La cosa più difficile sarà togliere a Putin la sua arma migliore: il gas

Di Gianluca Salmaso
25 Febbraio 2022
L’attacco in Ucraina fa impennare ancora i prezzi dell’energia. Torlizzi: «Cancellare Nord Stream 2 decisione peggiore di quella di avviare il progetto»
Nord Stream 2
Un cartello che indica Nord Stream 2 nei pressi dell‘impianto di approdo del gasdotto russo-tedesco a Lubmin, Germania (foto Ansa)

La Russia ha invaso l’Ucraina ma con la stessa velocità con cui i blindati del Cremlino hanno occupato città e villaggi la borsa di Mosca ha perso terreno, riducendo di un terzo il proprio valore.

Il panico si è diffuso nei mercati dalla prima mattina di giovedì e le annunciate sanzioni «senza precedenti» non hanno certo rasserenato gli animi.

«Il forte livello di incertezza sta influendo sull’andamento delle borse, a cominciare da quelle dell’Asia che hanno raggiunto il loro minimo dal 2020, quando si erano diffuse le prime notizie sulla pandemia da coronavirus» (Il Post).

Incertezza, virus contagioso

Pesanti le borse asiatiche, dal Giappone a Shanghai, ma non fa meglio Milano. New York apre con un ribasso del 3,45 per cento.

«La debolezza dei mercati statunitensi sembra la più evidente e tale movimento sembra essere causato dal sentiment piuttosto che da fattori economici, in cui sembra che i mercati siano passati dalla modalità “wait and see” a quella del panico» (Altaf Kassam, Milano Finanza)

I mercati sono tornati ad apprezzare l’oro, bene rifugio per eccellenza, e hanno lasciato sul piatto, almeno per il momento, le criptovalute che registrano un netto calo. Anche l’euro sconta la sua gioventù sul dollaro, considerato da decenni una garanzia in tempi di incertezze economiche. Molto male il rublo arrivato ai minimi storici nonostante gli interventi della banca centrale russa.

La prova dell’energia

Se le borse cadono a picco, i prezzi dell’energia sono ai massimi: il greggio supera di slancio i 100 dollari al barile e il gas ha toccato un picco del 60 per cento a 143 euro per megawattora, prima di ripiegare a 126 euro. Ieri in serata «il future Ice Ttf di Amsterdam, riferimento per il prezzo del metano europeo, ha chiuso le contrattazioni con un balzo del 51,1% a 134,3 euro per megawattora», informa l’Ansa.

«Questa crisi è destinata a durare ancora a lungo», spiega a Tempi Gianclaudio Torlizzi, esperto di commodities e fondatore della società di consulenza T-commodity. «Anche quando Mosca fermerà l’attacco, manterrà molto forte la pressione sul gas per la fase delle negoziazioni». L’energia e le materie prime rischiano insomma di essere una delle armi non convenzionali di questa guerra, destinate a colpire trasversalmente l’economia. Un arsenale a disposizione di Putin su cui le sanzioni rischiano di avere effetti limitati e spesso collaterali.

«Pesa anche la scellerata decisione tedesca di cancellare Nord Stream 2, ancora peggiore di quella di avviare il progetto», continua Torlizzi. «L’errore è stato inizialmente quello di fare il gasdotto, perché avrebbe sancito un abbraccio ancora più forte della Russia nei confronti della Germania. Nel momento in cui è stato portato avanti, la Russia ha cominciato a ridurre i flussi attraverso l’Ucraina. Quando poi avrebbe dovuto iniziare a lavorare a pieno regime, è stato bloccato per ragioni politiche». E la speranza di vedere abbassarsi il prezzo del gas è sfumata, almeno nel breve periodo.

Stretti tra fonti green e gas russo

Se la Nato non intende schierare i propri eserciti a protezione dell’Ucraina, dopo le sanzioni il secondo strumento che ha a disposizione per tentare di riportare il Cremlino a più miti consigli è quello di ridurre la propria dipendenza energetica dal gas russo. «Se oggi siamo nella situazione attuale è grazie alle politiche energetiche particolarmente zelanti che l’Europa e la Germania hanno voluto imporci», chiarisce l’esperto. «Oggi l’Italia ha bisogno di una politica energetica seria di diversificazione delle fonti fossili perché non ci può essere green senza una fonte stabile di carburante fossile».

Il problema delle fonti energetiche green come eolico e solare è, in ultima istanza, la loro instabilità dovuta al meteo, e per compensarne gli squilibri serve una fonte energetica “tradizionale“ su cui poter contare. È per questo che oggi siamo al punto di dovere «importare il 45 per cento del gas dalla Russia», come ha ricordato mercoledì Roberto Cingolani, ministro della Transizione egologica). Ma come si fa se il gas russo viene a mancare?

Trivelle, rigassificatori, riserve strategiche

Mentre il nucleare torna a candidarsi come valida fonte alternativa, ma solo nel lungo periodo e con molte resistenze da vincere, il governo ha annunciato di voler tornare a estrarre il metano presente nell’Adriatico in quantità, con l’obiettivo di raddoppiarne o triplicarne la produzione in tempi brevi: «Il mio algoritmo è semplicissimo», ha detto sempre Cingolani: se tengo il gas totale costante e quindi ho lo stesso impatto ambientale e nel tempo questo dovrà diminuire, come previsto dagli accordi di Parigi, meglio che ne produca in casa mia che importarlo, almeno è più gestibile».

«Si tratta di una mossa benvenuta ma non certo sufficiente», commenta Torlizzi. «Se si vuole iniziare veramente a diversificare le fonti energetiche, si deve portare avanti innanzitutto lo sviluppo dei rigassificatori e poi stipulare con i paesi del Mediterraneo dei contratti di lungo termine. E poi fare pressioni al livello comunitario affinché tutti i paesi europei, Germania in primo luogo, adottino gli stessi severi standard dell’Italia in quanto a riserve strategiche di gas».

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