I medici dell’Ontario hanno ucciso oltre 700 persone nei primi sei mesi di quest’anno, 774 per l’esattezza. L’ufficio del Chief Coroner dell’Ontario ha pubblicato i dati aggiornati delle “vittime” del Medical Assistance in Dying (Maid): da quando è stata consentita (17 giugno 2016, con una legge federale) ed equiparata a un atto medico pari a quello di fornire terapie o cure palliative, la morte procurata ha mietuto solo in Ontario 3.302 vittime, 3.303 se si conta un caso di suicidio assistito (il Maid non fa distinzioni tra eutanasia attiva e passiva). Ebbene, se nei primi tre mesi dell’anno si contavano 368 decessi da Maid, tra l’1 aprile e il 30 giugno il numero è lievitato: 406 persone hanno richiesto l’iniezione letale ai medici.
IL CANADA DEI DECESSI ASSISTITI
Se il trend è confermato, l’Ontario potrebbe dunque superare il record già infelice di decessi assistiti rilevati nel 2018: 1.499 casi contro gli 841 del 2017 e i 189 del 2016. Un trend che riflette l’entusiasmo generale riscosso dal Maid in tutto il Canada: per quanto il governo abbia provato a sostenere che l’eutanasia rappresenti solo l’1,12 per cento di tutti i decessi canadesi e fosse stata erogata nel 2018 a sole 2.614 persone (una fake news clamorosa: sono più del doppio, visto che all’appello dei dati raccolti dal rapporto federale mancavano quelli di Quebec, di Yukon, dei territori del Nord ovest e Nunavut, e che 4.235 decessi sono stati confermati dalla stessa Jocelyn Downie, principale attivista canadese favorevole all’iniezione letale), il Canada sembra avere davvero trovato una soluzione rapida e low cost al problema del finanziamento sanitario. Ma dove porta l’idolatria del diritto a una morte rapida al posto di una morte lenta senza garanzie di trattamenti adeguati, cioè le costosissime cure palliative?
MORTE PER “RIMOZIONE DI ORGANI”
Non solo il Canada si prepara oggi a garantire il diritto alla morte assistita anche a pazienti di età inferiore ai 18 anni, pazienti psichiatrici e pazienti che hanno espresso il desiderio di ricevere l’eutanasia prima di venire interdetti da malattie come il morbo di Alzheimer. Ma hanno fatto molto discutere le nuove linee guida sul prelievo degli organi emanate lo scorso 3 giugno dall’Associazione medica canadese: alcuni medici hanno criticato la direttiva secondo cui la rimozione dell’organo non possa avvenire prima che il cuore abbia smesso di battere. «Un modello superiore – suggeriscono sul New England Journal of Medicine due ricercatori medici canadesi e un bioeticista di Harvard – potrebbe essere quello di uccidere il paziente rimuovendone gli organi. Dopo tutto, i migliori organi provengono da persone ancora vive, come quelle che donano i reni. La morte per rimozione di organi sarebbe un metodo più efficiente di prelievo di organi per pazienti da suicidio assistito».
L’EUTANASIA ALTRUISTICA
Del resto, lo aveva già proposto Walter Glennon, bioeticista canadese dell’università di Calgary, e dal 2016 ad oggi già 30 pazienti hanno donato i loro organi dopo essere stati sottoposti a eutanasia. In Olanda e Belgio sono stati oltre 40 e la proposta di prelevarli quando il paziente “morituro” è ancora vivo, «causando così la morte», non è affatto nuova. Ecco a dove porta l’idolatria del diritto alla morte assistita: in una società che considera l’uccisione una risposta alla sofferenza umana e la soppressione di un paziente un atto compassionevole e misericordioso, non solo si è affermato il principio secondo il quale è possibile valere più da morti che da vivi. Ma anche che, attraverso la propria morte, sia possibile far del bene alla vita degli altri. Eccoci così all’eutanasia altruistica: dalla “qualità della vita” alla “qualità degli organi”. Mors tua, vita mea, l’importante è che sia una “buona” morte, “dolce”, “dignitosa” e assistita.