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Il piano di annessione di Israele può porre fine alla soluzione dei due Stati

La volontà di annettere le colonie e la Valle del Giordano, nel solco del piano di pace proposto da Trump, è gravida di conseguenze

Leone Grotti
29/06/2020 - 12:54
Esteri
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Mercoledì il Parlamento israeliano, la Knesset, potrebbe votare l’annessione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e della Valle del Giordano a Israele. La mossa – fortemente criticata per motivi diversi dai palestinesi, dalla comunità internazionale e dai leader di diversi insediamenti israeliani – fa parte del piano di pace proposto mesi fa da Donald Trump. Poiché però gli Stati Uniti non hanno ancora appoggiato formalmente la decisione presa dal governo di coalizione israeliano (composto dal Likud di Benjamin Netanyahu, che rimarrà premier fino alla fine del 2021, e dal partito centrista Blu e Bianco, guidato dall’ex capo dell’esercito Benny Gantz), mentre la Giordania ha minacciato l’esplosione di un «enorme conflitto» con Tel Aviv, l’annessione della Valle del Giordano potrebbe essere rimandata.

L’AREA “C” DELLA CISGIORDANIA

La Cisgiordania, che si estende da Gerusalemme fino alla sponda occidentale del fiume Giordano, è stata occupata da Israele nel 1967 e in seguito agli accordi di Oslo del 1993 divisa temporaneamente (in attesa di un’intesa definitiva tra Israele e palestinesi) in tre aree: la “A” sotto il controllo palestinese, la “B” sotto controllo misto e la “C” sotto controllo israeliano. La maggior parte del territorio dove sorgono le colonie, così come la Valle del Giordano, fanno parte dell’area C. Negli insediamenti abitano oggi circa 600 mila persone.

Non è la prima volta che Israele ricorre a questa soluzione: nel 1980 e nel 1981 il governo di Menachem Begin annetté senza l’appoggio e il riconoscimento della comunità internazionale al paese la parte est di Gerusalemme e le alture del Golan.

IL PIANO DI PACE PROPOSTO DA TRUMP

Ora Tel Aviv annuncia l’annessione di circa il 30 per cento della Cisgiordania, come previsto dal piano di pace stilato dagli uomini di Trump, che persegue la soluzione “Due popoli, due Stati” in base al principio guida che “nessun palestinese e nessun israeliano sarà sradicato da casa sua”. Nell’«accordo del secolo» immaginato dal presidente americano, durante i colloqui di pace che dureranno quattro anni non verrà costruito alcun nuovo insediamento, la città vecchia di Gerusalemme, fondamentale perché vi si trovano i luoghi sacri dei tre monoteismi, è assegnata a Israele, mentre il neonato Stato della Palestina avrà un tunnel che collega le proprie aree della Cisgiordania a Gaza, riceverà investimenti per 50 miliardi di dollari ma non potrà dotarsi di forze armate. La mappa esatta dei confini dei due Stati deve ancora essere pubblicata.

Se alcuni paesi arabi sono favorevoli al piano di Trump, i palestinesi e molti leader degli insediamenti israeliani lo respingono per motivi opposti: i primi perché concede troppo poco ai palestinesi, i secondi perché concede fin troppo. In teoria l’annessione annunciata da Netanyahu dovrebbe essere subordinata all’accettazione in toto del piano Trump, ma nella pratica Israele potrebbe intanto procedere con l’annessione, in attesa degli sviluppi.

PERCHÉ C’È CHI PARLA DI “APARTHEID”

Molti osservatori ritengono che l’annessione darà vita a un nuovo “apartheid” e che decreterà la fine della soluzione “due Stati”. Come spiega Haaretz, nell’area che verrà annessa

«la legge israeliana già si applica ai coloni israeliani (ma non ai palestinesi che vivono nelle stesse aree). È possibile che l’annessione fornisca la base legale per legittimare la situazione esistente, nella quale ci sono sistemi legali separati per israeliani e palestinesi, ma potrebbe anche includere l’applicazione della legge israeliana a molte aree dove ora vivono i palestinesi. In quest’ultimo caso, sorgono alcuni problemi circa lo status dei palestinesi: Israele darà loro la cittadinanza? Ci sono problemi anche riguardo alla terra, visto che il 23 per cento della terra che verrà annessa, secondo l’esperto Shaul Arieli, è proprietà privata di palestinesi» e potrebbe essere espropriata.

Un altro problema riguarda la Legge base sul referendum, continua il quotidiano israeliano,

«in base alla quale la terra soggetta alla legge israeliana può essere ceduta solo tramite referendum o il raggiungimento di una maggioranza qualificata di 80 parlamentari (su 120, ndr). Fino ad ora, la terra della Cisgiordania era esclusa visto che non vi veniva applicata la legge israeliana. Ma l’annessione renderà molto difficile fare future concessioni nell’ambito di accordi di pace. Per queste e altre ragioni, la sinistra mette in guardia che l’annessione distruggerà essenzialmente la “soluzione dei due Stati” e porterà a un unico Stato che metterà in pericolo l’identità ebraica di Israele o darà vita a un regime di apartheid, con sistemi legali separati e discriminatori per i palestinesi».

PERCHÉ PROPRIO ORA

Tra i principali oppositori della nuova annessione ci sono Unione Europea e Giordania, che teme stravolgimenti al confine, ma assumerebbe una posizione più morbida se nel piano per il momento non venisse inclusa la Valle del Giordano. Per quanto riguarda Bruxelles, l’imposizione di eventuali sanzioni sarebbe sicuramente frutto di lunghi negoziati.

Da anni Netayahu promette l’annessione delle colonie e della Valle del Giordano, ma finora non l’ha mai fatto. Se ora si dice pronto è per la concomitanza di diversi fattori: il mondo è investito e occupato da una pandemia, gli Stati Uniti sono favorevoli e l’Autorità palestinese non è mai stata così debole. Le conseguenze però potrebbero essere esplosive.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: cisgiordaniaIsraelenetanyahupalestinesitrump
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