Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Non è che uno si sveglia la mattina e pensa: «Speriamo che oggi Eugenio Scalfari abbia scritto un editoriale intitolato “extra Ecclesiam nulla salus”». Così come nessuno di noi vive nell’angoscia di sapere se a mezzogiorno Umberto Eco finalmente avrà avuto un’illuminazione e rivelerà al mondo che, sì, in effetti, Il nome della rosa è proprio ben poca cosa rispetto alla Divina Commedia o a I promessi sposi.
Non è che uno vive nell’ansia di dover per forza vedere confermate, avallate, accreditate le sue idee sull’universo mondo da qualche guru o intellettuale o sacerdote di ogni risma e grado. Si può benissimo campare (e perfino andare d’accordo) con chi non la pensa come noi e ha un diverso criterio per giudicare le stelle e tutto ciò che ci sta sotto.
Questo per dire che è davvero incomprensibile l’affanno di un certo mondo laicista di dover ogni volta forzare dichiarazioni, gesti e sospiri di papa Francesco per poi poter urlare ai quattro venti: «Ecco, vedete, la pensa come noi» (che, poi, il sottointeso sarebbe: e voi cattolici siete uomini di poca fede, stronzi).
L’ultimo caso è stato quello di Francesca Pardi, autrice di Piccolo uovo, un libretto gender per bambini, che ha scritto al Pontefice e, dopo una risposta di cortesia del Vaticano, è corsa subito a dichiarare ai giornali che «il Papa mi ha incoraggiato ad andare avanti».
Sono comportamenti sbalorditivi, da biascicapaternoster e baciapile. Non so, ma questi laici non si vergognano a essere così clericali?