L’illusione di fregare la morte con l’intelligenza artificiale

Di Piero Vietti
14 Ottobre 2024
Da Orfeo e Euridice alla singolarità passando per Buzzati e Black Mirror fino ai nuovi servizi di chat con persone defunte. Da sempre l'uomo cerca una risposta alla domanda "Dove andiamo quando tutto finisce?"
intelligenza artificiale
Immagine generata da AI con l'assistenza di ChatGPT

In una delle più belle e inquietanti puntate di Black Mirror, la serie tv distopica ideata e scritta da Charlie Brooker sulle conseguenze dei cambiamenti introdotti dalla tecnologia nel mondo contemporaneo, Martha viene iscritta da un’amica a un servizio online che permette di chattare con i defunti.

Martha ha appena perso in un incidente Ash, il compagno e l’amore della sua vita, e dopo un’iniziale renitenza risponde alla email che la invita a mandarsi messaggi con lui: il sistema ha analizzato tutto quello che Ash ha pubblicato sui social negli anni e interagisce davvero come se fosse lui. Non solo, chiede a Martha e impara altre cose, fino a che lei non decide di fare lo step successivo: carica online video a audio di Ash, in modo che la piattaforma di intelligenza artificiale che riproduce il suo compagno defunto possa riprodurne la voce e farla parlare al telefono con lui.

Lei nel frattempo ha scoperto di essere incinta di Ash, e condivide con la sua riproduzione virtuale ansie, attese ed ecografie, fino a che la voce al telefono non le propone un ulteriore passo avanti nel loro rapporto: Martha accetta, e pochi giorni dopo un robot umanoide identico alla migliore versione di Ash (come da foto postate sui social network) arriva a casa sua. È uguale a lui, parla come lui, e a letto è pure molto meglio di lui. Cosa potrebbe andare storto?

Torna da me

La puntata di Black Mirror si intitola Torna da me, ed è andata in onda per la prima volta nel 2013. Pochi anni dopo sono comparsi i primi rudimentali servizi di intelligenza artificiale che permettevano (o promettevano) di scambiarsi messaggi con chatbot che simulano il modo di parlare di persone defunte. L’esplosione di questo tipo di servizi è recente (in Cina è già un business in crescita), con numerose start up che investono in sistemi sempre più perfetti.

Basta cliccare sul sito di Yov, ad esempio, là dove l’acronimo sta per You, Only Virtual, per scoprire che da tempo è attivo il servizio Versona Voice che, si legge nella presentazione online, «ridefinisce il modo in cui viviamo il dolore e la perdita consentendoti di rimanere in contatto con i tuoi cari, anche dopo che se ne sono andati. Con Versona Voice, puoi creare una persona digitale, o “Versona”, di una persona a te cara e fare telefonate proprio come faresti prima della sua scomparsa. Che tu cerchi conforto da coloro che ti mancano o voglia offrire compagnia a coloro a cui manchi, la tecnologia proprietaria di YOV consente conversazioni autentiche e realistiche. Rimani in contatto con le persone che contano di più, indipendentemente dalla distanza».

Orfeo, Euridice e Tolkien

Più di due millenni prima di Martha di Black Mirror, Orfeo discese nell’Ade per riportare in vita l’amata Euridice, straziando di commozione l’inferno con la sua lira (e Netflix ha appena fatto una versione moderna di quel mito in serie tv). Sappiamo come andò a finire, e sappiamo anche che da quando l’essere umano abita questo pianeta si scontra contro la misteriosa inevitabilità della morte.

Temuta, fuggita, rimandata ma mai evitata, la morte è il filo rosso che attraversa le storie che vale davvero la pena raccontare, diceva J.R.R. Tolkien: «Se davvero ti imbatti in una grande storia che realmente interessa alla gente – ovvero di quelle che trattengono l’attenzione per un tempo considerevole… le storie sugli uomini riguardano praticamente sempre una cosa, non è vero? La morte. L’inevitabilità della morte». E i risibili tentativi che l’uomo abbozza perché essa non abbia l’ultima parola sulle cose di questa vita.

La ragazza morta trasformata in chatbot dall’intelligenza artificiale

Ma là dove non arrivò neppure la lira di Orfeo ecco venire in soccorso l’intelligenza artificiale. Poche settimane fa in Texas un uomo di nome Drew Crecente ha ricevuto sulla propria casella email una notifica che segnalava la presenza in rete di qualcuno che aveva nominato sua figlia Jennifer Ann, uccisa appena diciottenne dal proprio ragazzo nel 2006. Non si trattava di qualche post o articolo commemorativo della tragedia, però, bensì della creazione su Character.ai di un suo avatar virtuale che, con il volto e il nome di Jennifer Ann, si offriva come chatbot per chiacchierare con gli utenti di videogiochi, tecnologia e cultura pop, ma anche «di giornalismo, e può offrire consigli sulla scrittura e sull’editing».

Solo dopo le proteste pubbliche con un post su X dello zio di Jennifer, il giornalista americano Brian Crecente, Character.ai ha rimosso il chatbot. «È come se ci fosse stata rubata di nuovo. È così che mi sento», ha detto Brian. Quella Jennifer non era la Jennifer di papà Drew, eppure vederla “viva” su uno schermo parlare di videogiochi e giornalismo è stato troppo. Già, cosa poteva andare storto?

Come sempre capita nei sempre più frequenti casi di furto di identità o utilizzo di deepfake, è seguito l’appello alle Big Tech: «Perché le aziende multimiliardarie non si preoccupano di creare principi guida etici e misure di sicurezza funzionanti per evitare che accada?».

Amare qualcuno è dirgli “tu non morirai”

Ma i chatbot che parlano come i nostri defunti non sono che un banale passatempo rispetto a ciò a cui i grandi della Silicon Valley puntano con la singolarità: «la fusione della conoscenza incorporata nei nostri cervelli con la capacità, la velocità e l’abilità nella condivisione della conoscenza della nostra tecnologia», come da definizione di Ray Kurzweil, guru dell’intelligenza artificiale e autore di La singolarità è più vicina. «La Singolarità ci consentirà di risolvere problemi che ci trasciniamo da tempo e di amplificare enormemente la creatività umana. Manterremo e miglioreremo l’intelligenza di cui l’evoluzione ci ha dotati, al tempo stesso superando le limitazioni profonde dell’evoluzione biologica».

In altre parole, la singolarità «è un periodo futuro in cui il ritmo del cambiamento tecnologico sarà così rapido e il suo impatto così profondo, che la vita umana ne sarà trasformata in modo irreversibile. Né utopica né distopica, quest’epoca trasformerà i concetti su cui ci basiamo per dare un significato alle nostre vite, dai nostri modelli di business al ciclo della vita umana, inclusa la stessa morte». Alla fine sempre lì si torna, e l’uomo è sempre lo stesso in ogni epoca, e vorrebbe che fosse vera la celebre frase di Gabriel Marcel, «amare qualcuno è dirgli: tu non morirai».

La profezia di Dino Buzzati sull’intelligenza artificiale

Nel 2001 Steven Spielberg girò un film che solo la morte impedì a Stanley Kubrik di girare: Ai, Intelligenza artificiale. Un Pinocchio tecnologico che non ebbe la fortuna di pubblico che meritava e che racconta la storia di un bambino robot alla ricerca della madre in un mondo abitato da umani e androidi che scopre di essere stato inventato da un uomo che aveva perso il figlio e ne aveva quindi ricreato migliaia di copie uguali con l’illusione di non averlo perduto per sempre.

Quarantuno anni prima un altro genio del nostro tempo, Dino Buzzati, aveva pubblicato Il grande ritratto, romanzo sconosciuto al grande pubblico in cui lo scrittore bellunese – come scrive Diego Viarengo su siamomine – «ha inventato ChatGpt» con decenni di anticipo. In questo libro si racconta della misteriosa e segretissima costruzione di un’enorme struttura simile a una centrale elettrica nascosta tra le montagne e difesa dall’esercito. In perfetto stile buzzatiano, per molti capitoli non si capisce di cosa si tratta, e anche molti dei protagonisti del romanzo non lo capiscono, fino a che la macchina stessa non si mette a “parlare” con un brusio che non è una lingua comprensibile alle persone ma che rivela che nei suoi congegni elettronici c’è un pensiero, forse una coscienza.

Un’intelligenza artificiale ante litteram

È un’intelligenza artificiale ante litteram, o quasi (Buzzati scrive Il grande ritratto negli anni in cui si comincia a parlare di reti neurali artificiali), inventata dallo scienziato Endriade, sorta di precursore dei guru della Silicon Valley che ha lo scopo dichiarato di dominare il mondo grazie alla sua invenzione. Un’invenzione che deve però avere una personalità, e lui sceglie di darle quella della donna da lui amata per tutta la vita, ma tragicamente morta anni prima, Laura. È lei che parla quella lingua incomprensibile a tutti tranne che a lui e all’amica da tanto tempo perduta Elisa, moglie di un fisico chiamato a lavorare al progetto segreto tra le montagne.

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È ancora la morte, e il tentativo disperato dell’uomo di ingannarla, al centro della scena. La tecnologia ha misteriosamente riportato in vita un simulacro di Laura, imprigionata dentro a una Fortezza Bastiani da incubo, una donna piena di vita e di voglie incanalata nei circuiti di un mega calcolatore elettronico. Cosa potrebbe andare storto?

«Tu sei solo un abbozzo di lui»

Verso la fine di Ritorna da me, Martha litiga con la copia di Ash perché litigando non si comporta come si sarebbe comportato lui. Lo porta allora sulle scogliere di Dover, là dove i due sapevano cose che la copia di Ash non può sapere. «Tu sei solo un abbozzo di lui, non esiste una tua storia. Tu sei solo una performance di cose che lui ha fatto senza pensare, e per me non è abbastanza», gli dice Martha in lacrime. Che cosa è l’essere umano? Dove andiamo quando tutto finisce?

«“Se… se…”, fece Endriade, assorto, lentamente, “se il miracolo si compisse fino in fondo. Se in questa Laura ricostruita da noi pezzetto a pezzetto, cellula a cellula, si insediasse l’anima della vera Laura, l’anima che finora vagava per la terra e i cieli, forse. Voglio dire: se questa nostra Laura, strappata dalla tomba coi nostri trucchi matematici, questa Laura artificiale, che Aloisi ed io abbiamo costruito felice, allegra, spensierata, che spande intorno – se ne sarà accorta, spero – un flusso di letizia, di vitalità, di giovinezza, se questa Laura diventasse la autentica Laura fino in fondo, se a poco a poco ritornassero in lei i ricordi della prima vita? e i desideri? e i rimpianti? E allora misurasse la orribile condizione in cui si trova adesso, trasformata in una centrale elettrica, inchiodata alle rupi, donna ma senza corpo di donna, capace di amare ma senza possibilità d’essere amata se non da un pazzo come me, senza una bocca da baciare, un corpo da stringere, una… Capisce, Elisa, che inferno diventerebbe allora la sua vita?”». 
Il grande ritratto è stato da poco tradotto e pubblicato negli Stati Uniti. Il suo titolo in inglese è The Singularity.

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