Il problema è SpaceX o le simpatie politiche di Musk?
Giorgia Meloni ha posto una domanda: «Il problema è che Space X è privato o sono le idee politiche di Elon Musk? Nessuno si è stracciato le vesti quando Microsoft ha investito sui data center. Non accetto che a persone che sono in buoni rapporti con me si appiccichi una lettera scarlatta».
Da quando Bloomberg ha scritto che il governo italiano avrebbe firmato una contratto di cinque anni con la società SpaceX di Elon Musk per l’uso dell’apparato di comunicazioni satellitari Starlink, è scoppiato il finimondo. La domanda del nostro presidente del Consiglio coglie però il punto della questione, perché, altrimenti, non si capisce su cosa si stia facendo polemica.
Tutto iniziò con Mario Draghi
Il governo ha smentito di aver firmato un contratto. Ci sono state interlocuzioni, come è ovvio, con diversi soggetti per comprendere come dotare il nostro paese di un sistema di comunicazioni satellitari sicuro, rapido ed efficiente, ma, come ha ribadito sia Meloni sia il ministro Crosetto al question time alla Camera, nessun tipo di accordo è stato stipulato.
In secondo luogo, come notato da Claudio Antonelli sulla Verità, ci si dovrebbe chiedere perché solo ora ci si accorge del problema, visto che «i primi abboccamenti tra Roma e Starlink si sono avuti nel 2022, prima che si insediasse la Meloni. All’epoca del governo c’era Mario Draghi, il quale – va dato atto – capì che la partecipazione al progetto Ue per l’Italia era imprescindibile ma non poi così vantaggiosa».
Il monopolio satellitare di Musk
Come hanno riconosciuto tutti gli organi di stampa, Starlink offre un servizio assai migliore di tutti i competitor, tanto che più d’uno scrive che Musk ha ormai “il monopolio dei satelliti”.
Lo dicono i numeri. Dal 2019 SpaceX ha lanciato quasi 7 mila satelliti a circa 550 chilometri dalla superficie terrestre e vuole arrivare a 42 mila. Grazie a questa tecnologia, si possono stabilire collegamenti internet durante le emergenze o laddove sia impossibile arrivare via cavo.
I competitor di Starlink sono anni luce distanti dall’ottenere gli stessi risultati della società di Musk. OneWeb ha 600 satelliti in orbita. Jeff Bezos (Amazon), finora, non ha lanciato nemmeno uno dei suoi 3.200 Kuiper. Anche il tanto citato programma europeo Iris 2, che prevede il lancio di circa 290 satelliti, come ha spiegato il ministro Crosetto, ha «tempi di realizzazione da quantificare e che a oggi si collocano a oltre il 2030». Si tratta di un progetto che parte già in ritardo e, per di più, in mano, sostanzialmente, ai francesi, i cui costi – pare – si aggirino intorno ai dieci miliardi di euro. Per quello di Starlink, se fanno fede le cifre circolate in questi giorni, la spesa sarebbe intorno al miliardo/miliardo e mezzo.
SpaceX è il player più forte
Checché ne dicano Elly Schlein e Giuseppe Conte («l’Italia non si svende»), per quelli che sono i dati finora conosciuti, l’offerta di Musk è la migliore sul tavolo e anche l’unica (quella europea, come detto, partirà solo dopo il 2030). L’Italia si interroga se avvalersi dei satelliti a orbita bassa perché, sempre per usare le parole del ministro della Difesa, «le nostre forze armate sono chiamate spesso a operare nell’interesse nazionale anche a grande distanza dall’Italia. E non sempre in presenza di adeguati servizi o infrastrutture». Attualmente, infatti, il nostro Paese usa per le comunicazioni militari il programma Sicral (Sistema italiano per comunicazioni riservate e allarmi), che è un sistema satellitare in orbita alta considerato affidabile, ma limitato. Per questo, Crosetto ha detto che «la Difesa è interessata, forse obbligata» a usare «satelliti in orbita bassa, che offrono più continuità, copertura, minor tempo di latenza». Se non lo facesse e le informazioni venissero violate, ne dovrebbe rispondere.
Lo ha riconosciuto anche Roberta Pinotti, ex ministro del Pd alla Difesa, in un’intervista al Foglio: «SpaceX è il player più forte e ha la capacità di offrire una soluzione». La stessa Pinotti che poi ha aggiunto che per lei il problema è «mettere in mano a soggetti terzi le nostre informazioni più riservate».
Almeno evitiamo le ipocrisie
Così torniamo al punto di partenza e alla domanda di Meloni. Posto che il Paese ha bisogno di questa tecnologia; posto che non esiste un’alternativa pubblica praticabile (che sarebbe la cosa migliore) e che il servizio è offerto solo da privati; posto che l’Italia – già in altre occasioni – è ricorsa ai privati affidando loro alcune sue infrastrutture strategiche; posto che Starlink offre un servizio migliore e probabilmente costa meno dei concorrenti, cosa si può realisticamente fare?
Quando Musk ha fornito il supporto di Starlink all’Ucraina dopo l’invasione russa, tutti lo hanno applaudito. Ma dopo la “svolta trumpiana”, Musk è diventato un soggetto “pericoloso”. Si possono avere grandi dubbi sulla figura del magnate americano, così come non avere grandi simpatie per tecnoligarchi con patrimoni (452 miliardi di dollari) paragonabili al Pil austriaco, l’unica cosa da evitare per non scadere nel ridicolo dovrebbe essere incensarli come angeli quando baciano la pantofola a Obama e demonizzarli quando collaborano con Trump.
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