Recentemente ha fatto il giro dei blog di tutto il mondo la lettera di un ufficiale medico dell’esercito americano di stanza in Irak in procinto di rientrare negli Usa che, protestando per la scarsa copertura data dai media alle attività di ricostruzione nel martoriato paese, ha voluto proporre una lista sintetica dei progressi che possono fino ad oggi essere vantati. Ecco quali sarebbero:
«Oltre 400mila bambini hanno aggiornato le loro vaccinazioni».
«La frequenza scolastica attuale è superiore dell’80% a quella di prima della guerra».
«Più di 1.500 scuole sono state riparate e liberate dai depositi di armi che vi erano stati collocati».
«Il porto di Um Qasr è stato ristrutturato in modo che possa transitarvi una maggiore quantità di aiuti alimentari».
«In agosto il paese ha raggiunto quota 2 milioni di barili al giorno di petrolio esportato».
«Oltre 4,5 milioni di persone dispongono per la prima volta di acqua potabile».
«Il paese dispone attualmente del doppio dell’energia elettrica di cui disponeva prima della guerra».
«Tutti gli ospedali sono aperti e forniti di personale sufficiente, mentre prima della guerra solo il 35%».
«Si stanno svolgendo elezioni amministrative in tutte le principali città».
«Acquedotti e sistemi fognari sono operativi in tutte le principali città».
«Oltre 60mila poliziotti sorvegliano le strade».
«Oltre 100mila guardie civili provvedono alla sicurezza del paese».
«Oltre 80mila soldati irakeni pattugliano le strade insieme alle forze americane».
«Oltre 400mila persone dispongono per la prima volta di linee telefoniche».
«A scuola vengono insegnate norme di igiene personale e familiare».
«È stata promulgata una Costituzione provvisoria».
«Sono previste elezioni politiche generali per il gennaio p.v. per la prima volta nella storia dell’Irak».
«Alle ragazze è permesso frequentare la scuola».
«Per la prima volta negli ultimi trent’anni i testi scolastici in uso non menzionano Saddam Hussein».
Il soldato Ray Renolds della guardia nazionale dello Iowa, autore di questa lista, conclude il suo messaggio scrivendo: «Ho incontrato in Irak moltissime persone che vogliono assolutamente che noi restiamo. Dicono che loro non vedranno mai le libertà di cui noi parliamo, ma che le vedranno i loro figli. Stiamo facendo un buon lavoro in Irak e sfido chiunque, ovunque sia, a mette in discussione questi fatti. Se vi capita di imbattervi in John Kerry, fategli avere questa e-mail e ditegli di venire a Denison, nello Iowa. Questo soldato gli spiegherà come stanno veramente le cose».
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi