Fra i tanti cartelli che le neo-vetero-femministe hanno esposto durante la manifestazione di Milano “Usciamo dal silenzio”, in difesa della legge 194, ce ne era uno – fra i più piccoli eppure fra i più significativi – su cui stava scritto: «L’unica legge è il desiderio». Bingo. In poche parole quel manifesto ha riassunto e spiegato qual è il problema in atto sull’aborto. Se il desiderio è legge, la vita non è altro che la registrazione di diritti, la libertà solo l’interstizio fra un desiderio non troppo ingombrante e un altro, la realtà un accidente scomodo tra aspirazioni leggere. Se l’unica legge è il desiderio, il figlio indesiderato è un errore, un reato che attenta alla tranquillità dei nostri appetiti. Per cui, come ha notato acutamente il sociologo Luc Boltanski nel suo La condition foetale, trent’anni d’aborto in Francia hanno posto uno iato incolmabile fra «esseri umani della carne» e «esseri umani confermati dalla parola». Se non lo dico, l’embrione non è persona.
«La dittatura dei desideri», così come l’ha chiamata Benedetto XVI, ha questo primo corollario: seleziona, non solo linguisticamente, ciò che ha diritto ad esserci. Per cui in India mancano all’appello 100 milioni di donne, scelte e scartate dai genitori dopo gli lo screening con l’ultrasuoni. Per cui in Francia – la laica Francia della Ru486, all’avanguardia in materia contraccettiva – in trent’anni ci sono stati sei milioni di aborti (e questa non è una shoah?). Per cui in Italia chi osa chiedere che venga applicata (non cancellata, come vogliono farci credere) la 194 anche nelle sue parti a difesa della vita, viene tacciato di oscurantismo, se non peggio (alla suddetta manifestazione, s’urlava: «Son tornati i tempi bui; Ratzinger, Ruini fatti i cazzi tui» o anche i più espliciti «Ratzinger vaffanculo» e «Ratzinger, Ruini, Hitler, Mussolini»). Un desiderio che prescinda dai dati è violenza. Una realtà che è solo se lo decido io è sogno. Che si sveglino i pro-choice. E che inizino a chiamare le cose con il loro nome: aborto, uno schifo.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
Direttore responsabile
Emanuele Boffi