
La blasfemia con le paillettes di Sanremo

Il vescovo di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, ha sentito l’esigenza di esprimere le sue preoccupazioni per l’esibizione di Achille Lauro al Festival. Ma perché lo abbiamo lasciato solo? Anche molte persone qualunque hanno accusato un disagio, un’amarezza per le scene proposte. La superficialità strafottente nell’usare gesti e simboli che appartengono alla nostra religione e che racchiudono la storia umanamente più interessante, ha sortito l’effetto di uno schiaffo dato con il sogghigno di chi sa cosa vuol colpire. La cosa più inquietante è il predominare del “pensiero unico” sulla vita e sulla persona. Il coro unanime che osanna i “quadri” di Lauro mi è parsa una delle tristi conseguenze di chi in lockdown ha messo anche la semplice voglia di reagire. Insomma… “zitti e buoni”. Zona rossa per chi vorrebbe un po’ di rispetto. Tutto è ormai uguale a tutto. Alcuni dei vostri battaglieri autori non potrebbero dire almeno una parola? Grazie.
Marina Garlasche via email
Monsignor Suetta ha fatto bene a intervenire per «confortare la fede “dei piccoli”», come lui stesso ha dichiarato. E su tempi.it Rodolfo Casadei, parlando della polemica sul “direttore” d’orchestra Beatrice Venezi, ha già detto tutto quel che c’è da dire sul Festival di Sanremo: «Lo scopo principale del Festival di Sanremo non è quello di promuovere la musica leggera italiana, ma di formare gli italiani ai dettami della cultura dominante, quella attraverso cui si innerva il potere dell’establishment».
Per come la vediamo noi si tratta di gente con poco sale in zucca, che ha tra le meningi qualche neurone clandestino a bordo, personaggetti che vivono di polemicuzze di misero conio dentro una bolla pop. Meschini che non hanno nemmeno la grandezza del male, sfigatelli che per far parlare di sé si travestono, si baciano in bocca sul palco, cercano in tutti i modi di scandalizzare con mezzucci così scontati e telefonati che erano già vecchi quando i nostri nonni erano all’asilo. Che noia. In loro nemmeno la provocazione è una cosa seria: è blasfemia con le paillettes per ricevere un applauso dalla loro claque su Twitter. È il dissenso degli omologati inconsapevoli di esserlo, una cosa così squallida che meriterebbe solo il consiglio virgiliano in Inferno III: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Achille Lauro, Amadeus e Fiorello… l’anno scorso era stata la volta di Roberto Benigni. Tutti maggiordomi del potere, che altro c’è da aggiungere? Il punto, a noi pare, è quello di sottrarsi al giochino della reazione e di sfidarli, invece, ad essere davvero “alternativi”. Ad esempio, agli antagonisti col culo al caldo che hanno portato in processione una Madonna a forma di vagina per le vie del quartiere Montesacro di Roma, andrebbero mostrate le immagini dei cristiani iracheni di Erbil che, durante la Messa con papa Francesco, hanno fatto benedire la statua della Madonna di Karamles. La scultura era stata vandalizzata dai miliziani dell’Isis nel 2014 che le avevano mozzato la testa e le mani. Dopo la liberazione la scultura è stata restaurata, lasciando in evidenza i segni dei crimini commessi dai terroristi per ricordare a tutti che «nonostante le persecuzioni, i cristiani devono resistere». Si capisce la differenza, no?
A tutti questi rivoluzionari con la faccia da impiegati non va data troppa corda, è quello che si attendono per ingrassare il loro remunerato narcisismo. Io, per dire, non accendo la tv da quindici anni. Contro il virus dell’omologazione dominante, è un vaccino con una percentuale di efficacia del 100 per cento.
Foto Ansa
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