Il caso del cardinale Pell e il doppio attacco alla Chiesa cattolica

Di Emanuele Boffi
28 Marzo 2019
Ce n’è abbastanza per ritenere che il cardinale sia stato condannato ingiustamente. Eppure all’uscita della corte, è stato accolto da urla del tipo: «Sei un mostro. Brucerai all’inferno!»

Articolo tratto dal numero di Tempi di marzo 2019.

Il cardinale George Pell, 77 anni, l’uomo più in vista della Chiesa australiana, prefetto (in congedo) della Segreteria vaticana per l’economia, è stato riconosciuto colpevole di abuso sessuale su due tredicenni. La violenza si sarebbe verificata a metà degli anni Novanta a Melbourne, al tempo in cui Pell era arcivescovo, e, in particolare, uno dei due ragazzi ha dichiarato che il porporato l’avrebbe costretto a un rapporto orale in sacrestia dopo la funzione, quando sorprese i due giovani a bere il vino destinato alla Messa. Il giudizio è stato emesso all’unanimità da una seconda giuria, convocata dopo che la prima non era riuscita a stabilire un verdetto (che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stato favorevole al cardinale). Pell si è sempre proclamato e continua a proclamarsi innocente.

Sul nostro sito abbiamo più volte descritto il processo come una caccia alle streghe. Dei due accusatori, uno è morto e ha sempre negato che vi siano stati abusi. Essi sarebbero avvenuti in luogo aperto, in un breve lasso di tempo, mentre tutti e tre i protagonisti erano vestiti con paramenti liturgici (non c’era nemmeno il tempo di toglierseli). La giuria che ha condannato Pell ha raggiunto il verdetto basandosi su una sola testimonianza e nessuna prova. A difesa del cardinale hanno parlato venti persone, ritenute inattendibili; fra queste anche un sacerdote che ha dichiarato di essere sempre stato col cardinale, sia prima sia dopo la celebrazione, e che mai egli si sarebbe trovato da solo con le due vittime.

Ce n’è abbastanza per ritenere che Pell sia stato condannato ingiustamente. Eppure l’11 dicembre, all’uscita della corte dello Stato di Victoria, è stato accolto da urla del tipo: «Sei un mostro. Brucerai all’inferno!». Il caso ha avuto un’eco internazionale, sia perché Pell può essere considerato il numero tre in Vaticano sia perché in Australia pare non si siano accontentati del verdetto, ma una commissione si sia spinta a proporre forme di lotta molto radicali contro la pedofilia, come ad esempio l’abolizione per legge del segreto confessionale.

Ha scritto Giuliano Ferrara sul Foglio (“Il caso Pell è il caso Dreyfus”, 28 febbraio):

«Contro il cardinale Pell oggi si è scatenato l’inferno e lui rischia di finire all’inferno, perché attraverso di lui il pensiero unico dominante vuole mettere in ginocchio la Chiesa cattolica e la sua morale considerate l’ultima remora o contraddizione potenziale all’omologazione universale al nuovo credo scristianizzato del sesso, della riproduzione, della famiglia e del gender senza Dio né legge».

Ferrara centra il punto. Oggi la Chiesa è sotto doppio attacco, esterno ed interno: da un lato, chi le chiede, secondo le logiche della presunta “trasparenza” mondana, di “fare i nomi di tutti i pedofili” senza tergiversare troppo, senza aspettare i processi, mandando al rogo i “peccatori” quand’anche non fossero colpevoli (con buona pace della differenza tra reato e peccato). Di solito, questi sono gli stessi che predicano il «gender senza Dio né legge», come dice Ferrara che pensa al New York Times e compagnia cantante (ricordate Spotlight?). Dall’altro, esiste un fronte interno, balbuziente e impacciato, che a tali accuse non sa come rispondere e, nella sostanza, si offre mani e piedi ai suoi detrattori, uniformandosi alle logiche del mondo, che fanno della Chiesa un’agenzia sociale come tante, una Ong globale del bene molto ipocrita. Lo si è visto anche nell’ultimo summit vaticano sul tema, un gigantesco autodafé molto incentrato su «accountability and transparency».

Nell’uno e nell’altro caso, si evita di fare i conti con il problema reale e concreto (gli abusi, che spesso ci sono stati) e la sua origine (l’omosessualità diffusa nel clero) per arrivare al vero e unico scopo dell’attacco: far sì che la Chiesa smetta di essere segno di contraddizione, che la smetta di trasmettere principi che contestano il mondo e soprattutto che venga screditata la sua autorità nell’annunciare l’unica risposta al male che c’è nel mondo, quell’avvenimento cristiano che anche oggi è sperimentabile solo all’interno di una realtà pienamente umana, con tutti i suoi difetti e le sue miserie, anche quelli non contemplati nei manuali di «accountability and transparency».

[liga]

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.