«L’è campà cume un pirla, l’è mòrt cume un re. Grazie». Storia della Maddalena Grassi
MADDALENA GRASSI. Così è nata la Maddalena Grassi, fondazione laica di diritto privato senza scopo di lucro, che oggi si prende cura con grande professionalità di oltre 1.800 malati cronici, tra cui 120 bambini con patologie gravi o gravissime, ed entra ogni giorno in più di 700 case di Milano e provincia per l’assistenza a domicilio. Ma nel 1991 sembrava impossibile mettere in piedi un’opera del genere, anche piccola, e i fondatori, che da dipendenti di tre diversi ospedali milanesi avevano cominciato a seguire gratuitamente a casa i pazienti dimessi senza assistenza adeguata sul territorio, non esitano a parlare di Provvidenza .
LA CASA, LA CURA. La nascita e lo sviluppo di un’opera del genere, che nei suoi 26 anni di vita si è già presa cura di decine di migliaia di malati, tra i quali quel Fabiano Antoniani che ha scelto il suicidio assistito in Svizzera, è stata raccontata in un bel libro editato da Itaca dal titolo La casa, la cura. Ti ho incontrato per sempre (pp. 139, 12,50€). Nel prezzo è compreso anche un prezioso dvd, un docufilm di Paolo Lipari con interviste a operatori e familiari girate presso il domicilio di alcuni pazienti e nelle sedi di Vigevano, Seveso e Concorezzo.
[pubblicita_articolo allineam=”sinistra”]AIDS E STATO VEGETATIVO. Perché la Maddalena Grassi non è solo assistenza domiciliare. Negli anni ha aperto tre case per malati di Aids, due comunità per malati psichiatrici e una struttura per malati in stato di minima coscienza e stato vegetativo. La fondazione è accreditata presso il servizio sanitario nazionale, fattura 20 milioni l’anno e reinveste tutti gli utili per migliorare costantemente la qualità dei servizi.
MUSCOLI E CUORE. Ma questi sono i muscoli, mentre come dice il direttore generale Alessandro Pirola, uno dei fondatori, la cosa più importante è il «cuore». E questo lo descrive bene nella prefazione del libro monsignor Paolo Martinelli. La Maddalena Grassi non è solo una fondazione profetica, perché ha intuito negli anni 90 che con lo sviluppo della tecnologia medica il problema della sanità sarebbe stato quella della cronicità e di migliaia e migliaia di pazienti che necessitano di assistenza domiciliare qualificata, è anche un’esperienza che «sa guardare il bisogno di salute, che segna la persona inferma, nell’orizzonte più ampio della condivisione del desiderio di salvezza e felicità».
«L’È MÒRT CUME UN RE». E non sono i numeri (o non solo) a dimostrare quanto questo approccio sia adeguato ed efficace, ma un esempio raccontato nel testo dallo stesso Pirola. «Ricordo l’incontro avuto con il papà milanese di un ragazzo morto giovane in una delle nostre case dopo una vita dissennata; scendeva le scale lasciando la camera in cui il figlio era appena spirato e abbracciandomi mi disse: “L’è campà cume un pirla, l’è mòrt cume un re. Grazie”». L’episodio è incredibilmente simile a quello ben più famoso raccontato da santa Teresa di Calcutta, alla quale un uomo raccolto per strada disse: «Ho vissuto come un animale nelle strade, ma adesso morirò come un angelo, amato e curato».
Foto @ Fondazione Maddalena Grassi
[cham_piede]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!