La discesa dei francesi in Italia

Di Daniele Forti
16 Novembre 2020
Una relazione del Copasir mette in luce il pericolo di una minor tutela dei nostri interessi nazionali se banche e assicurazioni passano in mani straniere

“Insomma, c’è qualcuno che vuol favorire interessi francesi in Italia?”. Questa domanda campeggiava il 10 novembre in un articolo di ItaliaOggi. Effettivamente essa appare legittima, se si leggono attentamente le circa 40 pagine della Relazione del Copasir (Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica) a firma del deputato E. Borghi (Pd) e del senatore F. Castiello (M5s). Oltre alle attività di controllo del comparto intelligence, il Copasir ha avviato una attività di monitoraggio e verifica della tutela degli interessi nazionali in alcuni settori strategici per il paese: banche e assicurazioni in primo luogo.

Borsa Italiana

Fra le operazioni in atto sono in primo luogo le trattative sul gruppo Borsa italiana a catturare l’attenzione. Da quasi venti anni Borsa italiana è controllata da London Stock Exchange (Lse), a cui è stata ceduta (forse con eccessiva disinvoltura) dal gruppo di banche italiane che ne deteneva il controllo, allo scopo di inquadrare il nostro mercato dei capitali in un contesto più internazionale. Oggi Lse sta progressivamente acquisendo una identità anglo-americana; in questa ottica va inquadrato il suo progetto di acquisizione di Refinitiv, il secondo gruppo al mondo nella gestione di dati finanziari dopo Bloomberg. Per non cadere sotto l’accusa di abuso di posizione dominante, Lse ha posto in vendita Borsa italiana. Le trattative sono state condotte con una pluralità di offerenti: Deutsche Borse, Swiss Exchange ed Euronext. Quest’ultimo soggetto ha il suo riferimento a Parigi e si è messo in cordata con la nostra Cassa depositi e prestiti, Banca Intesa e altri azionisti minori. L’aggiudicazione, che è avvenuta per 4,325 miliardi di euro, è stata seguita direttamente dal nostro ministro del Tesoro Roberto Gualtieri. 

Non si può non apprezzare il fatto che Borsa italiana sia tornata in qualche misura in mani italiane, «attesa la strategicità dei meccanismi che sovrintendono ai mercati azionari: un mercato definisce il listino e i meccanismi di quotazione, fissa le regole, le tariffe e stabilisce le procedure di accesso a forme di finanziamento alternative al canale bancario». Inoltre, Borsa italiana controlla direttamente la società Mts che è la principale piattaforma di negoziazione all’ingrosso di titoli di Stato e delle operazioni “pronto contro termine” su di essi effettuate. Sorprende, tuttavia, l’opacità con cui è avvenuta la transazione cioè non sono noti i motivi per cui è stata accantonata l’offerta di Deutsche Borse (la più vantaggiosa) e quella di Swiss Exchange. È difficile non restare con l’amaro in bocca per un altro effetto negativo della Brexit. London Stock Exchange è la più grande borsa in Europa: sono quotate a Londra tante società quante in tutte le altre borse europee. Londra è inoltre il più grande mercato dei capitali in Europa, cioè quello in cui affluisce liquidità da tutte le altre parti del mondo. Quando una società italiana è ammessa alla quotazione in Borsa italiana solitamente prepara anche un Information Memorandum in inglese per raccogliere fondi a Londra ed eventualmente a New York. Passare da Londra a Parigi potrebbe rappresentare un doloroso passo indietro!

Unicredit

Unicredit coniuga una posizione di leadership nel settore bancario nazionale e una ramificata presenza in 18 paesi nel mondo fra i quali spiccano la Germania, l’Austria e l’Europa centro-orientale. Secondo il Copasir «l’istituto milanese ha assunto negli ultimi anni alcune iniziative volte ad affrancare la banca dall’Italia». Si citano la cessione di alcuni gioielli quali Fineco e Pioneer e una parte significativa del portafoglio di titoli di Stato, che è diminuito di circa 11 miliardi di euro dal 2016 ad oggi. Si passa poi ad esaminare la prospettata costituzione di una subholding nella quale concentrare tutte le partecipazioni estere in vista della loro eventuale cessione. Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di possibili fusioni con la banca tedesca Commerzbank, ovvero le banche francesi Crédit Agricole e Société Générale. «A parere del Comitato, le iniziative da parte di attori esteri su entità strategiche per la sicurezza nazionale rappresentano un rischio di particolare rilevanza per il sistema bancario e del pubblico risparmio».

Oltre a pregiudicare l’indipendenza della banca, le risorse raccolte da Unicredit presso famiglie e imprese italiane, potrebbero essere impiegate per finanziare territori e sistemi produttivi esteri. La banca milanese ha appena effettuato la cooptazione nel consiglio di amministrazione dell’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che da aprile sarà il nuovo presidente. Unicredit potrebbe concentrarsi sull’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena, ultimo grande gruppo da ricollocare. Padoan lo conosce molto bene, essendo stato la controparte istituzionale nel momento del salvataggio realizzato con l’entrata dello Stato italiano nel capitale sociale della banca senese (68 per cento e oltre 6 miliardi di euro). La nomina di Padoan ha sollevato non poche perplessità, poiché è contraria quanto meno alla prassi vigente in Italia per cui un uomo politico non è mai passato dalla politica attiva (Padoan si dimetterebbe da parlamentare Pd) ai vertici di un importante istituto bancario di rilevanza nazionale.

Generali

Oltre ad essere il primo operatore assicurativo in Italia e uno dei principali al mondo con circa 70 miliardi di premi, il Gruppo Generali S.p.A. detiene investimenti rilevanti sia nei titoli di Stato italiani, sia nei titoli obbligazionari e azionari delle imprese italiane. Recentemente il Gruppo ha assunto una partecipazione strategica in Cattolica Assicurazioni. Il Copasir evidenzia la preoccupazione nei confronti di operazioni finanziarie potenzialmente finalizzate alla cessione di Assicurazioni Generali a gruppi assicurativi esteri, tra cui AXA S.A., di proprietà francese». Nel recente passato il gruppo francese Cnp Assurance SA ha acquisito Roma Vita e Cisalpina Previdenza, mentre Compagnia Nuova Tirrena è entrata a far parte del Gruppo francese Groupama. La quota di debito pubblico italiano detenuta da queste compagnie di assicurazione diventerebbe talmente rilevante da porre «un rischio strategico e di rilievo per l’interesse nazionale».

Banco Bpm

Vorrei aggiungere da parte mia che anche il Gruppo Bpm ha recentemente reso pubblico il piano di procedere ad una integrazione con la banca francese Crédit Agricole, che possiede in Italia una numerosa rete di sportelli frutto di molteplici acquisizioni nel tempo. Crédit Agricole acquisirebbe una posizione dominante attraverso la realizzazione di una acquisizione inversa (reverse merge), cioè una fusione per incorporazione di Crédit Agricole S.p.A. nel Gruppo Bpm, arrivando però a detenere almeno il 30 per cento di quest’ultima e ponendosi come socio di riferimento. L’operazione potrebbe essere portata a termine entro la primavera prossima.

Il gruppo Banco Bpm-CA conterebbe 32 mila dipendenti e assets totali per oltre 252 miliardi di euro, di cui 179 relativi a Banco Bpm e 73 a CA, diventando così il terzo gruppo bancario italiano. I proventi operativi combinati arriverebbero a 6 miliardi, con un utile netto da 1,1 miliardi di euro. Secondo quanto riferisce il 19 ottobre 2020 il Corriere della Sera le maggiori “criticità” ancora sul tavolo sarebbero «soprattutto di natura politica, visto che il Crédit Agricole è francese», mentre dal punto di vista funzionale nessuno dubiterebbe del senso dell’operazione: «Si creerebbe un gruppo solido, con ragionevoli sovrapposizioni che diminuirebbero alla luce dell’aggiornamento del piano industriale e con buone prospettive di crescita».

Conclusioni

Nelle sue conclusioni, la relazione del Copasir evidenzia la preoccupazione che «oltre a un diretto impatto in termini occupazionali e alla possibile perdita di consistenti flussi connessi alle entrate fiscali, l’eventuale trasferimento di campioni nazionali bancari, assicurativi e finanziari all’estero potrebbe diminuire la capacità delle istituzioni nazionali di monitorare e garantire l’implementazione di politiche di investimento coerenti con la necessità del territorio in cui risiedono e da dove tali istituti raccolgono la maggior parte delle loro risorse finanziarie».

Foto Ansa

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