Leggi L’Espresso e capisci a che punto è l’“associazione propaganda fide”. Naturale che se ci sarà il referendum contro la legge sulla procreazione assistita vincerà il sì. Ma davvero la legge 40 è mostruosa, fetida e oscurantista perché non permette l’uso industriale dell’embrione, non consente la pratica eugenetica, fissa regole certe al Far West in fatto di fecondazione arificiale? Di cosa stiamo parlando? E chi sarebbero i “talebani”? Ai lettori il giudizio, dopo che avranno letto questi appunti presi a una lezione dell’ideologicamente ateo e religiosamente agnostico professor Angelo Vescovi, il maggior esperto italiano della ricerca sulle cellule staminali, codirettore dello Stem Cell Research Institute dell’ospedale San Raffaele di Milano.
MORTE E RIPARAZIONE
Lo stato dell’arte riguardo a come vengano mantenuti integri i nostri tessuti e soprattutto come vengano riparati nel momento in cui avvenga una lesione è il seguente: gli organi e i tessuti sono costituiti da unità elementari, dette “cellule mature”. Lo svolgimento di funzioni da parte delle cellule mature permette all’organismo di funzionare. Ora, ogni tessuto di ogni organo, venuto a costituirsi durante lo sviluppo embrionale, per il solo fatto di dover funzionare è soggetto al consumo, si logora nel tempo. In altre parole, le cellule mature muoiono e devono venire sostituite. A occuparsi di questa opera di manutenzione sono le “cellule staminali” (o “tessuto-specifiche”, a riflettere il fatto che ogni tessuto ha la sua cellula staminale che produce cellule di ricambio). Si tratta di entità biologiche tipicamente “adulte”, al massimo della vita fetale, ossia presenti nel feto e nell’embrione agli ultimi stadi di sviluppo e che, diversamente da tante altre cellule che vengono continuamente sostituite, sono presenti nell’organismo per tutta la vita, dalla nascita alla morte. Non solo si occupano di mantenere integro il tessuto in condizioni normali, fornendo “pezzi di ricambio” e integrandoli nelle giuste posizioni, ma, nel momento in cui si instaura una lesione o una situazione anomala, la cellula staminale riceve dalle cellule distrutte del tessuto segnali chimici che la istruiscono a cambiare il proprio comportamento, a una produzione molto più veloce di cellule mature per riparare il danno. Questa reazione di emergenza dura fin tanto che i segnali rilasciati dalle cellule morte sono presenti, quando essi vengono a mancare la cellula torna alla sua attività di base e il tessuto è stato riparato. Se il processo di rigenerazione continua dei tessuti avvenisse sempre in questi termini, la specie umana sarebbe immortale e immune da qualsiasi patologia. Ma la realtà fisica dice che le cose non sono così: ci si ammala e si invecchia, e, anche se non esclusivamente, la responsabilità è da imputarsi proprio alle staminali. Nell’universo fisico infatti ogni processo è in perdita (l’entropia, il grado di disordine, tende ad aumentare ad ogni ciclo di questo processo), per cui, ad ogni ciclo di ricostruzione del tessuto, la riparazione del danno o la banale sostituzione cellulare non sarà mai perfetta, ci sarà sempre un piccolo errore e questi errori, accumulandosi nel tempo, contribuiscono in maniera significativa all’invecchiamento; non solo, la stessa cellula staminale invecchiando tenderà a produrre cellule invecchiate. è quindi inevitabile che nel momento in cui alcune patologie eccedono la capacità rigenerativa delle cellule non ci sia margine d’azione per le staminali e siamo tutti vulnerabili.
NON SI PUO’ VIVERE PER SEMPRE
Innanzi ai limiti delle staminali è mutuato il concetto di trapianto d’organo nella terapia cellulare, sostituendo le cellule mature distrutte tramite il trapianto di cellule dello stesso tipo che vadano a ripristinare la funzione. Ma l’innesto (produrre cellule, inviarle nel posto giusto con l’istruzione per l’integrazione) è un fenomeno lento e complesso di cui sappiamo ancora poco, perciò accade che la cellula trapiantata sopravviva ma non si integri nel tessuto e non produca azione terapeutica.
Qui nasce il dibattito cellule staminali embrionali-cellule staminali adulte: siccome abbiamo staminali ovunque che ovunque svolgono una funzione, si è cercato di utilizzarle per produrre materiale cellulare da trapiantare nelle situazioni in cui il processo rigenerativo non avvenga naturalmente; le inganniamo, mettendole in una situazione simile a quella di emergenza, dando gli stessi segnali chimici che rilascerebbe il tessuto danneggiato, e le costringiamo a produrre moltissime staminali e cellule mature del tessuto che vogliamo; trapiantiamo le cellule mature e ripariamo la lesione. E qui ritorniamo al problema delle cellule staminali dei tessuti adulti che (ad eccezione di quelle dell’epidermide e dello stroma del midollo osseo) ad ogni ciclo cellulare copiano il patrimonio genetico commettendo errori. Più cicli facciamo, più errori commettiamo: troppi errori commessi, il rischio nel caso migliore è la distruzione della cellula, nel peggiore è la formazione di cellule neoplastiche, tumori. In una specie longeva come la nostra avvengono già tantissimi cicli, e troppi cicli possono accumulare mutazioni pericolose per la sopravvivenza.
STAMINALI EMBRIONALI, CELLULE TOTIPOTENTI MA PERICOLOSE
Qui sono arrivati i nostri eroi delle cellule staminali embrionali: c’è un altro tipo di cellula, staminale o meno, che produca i pezzi di ricambio che ci servono? La risposta è stata trovata nelle “staminali embrionali”, cellule che non sarebbero staminali in quanto compaiono negli stadi molto precoci dello sviluppo embrionale e spariscono quasi immediatamente. Dalla fusione di due gameti nasce lo zigote, un’entità biologica contenente il patrimonio genetico dell’individuo, che si duplica fino a formare una struttura chiamata blastocisti, una cavità centrale chiamata blastocele, cellule particolari che la circondano e producono il liquido che la riempie, e un gruppo di cellule chiamato nodo embrionale: da quel gruppo di cellule si origina l’embrione, ed è da quelle cellule che provengono tutti i nostri organi, tutti i nostri tessuti, 254 tipi di cellule diverse per un totale di 1.015 cellule. È chiaro, salta all’occhio che il nodo embrionale potrebbe benissimo essere la sorgente ideale di cellule per fare i trapianti; hanno una capacità di proliferazione immensa e sanno fare qualunque cosa: cartilagine, cervello, muscolo, qualunque cosa. Posso, in linea di principio, produrre qualunque “pezzo di ricambio”.
Il problema è che queste cellule hanno funzione di “creare” l’individuo, non di “ripararlo”. Se prendiamo queste potenti cellule così come sono, quello che generiamo è uno splendido teratoma, cioè un tumore maligno che ha al suo interno tutti i derivati embrionali. Ma questo è ovvio: i segnali di blocco e differenziamento presenti nel tessuto adulto non sono quelli a cui sono esposte le cellule durante lo sviluppo. In altre parole, le “staminali embrionali” sono cellule potentissime ma tumorigeniche, nel produrre il pezzo di ricambio occorrente producono anche un’altra serie di cose. Perciò, così come sono, non le possiamo usare.
Ricapitolando, da una parte abbiamo le staminali adulte, che andrebbero bene, (non necessitano di istruzioni in quanto svolgono già una funzione specifica), ma che sono fragilissime e non crescono tantissimo, non c’è problema di tumore, ma di ottenerne in quantità sufficienti per effettuare il trapianto. Dall’altra parte abbiamo una cellula che ci dà una quantità enorme di cellule ma che produce tumori e dalla quale non riusciamo a produrre cellule da trapiantare. Senza contare che, una volta prodotti i pezzi di ricambio, non sappiamo se funzioneranno, se si integreranno.
CREARE LA VITA PER DISTRUGGERLA
A questo punto torniamo al momento critico in cui l’embrione comincia a specializzarsi e alle due popolazioni cellulari: una che darà origine al nodo embrionale e alle staminali embrionali, e un’altra popolazione cellulare che darà origine a parti che poi si inseriscono nella placenta e vanno a costituire il sacco amniotico e quant’altro. Entrambe le popolazioni non fanno veramente parte dell’embrione, né dell’uomo quando nasce. Se in questo momento prendiamo quindi una cellula staminale embrionale e cerchiamo di farci un embrione, una vita, non ci riusciamo. Il problema etico è legato al fatto che, per produrre quell’embrione, questa blastocisti (unico stadio in cui si possano prelevare le staminali), dobbiamo produrlo appositamente fuori dall’utero, farlo sviluppare fino allo stadio opportuno, distruggerlo, prendere le cellule embrionali staminali e propagarle per poi fabbricarci le linee cellulari per fare i pezzi di ricambio. Ergo, abbiamo prodotto una vita per distruggerla, per coltivare delle cellule. Utilizzare delle divisioni arbitrali, non biologiche, oggettive, per dire che «a questo punto c’è la vita, prima no», non è possibile. Un embrione è un essere umano, è uno stadio di sviluppo della vita, e come tale non può essere asservito a scopi suppostamente terapeutici e spesso meramente commerciali. Se allora ci fosse un modo magico di produrre le embrionali staminali senza produrre l’embrione, il problema etico crollerebbe.
STAMINALI ADULTE, DA UN PEZZO DI CERVELLO MIGLIAIA DI TRAPIANTI
Il problema è allora considerare come unica terapia possibile il trapianto di cellule, e da qui la contrapposizione sull’uso di una cellula piuttosto che un’altra. Ma l’idea è che non ci sia una alternativa è falsa: parlando di patologie neurodegenerative, è vero che le staminali adulte del cervello sono estremamente difficili da produrre, ma è anche vero che le cellule staminali tessuto-specifiche esistono già nei feti, a livello di feto il cervello così come altri organi è già formato, e anche se tecnicamente diventa più difficile, è possibile estrarne cellule già specializzate a riprodurre il tessuto che vogliamo, con un potenziale di moltiplicazione paragonabile a quello delle embrionali.
L’han già fatto gli italiani nel ’99, con una tecnica che permette di far moltiplicare un numero infinitesimo di staminali del cervello in misura sufficiente per trapiantare tanti pazienti. I numeri alla mano della linea cellulare stabilita dicono che da un singolo feto (da un pezzettino di cervello, non da uno intero) è possibile produrre cellule per trapiantare alcune centinaia di migliaia di pazienti. E questo da un pezzettino, immaginate se avessimo accesso ai tantissimi feti che vengono abortiti. Se la madre dà il permesso, è chiamata donazione d’organo: nessun problema etico. La sola provincia di Milano ha 44 aborti spontanei ogni settimana: fatevi un conto su base nazionale, immaginate di prendere solo il 10% di questi feti, di avere una efficienza di produzione delle cellule dell’1% e in meno di due anni avrete cellule per tutta la popolazione mondiale.
INIEZIONE DI STAMINALI: ANDATE E RIPARATE IL DANNO
Ora, diverse malattie neurologiche causano diversi tipi di danno. Una malattia grave come la sclerosi multipla, in cui il danno non è in un punto, ma è diffuso in tutto il cervello, non è approcciabile andando a trapiantare le cellule nei siti danneggiati: si dovrebbero praticare centinaia di iniezioni nel cervello. In un esperimento fatto su un topo con cellule di topo abbiamo provato a iniettarle in vena; queste cellule, che hanno una potenzialità di riparazione per loro stessa natura, cercano il danno, interpretano i segnali dell’ambiente e riparano il danno. In questo momento tali esperimenti sono stati trasferiti sulla scimmia, utilizzando cellule umane. Quali siano i risultati ancora non sappiamo, ma sappiamo che, in linea di principio, mandare le cellule per l’organismo e lasciare che siano loro a fare ha un senso; le cellule umane le abbiamo ottenute e stiamo cercando di produrle in condizione di sterilità. Siamo a due anni dalla prova sul paziente umano.
CLONAZIONE TERAPEUTICA, UNA VIA INEFFICACE E DOLOROSA
In Australia Alan Trounson, dell’Istituto Riproduzione e sviluppo della Monash University di Clayton, ha sperimentato la possibilità di produrre cellule embrionali staminali, la panacea di tutti i mali, senza generare gli embrioni, e in questo processo non è mai passato per uno stadio che fosse anche solo simile alla vita: ha prodotto embrionali staminali “deprogrammando” cellule adulte senza ritornare all’inizio, come invece si fece con la pecora Dolly. Se questo o altri processi che stiamo sperimentando in Italia (es. l’iniezione di cui sopra) possono riprogrammare una cellula adulta e dare una cellula embrionale che non può fare un essere umano ma può produrre tutto quello che vogliamo, il problema etico è risolto; rimane il fatto che se la cosa dovesse funzionare, tutti i brevetti sulle embrionali staminali ad oggi depositati salterebbero e scoppierebbe una gran bella battaglia. Vie alternative a questa non presentano passi avanti: quando si clona un essere umano la probabilità di successo è una su duecento; poi una volta che l’embrione è stato clonato, le cellule che lo costituiscono soffrono di alterazioni epigenetiche. Sono cellule alterate aberranti che non funzionano bene. Non solo: se sta curando una malattia genetica, la cellula clonata ha esattamente le stesse alterazioni genetiche della cellula malata; e in più, quel povero embrione deve fornire una “linea cellulare”, ma non tutti gli embrioni possono farlo. E se per un caso assurdo riusciamo ad ottenere questa meravigliosa clonazione terapeutica, avremo utilizzato duecento citi (e sono iniezioni ormonali nella donna da impazzire) e non avremo ancora prodotto le cellule per il trapianto.
SECOLI DI RICERCA A PORTATA DI MANO
Pensare di utilizzare la tecnica di iniettare sostanze che stimolino e reclutino le cellule staminali in sito per curare la malattia sembra una via molto più percorribile. Problemi di rigetto? Nessuno, si tratta di cellule del paziente. Invasività? Nessuna, la cellula conosce già il da farsi per mandare e inserire le cellule nel modo giusto. Nel caso, poi, in cui la riprogrammazione non funzioni, allora da dove ricavare le cellule embrionali staminali? Attualmente ci sono trecentomila embrioni sovrannumerarii congelati che presumibilmente non verranno mai impiantati. Non essendo ammissibile produrli a scopo terapeutico (e su questo la legge 40 è buona in quanto ne impedisce la produzione indiscriminata), bisognerà fare una commissione per capire quali siano statisticamente morti e da questi poter derivare le famose linee cellulari. Quelli disponibili ad oggi bastano per i trecento anni a venire. Le alternative le ho illustrate, anche se è ancora troppo presto per parlare di risultati.