Il risultato elettorale di Formigoni nella città di Milano supera tutti i risultati riportati da candidati nella storia della città e il risultato di Forza Italia supera quelli riportati dalla Dc (che è sempre stato il primo partito della città) in tutte le elezioni del dopoguerra.
Tali esiti, assolutamente eccezionali, possono essere compresi solo se si guarda la realtà milanese con attenzione e disposti a capirne le ragioni.
Milano città laica e aperta Nella storia politica della città le posizioni estreme di destra o di sinistra non hanno mai avuto un peso importante. Anzi, va ricordato che fino a metà anni 50, il Pci resta il terzo partito della città e solo dopo la svolta antistalinista si afferma come secondo partito.
La Dc è primo partito per tutto il periodo post bellico ma non raggiunge mai né la maggioranza assoluta né i primati di altre zone italiane. Con spostamenti di voti all’interno dei singoli partiti vi è una componente laica (liberali, repubblicani e socialdemocratici) che ha costantemente il peso della democrazia cristiana. Dopo la svolta autonomista di Bettino Craxi è il Psi milanese ad essere il principale erede di questa componente fondamentale della città.
L’aridità di questi brevi cenni ai fatti elettorali non deve nascondere il fatto che dietro questi risultati vi è il lavoro e l’impegno di migliaia di persone. Sono coloro che hanno costruito nel tempo i circoli culturali, le cooperative, le fondazioni, le associazioni sindacali e di impresa e che hanno arricchito la città di idee e iniziative.
Sinteticamente si può dire che le correnti riformiste di origine laica, cattolica e socialista hanno sempre avuto un peso equivalente nella società e, quando si sono incontrate nell’agire politico, hanno dato vita alle principali scelte di innovazione per la città: dalla scelta di costruire la metropolitana, alle imprese municipali alle scelte per difendere il ruolo della Fiera di Milano.
Formigoni ha sbaragliato una sinistra fuori dal mondo, cupa e razzista Io penso che l’azione di governo che Formigoni ha portato avanti nel corso della passata legislatura, e che ha caratterizzato la campagna elettorale, sia riuscita a raccogliere il consenso dei riformismi milanesi e per questo ha ottenuto i risultati che abbiamo visto. Riformista è stata la capacità di rispondere alla necessità di crescita della società, rispondere alle sfide dell’innovazione economica e tecnologica, offrire a tutti maggiori opportunità di lavoro e cultura. Fare questo coinvolgendo le forze della società, facendo arretrare lo statalismo è stato essenziale, perché la sussidiarietà fosse capita a fondo e fosse la molla per una reale riforma delle vecchie strutture del welfare statalistico per il passaggio alla welfare society. Se quanto detto finora ha avuto un peso reale nella ultima vicenda politica appare ancora più eclatante la scomparsa della sinistra in questo dibattito. La sinistra milanese ha perso completamente la sua storica capacità di rappresentare la città. Certo perché è apparsa conservatrice, legata solo ad una società che non esiste più e tesa a difendere posizioni di potere che non hanno più rispondenza con i bisogni di Milano.
Ma soprattutto secondo me la sinistra ha perso l’amore per questa realtà. Si presenta costantemente come rappresentante di un’altra Milano. Alla Milano che lavora, si innova, cerca nuove strade per continuare ad essere competitiva con le aree metropolitane sviluppate la sinistra contrappone una “sua” Milano fatta di assenza di solidarietà, razzista, immobile di fronte ai cambiamenti. E’ una Milano che non esiste ed è il frutto della lontananza dalla realtà.
Hanno ballato coi lupi e si sono fatti puro Potere Così la sinistra non riesce più a dare forma a programmi reali, viene vissuta come contrapposta e lontana dalla Milano reale. Se non parti dalla realtà così come essa è, diventa impossibile comunicare con tutti e sei solo una parte sempre più estranea ai processi reali che avvengono.
Gli anni ’90 ci consegnano così una sinistra che annaspa per darsi una identità e appare priva di qualsiasi bussola di orientamento. Non ha il coraggio di rileggere la propria storia sapendo distinguere fra errori e scelte positive che pure erano state fatte. Ha sostituito all’ideologia per cui valeva la pena porsi l’obiettivo di cambiare il mondo un cupo giustizialismo per cui gli avversari sono comunque nemici con cui non si può discutere ma devono essere distrutti.
Ogni alleanza è accettata purchè utile al raggiungimento di posizioni di potere. E’ così che dopo ogni elezione si apre un dibattito pubblico su chi guiderà le truppe della sinistra e diventa di pubblico dominio che vi sono solo personalismi e nessun gruppo dirigente.
La nuova “sinistra”? Cercatela in Forza Italia e nella Cdo A Milano vi è stata per anni una sinistra riformista che già a metà anni ’80 proponeva i buoni scuola come sistema per riformare il welfare in crisi e creare un nuovo e unico sistema scolastico, che considerava le privatizzazioni una necessità per lo sviluppo, che, proprio per difendere il lavoro, era per introdurre flessibilità nel mercato del lavoro.
E’ scomparsa questa sinistra che aveva capito la necessità di riflettere a partire dai meriti e dai bisogni? Che ragionava sulla necessità di offrire opportunità alle persone e non burocratici servizi? Che sapeva che il giustizialismo non può sostituire la politica? Non mi pare sparita. Se cerchiamo le persone di allora le ritroviamo, chi nella Cdo, chi in Forza Italia, chi a dirigere centri di ricerca o fondazioni regionali. Ormai pochi e silenziosi nella sinistra ufficiale. Forse è per questo che i riformismi hanno scelto altre strade e hanno alimentato un risultato politico sorprendente in Lombardia.