Prosegue alacre la lotta della società civile ceca contro l’influenza politico-economica cinese nel paese. L’ultimo episodio in ordine di tempo è rappresentato dalle dimissioni del professore Milos Balabán dal suo posto di responsabile del Centro ceco-cinese presso la Facoltà di scienze sociali dell’Università Carlo di Praga dopo che il quotidiano online Aktualne.cz ha rivelato che il docente riceveva denaro dall’ambasciata cinese come compenso delle sue attività accademiche, già retribuite dalla sua paga di docente. Il suo corso sulla Nuova via della seta era già stato criticato da alcuni osservatori come un semplice veicolo propagandistico al servizio del governo cinese, la cui ambasciata aveva deciso di pagare un soggiorno in Cina ai migliori studenti che lo frequentavano; così come nel mirino del quotidiano online era finito il rettore Tomas Zima per una serie di conferenze sulla Cina organizzate presso l’università con contributi dell’ambasciata cinese che avrebbero totalizzato 47 mila euro. Balabán avrebbe intascato attraverso una sua società 2.700 euro.
Annullato il gemellaggio
Le tensioni ceco-cinesi hanno toccato l’apice nell’ottobre scorso, quando la Giunta comunale di Praga ha annullato il gemellaggio della capitale ceca con Pechino, approvato dalla precedente giunta nel 2016, e pochi giorni dopo Pechino ha fatto la stessa cosa. Motivo della crisi: sin dall’inizio dell’anno il sindaco della nuova amministrazione Zdeněk Hřib aveva denunciato un paragrafo dell’accordo di gemellaggio dove stava scritto che la città di Praga approvava la “politica di una sola Cina”, secondo cui esiste una sola Cina e il suo governo legittimo è quello di Pechino: Taiwan sarebbe pertanto una provincia ribelle, da riportare sotto il controllo del centro.
Hřib, e con lui la maggioranza consiliare formata da tre gruppi (il Partito Pirata al quale lui appartiene, Praga Insieme e la coalizione Forze Unite per Praga), ritenevano che il paragrafo non aveva nulla a che fare con gli obiettivi di un gemellaggio fra città e che era stato imposto da Pechino per ragioni puramente politiche.
La provocazione del sindaco era arrivata all’indomani di un episodio spiacevole che aveva fatto notizia: in occasione di una conferenza alla quale il Comune aveva invitato ambasciatori e consoli residenti nella capitale, l’ambasciatore cinese aveva chiesto che fosse allontanato un diplomatico di Taiwan presente in sala. La Repubblica Ceca, come molti altri paesi europei, riconosce solo il governo di Pechino ma mantiene rapporti informali con quello di Taiwan. Il sindaco, che quando era studente di medicina aveva trascorso due mesi a Taiwan, non solo aveva rifiutato di ottemperare alla richiesta cinese, ma da quel momento aveva dato il via al contrattacco praghese: la messa in discussione del testo del gemellaggio è stata accompagnata dalla rinnovata esposizione della bandiera del Tibet dalle finestre del municipio cittadino (pratica inaugurata ai tempi della presidenza di Vaclav Havel e interrotta solo dall’amministrazione comunale di Adriana Krnáčová fra il 2014 e il 2018), dalla visita a Praga del capo del governo del Tibet in esilio, da una visita del sindaco a Taiwan nel corso della quale ha denunciato il prelievo di organi dai detenuti politici in Cina. Pechino aveva allora minacciato di annullare una tournée dell’Orchestra Filarmonica di Praga in Cina già concordata, se i musicisti non avessero preso le distanze pubblicamente dalle posizioni del sindaco. La richiesta è stata respinta, e la portavoce dell’Orchestra l’ha paragonata alle richieste del governo comunista cecoslovacco che imponeva agli artisti di denunciare pubblicamente il movimento di Charta ’77, la principale iniziativa dei dissidenti guidati da Vaclav Havel, se volevano potersi esibire.
Perché non amano la Cina
Il governo ceco e soprattutto il capo dello Stato Milos Zeman non vedono di buon occhio le provocazioni anticinesi dell’amministrazione comunale di Praga e più in generale gli attacchi della stampa e delle organizzazioni per i diritti umani ceche contro Pechino. I rapporti economici e politici fra i due paesi si sono intensificati a partire dal 2012, ultimo anno della presidenza di Vaclav Klaus, ma soprattutto a partire dal 2013, con la presidenza Zeman. All’indomani della cancellazione del gemellaggio fra Praga e Pechino il presidente è intervenuto dichiarando che l’iniziativa avrebbe causato danni al paese come il disimpegno dei cinesi dalla proprietà della squadra di calcio dello Slavia Praga e il trasloco in Croazia di voli cinesi per l’Europa che avrebbero dovuto fare capo alla capitale ceca. In realtà la politica di apertura alla Cina degli ultimi anni, condotta in discontinuità con la politica “basata sui valori” degli anni della presidenza Havel e seguenti, durante i quali la Repubblica Ceca sosteneva apertamente le richieste di libertà e democrazia dei dissidenti cinesi e riceveva con tutti gli onori il Dalai Lama e personalità cinesi esiliate come Wei Jingsheng, Harry Wu e Wang Dan, non ha portato grossi vantaggi economici al paese. Lo Slavia Praga ha cambiato tre volte proprietario cinese nel giro di cinque anni a causa di vari scandali finanziari che hanno portato in carcere imprenditori cinesi negli Usa e in Cina; è passato sotto controllo cinese il birrificio Lobkowicz e partecipazioni azionarie cinesi sono entrate nella proprietà della finanziaria J&T Financial Group e della compagnia aerea Smartwings.
In una prima fase Pechino ha riversato 1 miliardo di dollari nell’economia ceca attraverso partecipazioni azionarie. La ritirata però è stata suonata molto presto: mentre nel biennio 2015-2016 gli investimenti cinesi hanno segnato un attivo di 713 milioni di euro, nel 2017-2018 c’è stato un saldo negativo di 642 milioni di euro. Tutto questo avveniva mentre il presidente Zeman compiva cinque viaggi di Stato in Cina (più di quanti ne abbia fatti nella confinante Germania, che ha strettissimi rapporti industriali con la Repubblica Ceca) partecipando anche, unico leader occidentale, alla parata militare di Pechino del 2015. Il presidente ha pure nominato l’allora fondatore e presidente della CEFC China Energy Company Limited (un conglomerato globale di energia e finanza che ha realizzato la maggior parte degli investimenti cinesi nella Repubblica Ceca) Ye Jianming consigliere economico alla Presidenza. Sfortunatamente l’imprenditore è stato accusato di corruzione negli Usa e in Cina e arrestato nel 2018 in quest’ultimo paese.
Secondo un’inchiesta Eurobarometer del 2017 la Repubblica Ceca è il paese europeo con la più alta percentuale di cittadini che hanno un’opinione negativa della Cina: il 69 per cento degli intervistati, contro una media del 55 per cento dell’Unione Europea a 28 (in Italia 60 per cento).
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