fronte cattolico si presentò diviso di fronte al divorzio – scrive lo storico Gianpaolo Romanato dell’Università di Padova (Avvenire, 25 maggio) – ma non bisogna dimenticare che era già diviso da prima, si era spaccato nell’immediato postconcilio”.
So bene che il problema è complesso. “E’ un problema di diritti e di libertà, dicevano i divorzisti. L’amore dura fin che dura, se due sposi non si amano più è meglio che si separino e si sposino di nuovo”. Il Sessantotto ha lanciato il tema dei “diritti”, tutto era diritto, ma di “doveri” non si parlava e non si parla quasi più. Papa Francesco ha detto recentemente: “Ogni bambino ha il diritto di avere un papà e una mamma”. Ma questo diritto non si ricorda mai, non esiste più. Come al solito prevale il diritto (o il capriccio, l’egoismo) dei più forti. Il sessantotto ha imposto alcune delle tante ideologie di cui ancora soffriamo: il relativismo, l’individualismo e si perde il senso della vita. Se non esiste più una verità assoluta non esistono più valori assoluti, quindi nulla per cui valga la pena di spendere la vita. Il quotidiano cattolico Avvenire ha pubblicato un articolo intitolato: “Quella legge che cambiò l’Italia” (25 maggio 2014). Non so cosa ne pensano i lettori, per me l’ha cambiata in modo estremamente negativo.
Quando due si divorziano denunciano la crisi dell’ AMORE. Quando si ama veramente le crisi,inevitabili in ogni coppia,si superano.Non si superano quando l’amore è finto,illusorio ed addirittura egoismo.L’amore permette di capire l’altro, di perdonare l’altro,di capire dove si è sbagliato,di riprendere il rapporto.Quando mancano questi presupposti c’è solo l’illusione di amare.Però quando il cuore è limitato è pure limitata la capacità di amare,che sparisce alle prime crisi.L’istituzione del divorzio ha banalizzato il matrimonio,che è diventato solo formalità poichè ormai si ci sposa lasciando aperta la via di fuga in caso di difficoltà.Si può paragonare al lavoro a tempo determinato,di cui tutti comprendono l’ambiguità, mentre non comprendono l’ambiguità di un matrimonio con la possibilità di termine.A parte queste precisazioni, si deve avere il coraggio intellettuale di vedere i disastri che provoca il divorzio: povertà, sofferenza morale, disordine di vita,che la donna riesce a gestire perchè caratterialmente più forte dell’uomo e che spesso rammenda facendo la prostituta.Riguardo i figli di divorziati,a meno che la prima e la seconda famiglia siano ricche,finiscono negli istituti.Ho constatato ciò come volontario ventennale in un istituto religioso che si cura di ragazzi provenienti da famiglie i difficoltà.Buona parte di essi hannno problemi di carattere.Riguardo i divorziati, facendo da oltre dieci anni volontariato presso l’ Auxilium,sono a servizio dei senza dimora,dove finiscono molte persone poco tempo dopo il divorzio e constato la loro sofferenza.Se guardiamo poi il costo sociale del divorzio capiamo che tutta la società soffre per mantenere questa istituzione che assorbe la ricchezza che si potrebbe impiegare per gli asili, le scuole,gli ospedali e tutto quando serve per migliorare il tenore di vita cittadino.
E’ evidente che quando il divorzio non c’era , la famiglia era più solida. Quando sai che il legame è indissolubile lotti per migliorarlo e per mantenerlo , è così che l’amore vero cresce. Se invece sai che puoi mandare tutto all’aria , nei momenti di stanchezza è facile farsi irretire dalla novità , dalla voglia di cambiare , dalla cotta per qualcuno che non è il coniuge.E quando tutto questo è entrato nella tua vita è immensamente difficile , con una porta aperta , non varcare quella soglia.Poi tornare indietro è un miracolo.
Per favore non siamo ipocriti , il divorzio ha reso profondamente fragile la società , è un dato di fatto.
No, la famiglia non era più solida perchè non c’era il divorzio, anche perchè c’era la separazione che, da un punto di vista pratico, è la stessa cosa. Stai dando per scontato che chi divorzia, o meglio chi si separa, non lotti fino in fondo per mantenere vivo un legame in cui ha creduto profondamente. E stai dicendo che era meglio prima quando c’era chi faceva quello che gli pareva mantenendo le “apparenze”, che erano belle quelle famiglie perfette dentro le quali si vivevano drammi quotidiani. Stai dicendo che era meglio quando la moglie dipendeva dal marito e gli doveva ubbidienza assoluta …
Sinceramente io penso che quando due persone stanno insieme da molto o poco tempo possono succedere delle cose che deviano dal percorso intrapreso insieme..Il fatto che prima del divorzio ci sia un tempo di 3 anni di separazione minimo io lo trovo super giusto,perché certe crisi possono essere superate..Ad un bambino di sei anni non si insegna che in sei mesi si divorzia..io se avessi sei anni mi sentirei offeso.Cioè insomma quello che voglio dire è che il matrimonio è una cosa importante,è una scelta d’amore.. Se permettiamo che si possa divorziare come se niente fosse azzeriamo il valore del sacramento! Si sposerebbero tutti senza problemi e senza premura verso la cosa! Tramandando un blando valore dell atto anche a chi verrà dopo di noi.. Bye
Che esista o meno il divorzio in sei mesi non intacca minimamente il sacramento, quello è e resta indissolubile. Semmai sono le persone che si impegnano in un patto per la vita perché la location in chiesa è più romantica pensando che se va male tanto c’è il divorzio a perderci. Quando il Papa parla della nullità di molti matrimoni intende questo.
Hai detto una cosa che, nella sua apparente banalità, a molti sfugge. Il matrimonio (sacramento) ed il matrimonio previsto dalla legge italiana sono due cose diverse che purtroppo sono state “accumunate” dal concordato, Se fossero rimaste (come accade quasi ovunque nel mondo) due cose distinte forse avremmo una visione diversa
ma i sei mesi sono DOPO la separazione legale (che è il vero momento della fine di un rapporto) che in genere viene sancita almeno un anno dopo la separazione fisica dei coniugi se non di più. Se poi qualcuno crede che, specie in presenza di figli, due genitori non ci pensino due volte a decidere di metter fine al loro rapporto … bè, allora sta parlando di due genitori irresponsabili.
Ricordo la propaganda a favore, martellante già nel 1972 . Allora se ne discuteva in classe: i sostenitori dicevano che ne avrebbero usufruito solo i casi pietosi , mentre noi contrari sostenevamo che si sarebbe distrutta la famiglia, e avevamo ragione ! Tante famiglie avrebbero superato la crisi e fatto prevalere e crescere il vero amore .Il matrimonio è una Cattedrale ,come ha scritto tempo fa una lettrice di un quotidiano, la cui bellezza si vede alla fine della costruzione . Mi chiedo a quante persone, martellate dalle banalità sull’amore, ormai è preclusa questa felicità .
Mi chiedo quale realtà vedi e vivi. Forse non ti è chiaro (e non è chiaro a molti), quando un matrimonio va in crisi, prima si cerca di affrontare e risolvere la crisi, poi ci si separa, ed a quel punto le strade della vita si separano nel 98% dei casi (ed in quel 2% dei casi che dopo un tot rientrano sospetto ci siano altri motivi che portano ad una separazione spesso fittizia). Il divorzio non segna la fine di un rapporto, ma dà solo la possibilità di crearne, eventualmente, un altro riconosciuto dallo stato
Avvolte viviamo in una realtà insulsa, a fronte della quale si può fare spallucce o sperare , impegnandosi, in qualcosa di meglio. E’ certo vero che sia reale che avvolte ci si separa ed avvolte le strade si separano. E’ pure vero che avvolte, una volta separate, ci si accorge di cosa si è perduto. Non per tutti… ma è possibile… o scartiamo a priori!
Questo intendo nel post di Ester.
Ma la cosa che trovo veramente dogmatico nel tuo ragionamento è la categoricità con la quale neghi la possibilità che il divorzio, facile, in futuro facilissimo come uno starnuto, non possa costituire il fulcro di una mentalità divorzista del tipo: ” si ci sposiamo e domani pensa a Dio”, ” ma si … che ci vuole… abbiamo punti di vista diversi? … divorziamo!”. Ovvero in un mondo che per mille aspetti è banale nella visione della vita, perché questa banalità può inquinare nel come si concepisce il matrimonio:
io affermo ciò che a me sembra ovvio.Tu continui a guardare al divorzio come il momento della fine del matrimonio, ma è solo un momento formale. Il matrimonio, il rapporto, finisce con la separazione legale che poi è a sua volta un passo formale che, nella maggior parte dei casi, formalizza (appunto) uno stato di fatto. Nel momento della separazione legale le strade dei due coniugi si sono già divise. Ed i tempi del divorzio non influenzano tutte le difficoltà e le problematiche della separazione.
E ripensarci è sempre possibile, e ridurre il tempo (minimo) tra separazione e divorzio non vuol dire obbligare tutti a divorziare subito dopo quel lasso di tempo.
In definitiva, a mio avviso, ridurre i tempi tra separazione e divorzio è un intervento ininfluente sulla solidità e la validità del matrimonio, non è un incentivo al divorzio, non cambia assolutamente niente.
Io ho una sola critica da fare a questa modifica (che ancora non è legge, perchè deve essere ancora approvata dal senato), ma essendo una critica assolutamente materialistica è anche Off Topic
Per farti un esempio per come la vedo io ricorro al paragone con l’aborto:
all’origine la giustificazione del “diritto” trovava fondamento nella tragedia vissuta donna (morivano donne a milioni, gli stupri, la scelta difficile ma motivata da grandi e tragici motivi). Una volta l’abortone è derivato una mentalità abortista (tanto che oggi ci troviamo a parlare di aborto come di taglio di un unghia spingendosi, grazie ad alcuni intellettuali, a mettere dubbi anche sul valore umano del neonato).
Le derive partono e non si fermano.
Comunque mi rendo conto che il semplice dire no al divorzio è insufficiente se non vi è attenzione nel cercare di dare significato ad un modello umano diverso da quello prevalente oggi. Il divorzio è solo un elemento di una deriva più grande.
Scusa gli errori, ma con il telefonino …
Io francamente tutta questa deriva sull’aborto non la vedo, e francamente non credo che una donna scelga l’IVG come sceglierebbe il colore dello smalto delle unghie, se la pensi così hai ben poca stima (secondo me sbagliando) delle donne.
Idem per il divorzio. Come per l’aborto, il divorzio, in particolare in presenza di figli, non è una bella cosa, ma invece di combatterlo, bisognerebbe fare in modo che non ce ne fosse bisogno. Io credo che molte persone che si sposano non siano pienamente consapevoli del significato del loro gesto (e parlo del significato laico, non religioso, su quello non entro nel merito), e questa è la più grande colpa dello stato, della scuola e dei genitori
Tu la deriva non la vedi perché ci siamo “desensibilizzati”. Ci siamo convinti che l’embrione è muco (cosa che nella fase propagandistica… non si diceva). Prevedo che, siccome non c’è l’limite al peggio, vi convinceranno (tra un paio di anni ) che anche il neonato non vale granché. Fai delle rapidi ricerche e noterai che ci stanno già lavorando su questo.
Idem per il divorzio. Il matrimonio (con i corollari responsabilità, fedeltà apertura alla vita ecc) sono diventati sconosciuti ed il divorzio diventa “logico”. Anche in questo lavorano per migliorarsi nel degrado.
Tu dici bene che nello sposarsi oggi non si è pienamente consapevoli, però non vuoi vedere che questa inconsapevolezza non nasce dal caso.
Vedi che anche io ho completamente accantonato, nella discussione, l’aspetto religioso.
“…azzeriamo il valore del sacramento!”
ancora peggio, altro che “komunismo”, qui siamo al livello delle repubbliche islamiche.
Difendere un sacramento a norma di legge????
Il sacramento lo difendono chi si sposa in chiesa nei loro liberi intendimenti, non uno stato o un legislatore.
Fermo restando la libertà di non difendere a tutti i costi quel sacramento, decidendo per la strada della separazione e del divorzio.
Queste sono cose che attendono alla coscienza e il libero arbitrio di ciascuno.
Ma vi rendete conto di quello che scrivete? Il divorzio non ha nessuna responsabilità sui cambiamenti (buoni o cattivi) avvenuti negli ultimi 40 anni in italia. Non dimentichiamo che prima c’era la separazione, che non è altro che è la formalizzazione di un rapporto che (purtroppo) è terminato. L’unico vera differenza introdotta dal divorzio è la possibilità di crearsi (se si vuole) una nuova famiglia a tutti gli effetti. e se, ben prima del 1975, esisteva già l’istituto della separazione, vuol dire che il problema di come gestire la fine di un rapporto se lo si era già posto. E d’altronde se lo era posto già la chiesa con l’istituto dell’annullamento (bolla Ratio iuris del 1331) nel tempo spesso usato ed abusato
Adesso mettiamo in discussione il divorzio? Bravi vi state scavando la fossa da soli!
E’ da comunisti sovietici anni 50 pensare che un rapporto privato fra due persone si possa salvare a norma di legge.
Prima del divorzio i matrimoni falliti erano in sostanza delle separazioni in casa, senza nessun DOVERE.
E, a pagarne le conseguenze, erano soprattutto le donne che nella stragrande maggioranza negli anni 70 non lavoravano: sotto ricatto ecomomico e morale (svergognata.. se ne andata di casa..)
E piantiamola di tirare in mezzo i figli, cosa sia meglio per loro di certo non lo sa l’articolista ch edifronte a certe sistuazioni non può fare altro che dare una risposta da prete (ovvero, predi assi e chiodi e metti in croce te e ituoi figli, NON divorziare).
“E’ da comunisti sovietici anni 50 pensare che un rapporto privato fra due persone si possa salvare a norma di legge”.
Mah, il matrimonio non è un “rapporto privato fra due persone” anche se lo presuppone, anzi è qualcosa di molto pubblico a cui nessuno ti costringe…
Se non scorgi alcuna differenza rispetto alla mera convivenza proponine l’abolizione, non vedo perché avere doppioni…
Se nessuno propone di abolire il matrimonio è perché non si vuole precludere a chi lo desidera di sposarsi imponendo di fatto delle scelte. Secondo me andrebbe profondamente rivisto.
Che architettura gli daresti?
Colgo una certa ironia nella domanda ma io ero seria. Il matrimonio come lo intendi tu non lo considero negativo cioè se due persone sono affiatate si vogliono bene ecc, ben venga ovviamente l’unione di una vita. Questo però non puoi saperlo a priori e la vita ti può riservare diverse cose che ti cambiano e magari ti portano da un’altra parte. Quindi secondo me il matrimonio dovrebbe limitarsi a certificare l’esistente, un esistente che può durare una vita….oppure no.
E il saperlo in predicato secondo me ti aiuta giorno per giorno a mantenerlo vivo.
@Filomena
Io divergo dal tuo modo di pensare già dalla premessa (“se due persone sono affiatate si vogliono bene”). Sembrerebbe che lo Stato altro non sia che una sorta di Cupido che è chiamato a certificare l’amore tra futuri coniugi. Lo Stato, con il matrimonio, non tiene conto affatto della percezione soggettiva del rapporto di una coppia ma, si pone come terzo, e vede nel matrimonio un istituto esigente (per ovvi motivi). Nel quale , in nome della stabilità, della certezza di un rapporto, attribuisce diritti ma pretende in egual misura doveri. Chi sceglie il matrimonio, a differenza di altre legittime forme di convivenza (legittime in riferimento al proprio schema dei valori non necessariamente religiosi, anzi, addirittura extra religiosi) dovrebbe tener conto, di questo onere, prima di fare una scelta di questo tipo.
E’ evidente che in questa visione di uomo/donna questi protagonisti si ritengono dotati di capacita di responsabilità, volontà e consapevolezza. E questi requisiti (qui parlo per me) sono condizioni non solo del funzionamento di un matrimonio, ma di riuscita della propria umanità.
Se chi si sposa, sa già, per preconcetto emotivo, che tra due mesi può cambiare idea, che i figli possono essere percepiti per lui come un impaccio, non vedo perché non opta per una scelta diversa di convivenza invece di chiedere , o meglio, pretendere che la realtà si pieghi al proprio volere.
Analoga critica muovo a chi, sapendo del ricorso possibile( e probabile) al divorzio, continua a sposarsi in chiesa. Per quale motivo lo fa? Gli piace la coreografia (fiori, l’aspetto rituale, i confetti). se è solo per queste ragioni, meglio farebbe se si sposasse al municipio e, magari privatamente, si impronta una recita con tanto di attori, scenografia ed abito bianco.
cioè in sintesi tu dici che se uno sapesse che la sua scelta non è reversibile allora ci penserebbe molto di più prima di effettuarla, se invece sa che è reversibile, la fa con maggiore leggerezza?
Può darsi, ma questo non toglie che pur facendo le proprie scelte con la massima responsabilità, il matrimonio può non funzionare. A quel punto avresti coppie scoppiate ma costrette ad esistere ed a resistere, ed eventualmente ad esplodere. Che non mi sembra la soluzione migliore. Molto meglio sarebbe educare i giovani a capire l’importanza della scelta che faranno (importanza laica, non religiosa, perchè io qui sto parlando di matrimonio civile), ma questo argomento di certo non si tocca negli anni di formazione, nè tantomeno si tocca dopo la scuola, quindi di certo lo stato qui è carente e si aspetta che siano le persone ad autoresponsabilzzarsi.
Sul matrimonio in chiesa, è una questione religiosa. Posso assumere che chi si sposa in chiesa creda appunto, in buona fede, che il suo rapporto durerà per sempre. E poi si trova a dover scegliere se essere un buon cristiano … ed in questo evidentemente anche la chiesa è carente nella formazione del suo gregge
@Nino
Non metterei l’accento sull’irreversibile, ma sul sapere quello che fai, quando fai una scelta. Di tenere in conto la persona che hai davanti, le persone che verranno, e le conseguenze delle tue scelte nella loro vita. A questo unisco la considerazione che le convivenze alternative esistono, e che se vuoi qualcosa che non ti faccia sentire troppo legato non pretendere di trasformare il matrimonio in un suo surrogato.
Poi è pacifico che nessuno può e deve obbligare le persone a stare per forza insieme (alche la scelta fatta con la massima responsabilità, può non funzionare).
Per i giovani penso che più che educarli, bisogna essere in grado di offrire dei modelli alternativi , per poter decidere tra il come sono e sul cosa possono diventare. Purtroppo ho l’impressione che gli unici modelli che ansiosamente si vogliono promuovere sono “sul tipo” del “poetico” sesso orale della Mazzucco o dei vari libelli “gender”. Per il resto credo che sia stata abbandonata l’idea che le persone nella vita devono fare emergere il meglio di se. Ci si accontenta ad avere macchine da consumo . In un contesto di questo tipo i matrimoni sono un enigma in partenza e rischiano di nascere morti.
@Toni
Io credo che uno dei compiti dello Stato sia aiutare le persone che non ce la fanno da sole e tutelare i diritti delle persone e questo lo deve fare con il contributo di tutti i cittadini. In questo senso lo Stato dovrebbe tutelare le persone dentro l’istituzione matrimonio, ma sempre rispettandone la personalità e senza imporgli regole di vita (ovviamente in rispetto delle leggi) perché altrimenti diventa un ricatto. Poi se la critica era rivolta a me personalmente io convivi quindi sono coerente con quello che ho detto, anche perché appunto non condivido il matrimonio così come viene inteso dalle nostre leggi.
Ti faccio presente però che in Italia una certa cultura ha osteggiato per molti anni le convivenze e fino a non molti anni fa non c’erano molte persone che riconoscevano come legittima questa scelta.
Lo Stato non impone “regole di vita” perché non impone il matrimonio, ma lo disciplina. Poi il matrimonio si sceglie. Il ricatto, dove starebbe?
Mi sembra, piuttosto, nel “ridisegnarlo”, che si pretende un quadro di diritti, senza un corrispettivo quadro di doveri che lo giustifichi.
Il problema oggi , temo, risiede nell’insofferenza verso la parola “impegno”. Insofferenza che è oggi diffusa per un orientamento generale che spinge verso una “spontaneità” intesa come libertà emotiva escludendo qualità umane come volontà e riflessione.
PS- Dovresti meglio valutare e contestualizzare certa cultura che ” ha osteggiato”.
Qui il dibattito si è fermato a 40 anni fa e si discute di una legge che oggi nessuno, nemmeno i cattolici, sarebbero disposti a rinunciare, senza contare che nessun paese civile in nome del”fondatore del cristianesimo” obbligherebbe una persona a sacrificare la propria vita continuando una relazione che non tollera più.
L’unico risultato che paradossalmente si otterrebbe oggi abrogando la legge sul divorzio è che nessuno si sposerebbe più.
Purtroppo è così Filomena, oggi va di moda la flessibilità: rendiamo facile licenziare, così renderemo più facile assumere; rendiamo facile divorziare, così renderemo più facile sposarsi…
il divorzio sarà sbagliato, ma è utile parlare di più dell’amore e del rispetto reciproco. uno dei due si comporta male? non serve dire “sopportare” o “la croce”. o non solo. un problema se c’è va affrontato e risolto fino in fondo. credo che dal 1974 sia venuto fuori un problema insito nella società italiana, ossia che non pochi italiani volevano abbandonare il partner col quale non andavano d’accordo. a prescindere di chi era la colpa. e senza scendere nel particolare è ovvio che come si può divorziare e la gente divorzia qualcosa non è andato bene nel mondo cristiano. in pratica prima se andava bene tutto ok ma se andava male, e per chi andava male, era la legge del menga. e tutto dicendo che occorre sopportare. si ma uno sopporta sperando che l’altra parte migliori. ma se così non è…
si è parlato, nel cristianesimo, di amore coniugale ma forse un po’ troppo del sopportare. occorreva parlare meno del sopportare e più dell’amore.
i costumi sono cambiati a causa dei media? vero (ma non solo), lo dico pure io. ma allora come mai ci siamo fatti giocare così facilmente? una bella figura non ce la facciamo proprio.
Mike, questa nuova interpretazione del Cristianesimo la dovrebbe spiegare al Fondatore, che ha sopportato e non poco. Ma forse lei sarebbe stato tra quelli che sotto la Croce dicevano “Ha confidato in Dio, lo liberi Lui se Gli vuol bene”…
Concordo appieno!
secondo me finchè si parla così come parla lei non si arriva da nessuna parte. infatti negli ultimi decenni l’italia ha legalizzato varie cose, presunte (=false) conquiste civili, e il cattolicesimo pare abbia lasciato correre ossia pare sia stato impotente di fronte agli eventi. come se finchè riusciva ad imporsi anche con la forza e la paura tutto ok, poi negli ultimi 50/60 anni come la società è stata dirottata verso il laicismo il cattolicesimo sia rimasto impotente. come cioè se in fondo gli serviva molto l’uso della paura e della forza, più dell’argomentazione. abbiamo un grande di nome san Tommaso d’aquino e altri come lui, anche se li conosco poco ma il poco basta, solo che chi li ha letti? in quanti italiani li hanno letti anche poco? siamo onesti, la fede l’hanno insegnata spesso con la storia della paura del giudizio divino. cioè spesso se non sapevano che dire dicevano che o fai così o sennò se poco poco muori in stato di peccato mortale poi c’è il giudizio divino. nel caso del divorzio tale discorso si deve fare a chi in una coppia ha la maggior parte della colpa (e può capitare, a sentirne in giro…) non solo o soprattutto a chi magari esausto se ne va. non è possibile prendersela con chi lascia senza andare a fondo nelle cause. in generale non basta dire il “divorzio no, è un grave peccato”. lo è ma all’atto pratico non funziona se non c’è più il tabù sociale ma anzi c’è una legge che ti permette di divorziare.
il laicismo ci ha fregato perché certe cose sbagliate le fa vedere come diritti umani, mentre il cattolicesimo è ancora parecchio arroccato (=oltre il necessario) sulla forma mentis del peccato e del castigo. in fondo questo è il punto della questione.
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Quando due si divorziano denunciano la crisi dell’ AMORE. Quando si ama veramente le crisi,inevitabili in ogni coppia,si superano.Non si superano quando l’amore è finto,illusorio ed addirittura egoismo.L’amore permette di capire l’altro, di perdonare l’altro,di capire dove si è sbagliato,di riprendere il rapporto.Quando mancano questi presupposti c’è solo l’illusione di amare.Però quando il cuore è limitato è pure limitata la capacità di amare,che sparisce alle prime crisi.L’istituzione del divorzio ha banalizzato il matrimonio,che è diventato solo formalità poichè ormai si ci sposa lasciando aperta la via di fuga in caso di difficoltà.Si può paragonare al lavoro a tempo determinato,di cui tutti comprendono l’ambiguità, mentre non comprendono l’ambiguità di un matrimonio con la possibilità di termine.A parte queste precisazioni, si deve avere il coraggio intellettuale di vedere i disastri che provoca il divorzio: povertà, sofferenza morale, disordine di vita,che la donna riesce a gestire perchè caratterialmente più forte dell’uomo e che spesso rammenda facendo la prostituta.Riguardo i figli di divorziati,a meno che la prima e la seconda famiglia siano ricche,finiscono negli istituti.Ho constatato ciò come volontario ventennale in un istituto religioso che si cura di ragazzi provenienti da famiglie i difficoltà.Buona parte di essi hannno problemi di carattere.Riguardo i divorziati, facendo da oltre dieci anni volontariato presso l’ Auxilium,sono a servizio dei senza dimora,dove finiscono molte persone poco tempo dopo il divorzio e constato la loro sofferenza.Se guardiamo poi il costo sociale del divorzio capiamo che tutta la società soffre per mantenere questa istituzione che assorbe la ricchezza che si potrebbe impiegare per gli asili, le scuole,gli ospedali e tutto quando serve per migliorare il tenore di vita cittadino.
E’ evidente che quando il divorzio non c’era , la famiglia era più solida. Quando sai che il legame è indissolubile lotti per migliorarlo e per mantenerlo , è così che l’amore vero cresce. Se invece sai che puoi mandare tutto all’aria , nei momenti di stanchezza è facile farsi irretire dalla novità , dalla voglia di cambiare , dalla cotta per qualcuno che non è il coniuge.E quando tutto questo è entrato nella tua vita è immensamente difficile , con una porta aperta , non varcare quella soglia.Poi tornare indietro è un miracolo.
Per favore non siamo ipocriti , il divorzio ha reso profondamente fragile la società , è un dato di fatto.
No, la famiglia non era più solida perchè non c’era il divorzio, anche perchè c’era la separazione che, da un punto di vista pratico, è la stessa cosa. Stai dando per scontato che chi divorzia, o meglio chi si separa, non lotti fino in fondo per mantenere vivo un legame in cui ha creduto profondamente. E stai dicendo che era meglio prima quando c’era chi faceva quello che gli pareva mantenendo le “apparenze”, che erano belle quelle famiglie perfette dentro le quali si vivevano drammi quotidiani. Stai dicendo che era meglio quando la moglie dipendeva dal marito e gli doveva ubbidienza assoluta …
Sinceramente io penso che quando due persone stanno insieme da molto o poco tempo possono succedere delle cose che deviano dal percorso intrapreso insieme..Il fatto che prima del divorzio ci sia un tempo di 3 anni di separazione minimo io lo trovo super giusto,perché certe crisi possono essere superate..Ad un bambino di sei anni non si insegna che in sei mesi si divorzia..io se avessi sei anni mi sentirei offeso.Cioè insomma quello che voglio dire è che il matrimonio è una cosa importante,è una scelta d’amore.. Se permettiamo che si possa divorziare come se niente fosse azzeriamo il valore del sacramento! Si sposerebbero tutti senza problemi e senza premura verso la cosa! Tramandando un blando valore dell atto anche a chi verrà dopo di noi.. Bye
Che esista o meno il divorzio in sei mesi non intacca minimamente il sacramento, quello è e resta indissolubile. Semmai sono le persone che si impegnano in un patto per la vita perché la location in chiesa è più romantica pensando che se va male tanto c’è il divorzio a perderci. Quando il Papa parla della nullità di molti matrimoni intende questo.
Hai detto una cosa che, nella sua apparente banalità, a molti sfugge. Il matrimonio (sacramento) ed il matrimonio previsto dalla legge italiana sono due cose diverse che purtroppo sono state “accumunate” dal concordato, Se fossero rimaste (come accade quasi ovunque nel mondo) due cose distinte forse avremmo una visione diversa
ma i sei mesi sono DOPO la separazione legale (che è il vero momento della fine di un rapporto) che in genere viene sancita almeno un anno dopo la separazione fisica dei coniugi se non di più. Se poi qualcuno crede che, specie in presenza di figli, due genitori non ci pensino due volte a decidere di metter fine al loro rapporto … bè, allora sta parlando di due genitori irresponsabili.
Ricordo la propaganda a favore, martellante già nel 1972 . Allora se ne discuteva in classe: i sostenitori dicevano che ne avrebbero usufruito solo i casi pietosi , mentre noi contrari sostenevamo che si sarebbe distrutta la famiglia, e avevamo ragione ! Tante famiglie avrebbero superato la crisi e fatto prevalere e crescere il vero amore .Il matrimonio è una Cattedrale ,come ha scritto tempo fa una lettrice di un quotidiano, la cui bellezza si vede alla fine della costruzione . Mi chiedo a quante persone, martellate dalle banalità sull’amore, ormai è preclusa questa felicità .
Mi chiedo quale realtà vedi e vivi. Forse non ti è chiaro (e non è chiaro a molti), quando un matrimonio va in crisi, prima si cerca di affrontare e risolvere la crisi, poi ci si separa, ed a quel punto le strade della vita si separano nel 98% dei casi (ed in quel 2% dei casi che dopo un tot rientrano sospetto ci siano altri motivi che portano ad una separazione spesso fittizia). Il divorzio non segna la fine di un rapporto, ma dà solo la possibilità di crearne, eventualmente, un altro riconosciuto dallo stato
Avvolte viviamo in una realtà insulsa, a fronte della quale si può fare spallucce o sperare , impegnandosi, in qualcosa di meglio. E’ certo vero che sia reale che avvolte ci si separa ed avvolte le strade si separano. E’ pure vero che avvolte, una volta separate, ci si accorge di cosa si è perduto. Non per tutti… ma è possibile… o scartiamo a priori!
Questo intendo nel post di Ester.
Ma la cosa che trovo veramente dogmatico nel tuo ragionamento è la categoricità con la quale neghi la possibilità che il divorzio, facile, in futuro facilissimo come uno starnuto, non possa costituire il fulcro di una mentalità divorzista del tipo: ” si ci sposiamo e domani pensa a Dio”, ” ma si … che ci vuole… abbiamo punti di vista diversi? … divorziamo!”. Ovvero in un mondo che per mille aspetti è banale nella visione della vita, perché questa banalità può inquinare nel come si concepisce il matrimonio:
io affermo ciò che a me sembra ovvio.Tu continui a guardare al divorzio come il momento della fine del matrimonio, ma è solo un momento formale. Il matrimonio, il rapporto, finisce con la separazione legale che poi è a sua volta un passo formale che, nella maggior parte dei casi, formalizza (appunto) uno stato di fatto. Nel momento della separazione legale le strade dei due coniugi si sono già divise. Ed i tempi del divorzio non influenzano tutte le difficoltà e le problematiche della separazione.
E ripensarci è sempre possibile, e ridurre il tempo (minimo) tra separazione e divorzio non vuol dire obbligare tutti a divorziare subito dopo quel lasso di tempo.
In definitiva, a mio avviso, ridurre i tempi tra separazione e divorzio è un intervento ininfluente sulla solidità e la validità del matrimonio, non è un incentivo al divorzio, non cambia assolutamente niente.
Io ho una sola critica da fare a questa modifica (che ancora non è legge, perchè deve essere ancora approvata dal senato), ma essendo una critica assolutamente materialistica è anche Off Topic
Per farti un esempio per come la vedo io ricorro al paragone con l’aborto:
all’origine la giustificazione del “diritto” trovava fondamento nella tragedia vissuta donna (morivano donne a milioni, gli stupri, la scelta difficile ma motivata da grandi e tragici motivi). Una volta l’abortone è derivato una mentalità abortista (tanto che oggi ci troviamo a parlare di aborto come di taglio di un unghia spingendosi, grazie ad alcuni intellettuali, a mettere dubbi anche sul valore umano del neonato).
Le derive partono e non si fermano.
Comunque mi rendo conto che il semplice dire no al divorzio è insufficiente se non vi è attenzione nel cercare di dare significato ad un modello umano diverso da quello prevalente oggi. Il divorzio è solo un elemento di una deriva più grande.
Scusa gli errori, ma con il telefonino …
Io francamente tutta questa deriva sull’aborto non la vedo, e francamente non credo che una donna scelga l’IVG come sceglierebbe il colore dello smalto delle unghie, se la pensi così hai ben poca stima (secondo me sbagliando) delle donne.
Idem per il divorzio. Come per l’aborto, il divorzio, in particolare in presenza di figli, non è una bella cosa, ma invece di combatterlo, bisognerebbe fare in modo che non ce ne fosse bisogno. Io credo che molte persone che si sposano non siano pienamente consapevoli del significato del loro gesto (e parlo del significato laico, non religioso, su quello non entro nel merito), e questa è la più grande colpa dello stato, della scuola e dei genitori
Tu la deriva non la vedi perché ci siamo “desensibilizzati”. Ci siamo convinti che l’embrione è muco (cosa che nella fase propagandistica… non si diceva). Prevedo che, siccome non c’è l’limite al peggio, vi convinceranno (tra un paio di anni ) che anche il neonato non vale granché. Fai delle rapidi ricerche e noterai che ci stanno già lavorando su questo.
Idem per il divorzio. Il matrimonio (con i corollari responsabilità, fedeltà apertura alla vita ecc) sono diventati sconosciuti ed il divorzio diventa “logico”. Anche in questo lavorano per migliorarsi nel degrado.
Tu dici bene che nello sposarsi oggi non si è pienamente consapevoli, però non vuoi vedere che questa inconsapevolezza non nasce dal caso.
Vedi che anche io ho completamente accantonato, nella discussione, l’aspetto religioso.
“…azzeriamo il valore del sacramento!”
ancora peggio, altro che “komunismo”, qui siamo al livello delle repubbliche islamiche.
Difendere un sacramento a norma di legge????
Il sacramento lo difendono chi si sposa in chiesa nei loro liberi intendimenti, non uno stato o un legislatore.
Fermo restando la libertà di non difendere a tutti i costi quel sacramento, decidendo per la strada della separazione e del divorzio.
Queste sono cose che attendono alla coscienza e il libero arbitrio di ciascuno.
Ma vi rendete conto di quello che scrivete? Il divorzio non ha nessuna responsabilità sui cambiamenti (buoni o cattivi) avvenuti negli ultimi 40 anni in italia. Non dimentichiamo che prima c’era la separazione, che non è altro che è la formalizzazione di un rapporto che (purtroppo) è terminato. L’unico vera differenza introdotta dal divorzio è la possibilità di crearsi (se si vuole) una nuova famiglia a tutti gli effetti. e se, ben prima del 1975, esisteva già l’istituto della separazione, vuol dire che il problema di come gestire la fine di un rapporto se lo si era già posto. E d’altronde se lo era posto già la chiesa con l’istituto dell’annullamento (bolla Ratio iuris del 1331) nel tempo spesso usato ed abusato
Adesso mettiamo in discussione il divorzio? Bravi vi state scavando la fossa da soli!
E’ da comunisti sovietici anni 50 pensare che un rapporto privato fra due persone si possa salvare a norma di legge.
Prima del divorzio i matrimoni falliti erano in sostanza delle separazioni in casa, senza nessun DOVERE.
E, a pagarne le conseguenze, erano soprattutto le donne che nella stragrande maggioranza negli anni 70 non lavoravano: sotto ricatto ecomomico e morale (svergognata.. se ne andata di casa..)
E piantiamola di tirare in mezzo i figli, cosa sia meglio per loro di certo non lo sa l’articolista ch edifronte a certe sistuazioni non può fare altro che dare una risposta da prete (ovvero, predi assi e chiodi e metti in croce te e ituoi figli, NON divorziare).
“E’ da comunisti sovietici anni 50 pensare che un rapporto privato fra due persone si possa salvare a norma di legge”.
Mah, il matrimonio non è un “rapporto privato fra due persone” anche se lo presuppone, anzi è qualcosa di molto pubblico a cui nessuno ti costringe…
Se non scorgi alcuna differenza rispetto alla mera convivenza proponine l’abolizione, non vedo perché avere doppioni…
Se nessuno propone di abolire il matrimonio è perché non si vuole precludere a chi lo desidera di sposarsi imponendo di fatto delle scelte. Secondo me andrebbe profondamente rivisto.
Che architettura gli daresti?
Colgo una certa ironia nella domanda ma io ero seria. Il matrimonio come lo intendi tu non lo considero negativo cioè se due persone sono affiatate si vogliono bene ecc, ben venga ovviamente l’unione di una vita. Questo però non puoi saperlo a priori e la vita ti può riservare diverse cose che ti cambiano e magari ti portano da un’altra parte. Quindi secondo me il matrimonio dovrebbe limitarsi a certificare l’esistente, un esistente che può durare una vita….oppure no.
E il saperlo in predicato secondo me ti aiuta giorno per giorno a mantenerlo vivo.
@Filomena
Io divergo dal tuo modo di pensare già dalla premessa (“se due persone sono affiatate si vogliono bene”). Sembrerebbe che lo Stato altro non sia che una sorta di Cupido che è chiamato a certificare l’amore tra futuri coniugi. Lo Stato, con il matrimonio, non tiene conto affatto della percezione soggettiva del rapporto di una coppia ma, si pone come terzo, e vede nel matrimonio un istituto esigente (per ovvi motivi). Nel quale , in nome della stabilità, della certezza di un rapporto, attribuisce diritti ma pretende in egual misura doveri. Chi sceglie il matrimonio, a differenza di altre legittime forme di convivenza (legittime in riferimento al proprio schema dei valori non necessariamente religiosi, anzi, addirittura extra religiosi) dovrebbe tener conto, di questo onere, prima di fare una scelta di questo tipo.
E’ evidente che in questa visione di uomo/donna questi protagonisti si ritengono dotati di capacita di responsabilità, volontà e consapevolezza. E questi requisiti (qui parlo per me) sono condizioni non solo del funzionamento di un matrimonio, ma di riuscita della propria umanità.
Se chi si sposa, sa già, per preconcetto emotivo, che tra due mesi può cambiare idea, che i figli possono essere percepiti per lui come un impaccio, non vedo perché non opta per una scelta diversa di convivenza invece di chiedere , o meglio, pretendere che la realtà si pieghi al proprio volere.
Analoga critica muovo a chi, sapendo del ricorso possibile( e probabile) al divorzio, continua a sposarsi in chiesa. Per quale motivo lo fa? Gli piace la coreografia (fiori, l’aspetto rituale, i confetti). se è solo per queste ragioni, meglio farebbe se si sposasse al municipio e, magari privatamente, si impronta una recita con tanto di attori, scenografia ed abito bianco.
cioè in sintesi tu dici che se uno sapesse che la sua scelta non è reversibile allora ci penserebbe molto di più prima di effettuarla, se invece sa che è reversibile, la fa con maggiore leggerezza?
Può darsi, ma questo non toglie che pur facendo le proprie scelte con la massima responsabilità, il matrimonio può non funzionare. A quel punto avresti coppie scoppiate ma costrette ad esistere ed a resistere, ed eventualmente ad esplodere. Che non mi sembra la soluzione migliore. Molto meglio sarebbe educare i giovani a capire l’importanza della scelta che faranno (importanza laica, non religiosa, perchè io qui sto parlando di matrimonio civile), ma questo argomento di certo non si tocca negli anni di formazione, nè tantomeno si tocca dopo la scuola, quindi di certo lo stato qui è carente e si aspetta che siano le persone ad autoresponsabilzzarsi.
Sul matrimonio in chiesa, è una questione religiosa. Posso assumere che chi si sposa in chiesa creda appunto, in buona fede, che il suo rapporto durerà per sempre. E poi si trova a dover scegliere se essere un buon cristiano … ed in questo evidentemente anche la chiesa è carente nella formazione del suo gregge
@Nino
Non metterei l’accento sull’irreversibile, ma sul sapere quello che fai, quando fai una scelta. Di tenere in conto la persona che hai davanti, le persone che verranno, e le conseguenze delle tue scelte nella loro vita. A questo unisco la considerazione che le convivenze alternative esistono, e che se vuoi qualcosa che non ti faccia sentire troppo legato non pretendere di trasformare il matrimonio in un suo surrogato.
Poi è pacifico che nessuno può e deve obbligare le persone a stare per forza insieme (alche la scelta fatta con la massima responsabilità, può non funzionare).
Per i giovani penso che più che educarli, bisogna essere in grado di offrire dei modelli alternativi , per poter decidere tra il come sono e sul cosa possono diventare. Purtroppo ho l’impressione che gli unici modelli che ansiosamente si vogliono promuovere sono “sul tipo” del “poetico” sesso orale della Mazzucco o dei vari libelli “gender”. Per il resto credo che sia stata abbandonata l’idea che le persone nella vita devono fare emergere il meglio di se. Ci si accontenta ad avere macchine da consumo . In un contesto di questo tipo i matrimoni sono un enigma in partenza e rischiano di nascere morti.
@Toni
Io credo che uno dei compiti dello Stato sia aiutare le persone che non ce la fanno da sole e tutelare i diritti delle persone e questo lo deve fare con il contributo di tutti i cittadini. In questo senso lo Stato dovrebbe tutelare le persone dentro l’istituzione matrimonio, ma sempre rispettandone la personalità e senza imporgli regole di vita (ovviamente in rispetto delle leggi) perché altrimenti diventa un ricatto. Poi se la critica era rivolta a me personalmente io convivi quindi sono coerente con quello che ho detto, anche perché appunto non condivido il matrimonio così come viene inteso dalle nostre leggi.
Ti faccio presente però che in Italia una certa cultura ha osteggiato per molti anni le convivenze e fino a non molti anni fa non c’erano molte persone che riconoscevano come legittima questa scelta.
Lo Stato non impone “regole di vita” perché non impone il matrimonio, ma lo disciplina. Poi il matrimonio si sceglie. Il ricatto, dove starebbe?
Mi sembra, piuttosto, nel “ridisegnarlo”, che si pretende un quadro di diritti, senza un corrispettivo quadro di doveri che lo giustifichi.
Il problema oggi , temo, risiede nell’insofferenza verso la parola “impegno”. Insofferenza che è oggi diffusa per un orientamento generale che spinge verso una “spontaneità” intesa come libertà emotiva escludendo qualità umane come volontà e riflessione.
PS- Dovresti meglio valutare e contestualizzare certa cultura che ” ha osteggiato”.
Qui il dibattito si è fermato a 40 anni fa e si discute di una legge che oggi nessuno, nemmeno i cattolici, sarebbero disposti a rinunciare, senza contare che nessun paese civile in nome del”fondatore del cristianesimo” obbligherebbe una persona a sacrificare la propria vita continuando una relazione che non tollera più.
L’unico risultato che paradossalmente si otterrebbe oggi abrogando la legge sul divorzio è che nessuno si sposerebbe più.
Purtroppo è così Filomena, oggi va di moda la flessibilità: rendiamo facile licenziare, così renderemo più facile assumere; rendiamo facile divorziare, così renderemo più facile sposarsi…
il divorzio sarà sbagliato, ma è utile parlare di più dell’amore e del rispetto reciproco. uno dei due si comporta male? non serve dire “sopportare” o “la croce”. o non solo. un problema se c’è va affrontato e risolto fino in fondo. credo che dal 1974 sia venuto fuori un problema insito nella società italiana, ossia che non pochi italiani volevano abbandonare il partner col quale non andavano d’accordo. a prescindere di chi era la colpa. e senza scendere nel particolare è ovvio che come si può divorziare e la gente divorzia qualcosa non è andato bene nel mondo cristiano. in pratica prima se andava bene tutto ok ma se andava male, e per chi andava male, era la legge del menga. e tutto dicendo che occorre sopportare. si ma uno sopporta sperando che l’altra parte migliori. ma se così non è…
si è parlato, nel cristianesimo, di amore coniugale ma forse un po’ troppo del sopportare. occorreva parlare meno del sopportare e più dell’amore.
i costumi sono cambiati a causa dei media? vero (ma non solo), lo dico pure io. ma allora come mai ci siamo fatti giocare così facilmente? una bella figura non ce la facciamo proprio.
Mike, questa nuova interpretazione del Cristianesimo la dovrebbe spiegare al Fondatore, che ha sopportato e non poco. Ma forse lei sarebbe stato tra quelli che sotto la Croce dicevano “Ha confidato in Dio, lo liberi Lui se Gli vuol bene”…
Concordo appieno!
secondo me finchè si parla così come parla lei non si arriva da nessuna parte. infatti negli ultimi decenni l’italia ha legalizzato varie cose, presunte (=false) conquiste civili, e il cattolicesimo pare abbia lasciato correre ossia pare sia stato impotente di fronte agli eventi. come se finchè riusciva ad imporsi anche con la forza e la paura tutto ok, poi negli ultimi 50/60 anni come la società è stata dirottata verso il laicismo il cattolicesimo sia rimasto impotente. come cioè se in fondo gli serviva molto l’uso della paura e della forza, più dell’argomentazione. abbiamo un grande di nome san Tommaso d’aquino e altri come lui, anche se li conosco poco ma il poco basta, solo che chi li ha letti? in quanti italiani li hanno letti anche poco? siamo onesti, la fede l’hanno insegnata spesso con la storia della paura del giudizio divino. cioè spesso se non sapevano che dire dicevano che o fai così o sennò se poco poco muori in stato di peccato mortale poi c’è il giudizio divino. nel caso del divorzio tale discorso si deve fare a chi in una coppia ha la maggior parte della colpa (e può capitare, a sentirne in giro…) non solo o soprattutto a chi magari esausto se ne va. non è possibile prendersela con chi lascia senza andare a fondo nelle cause. in generale non basta dire il “divorzio no, è un grave peccato”. lo è ma all’atto pratico non funziona se non c’è più il tabù sociale ma anzi c’è una legge che ti permette di divorziare.
il laicismo ci ha fregato perché certe cose sbagliate le fa vedere come diritti umani, mentre il cattolicesimo è ancora parecchio arroccato (=oltre il necessario) sulla forma mentis del peccato e del castigo. in fondo questo è il punto della questione.