La replica a Tempi dell’ambasciata dell’Azerbaigian
Riceviamo e pubblichiamo la nota dell’ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian.
Spett.le Direttore,
Scriviamo la presente, di cui chiediamo gentile pubblicazione, a replica dell’articolo pubblicato il 17 dicembre 2022: “L’Azerbaigian ci isola dal mondo: è una catastrofe umanitaria”, a firma di Leone Grotti. L’articolo riporta un’intervista al cosiddetto ministro degli Esteri dell’”Artsakh”, David Babayan. E’ interessante constatare però come non esista alcuna entità statuale così definita. La guerra Patriottica dei 44 giorni del 2020 ha posto fine ad un conflitto le cui uniche controparti sono sempre state Armenia ed Azerbaigian. La stessa Dichiarazione Tripartita, a cui il vostro articolo fa riferimento, ha visto il coinvolgimento di Armenia, Azerbaigian e Federazione Russa. Non esistono altre parti coinvolte, non esiste uno stato definito “Artsakh” – che infatti non è riconosciuto da nessuno stato al mondo, inclusa la stessa Armenia, e di conseguenza non si può parlare di un “ministero degli Esteri dell’Artsakh”.
Ci sorprende che, nonostante siano trascorsi due anni dalla liberazione dei territori dell’Azerbaigian dall’occupazione dell’Armenia, ancora ci sia chi ignori la realtà della situazione e la drammaticità di quanto avvenuto, per il popolo azerbaigiano.
Per quasi 30 anni l’Armenia ha tenuto sotto occupazione militare circa il 20% del territorio dell’Azerbaigian, causando devastazione e rovine. A causa di questa occupazione, 1 milione di azerbaigiani sono divenuti rifugiati e profughi interni, costretti a vivere lontano dalle proprie case e impediti anche della possibilità di visitare le tombe dei propri cari. Il popolo Azerbaigian è stato vittima di persecuzione e pulizia etnica, ed il genocidio di Khojaly, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, ne è drammatica testimonianza.
Nonostante per tre decenni numerosi documenti internazionali richiedessero all’Armenia di ritirare le sue truppe dai territori dell’Azerbaigian, incluse 4 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (#822, #853, #874 e #884) ciò non è mai avvenuto, fin quando l’Azerbaigian, con la Guerra Patriottica di 44 giorni dell’autunno 2020, ha autonomamente ripristinato la sua integrità territoriale.
Lo scenario che si è aperto allo sguardo dei visitatori, tra cui anche molti italiani, all’indomani della liberazione, è stato di un territorio distrutto, martoriato e oggetto di una capillare distribuzione di mine antiuomo, che ancora oggi causa il principale ostacolo alla vivibilità di quelle aree. L’Azerbaigian sta lavorando duramente per la ricostruzione di questi suoi territori, per il loro sminamento, e perché possano divenire un luogo di vita e di pacifica convivenza.
Per chiarire quanto sta avvenendo in questi giorni, come evidenziato dal Ministero degli Esteri dell’Azerbaigian, respingiamo fermamente le dichiarazioni infondate del Ministero degli Esteri dell’Armenia del 13 dicembre 2022, che attribuiscono all’Azerbaigian responsabilità per la situazione sulla strada Shusha-Lachin e distorcono gli obblighi, nel quadro degli accordi raggiunti.
In relazione all’accusa che la chiusura della strada di Lachin causerebbe ai residenti armeni dell’area una crisi umanitaria, è stato evidenziato che la strada per Lachin è stata chiusa non dai manifestanti azerbaigiani. L’Azerbaigian non ha imposto alcuna restrizione al traffico lungo la strada di Lachin. Non esiste un blocco sugli armeni locali e non sussiste una così detta catastrofe umanitaria. Le forze di pace della Federazione Russa sono incaricate dell’organizzazione del movimento dei cittadini, merci e veicoli lungo la strada. I rappresentanti della società civile dell’Azerbaigian cercano di impedire il trasporto illegale di risorse naturali saccheggiate, che avviene regolarmente e già più volte denunciato, ma non interferiscono con le questioni relative al movimento di altri veicoli per scopi civili.
L’Azerbaigian ha evidenziato in molte occasioni il mancato rispetto da parte dell’Armenia di quanto previsto dalla Dichiarazione firmata dai Leader di Azerbaigian, Armenia e Russia il 10 novembre 2020, in particolare il mancato ritiro delle forze armate armene dal territorio dell’Azerbaigian in violazione del paragrafo 4, l’abuso della strada di Lachin per provocazioni militari, nonché per attività economiche illegali, in violazione del comma 6, e l’ostacolo all’apertura di tutte le comunicazioni di trasporto nella regione, in violazione del comma 9.
La protesta condotta dalla società civile azerbaigiana e dagli attivisti ambientalisti sulla strada di Shusha-Lachin negli ultimi due giorni è un indicatore della legittima insoddisfazione della società azerbaigiana, e questa posizione dovrebbe essere rispettata.
A differenza dell’Armenia, l’Azerbaigian, promotore dell’agenda di pace, non è interessato alla creazione di tensioni nella regione, bensì garantisce la sicurezza e l’integrità dei suoi territori per motivi legali e chiede ancora una volta di fermare immediatamente l’attività economica illegale nei territori dell’Azerbaigian, dove è temporaneamente dispiegato il contingente di mantenimento della pace russo.
Sperando di aver fatto chiarezza in una questione di estrema importanza,
Cordialmente,
Nemat Aliyev
primo segretario, Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian
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