I tre ritornelli che precedono ogni voto
Ha ragione oggi Nicola Porro sulla prima pagina del Giornale a notare che, ogni qual volta che si vota in Italia, puntuali come se fossero una tassa, sui giornali rifanno capolino tre argomenti: “Migranti, pm, fasci”.
Lamorgese come Salvini
Come abbiamo già avuto modo di notare, sugli sbarchi a Lampedusa aveva ragione la destra, ma la sinistra non può dirlo. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nicchia e tergiversa di fronte ai continui arrivi di migranti. Sa che la materia è infiammabile e non vuole appiccare fuochi in periodi elettorali. Dunque i decreti Salvini, che per la sinistra sarebbero all’origine della sciagurata gestione del fenomeno, non vengono toccati. Una loro modifica, promessa da tempo, è continuamente rimandata. L’argomento è oggi al centro anche di un’intervista a Enrico Letta, che è tornato in Toscana per fare campagna elettorale per il Pd e per il sì al referendum sul taglio dei parlamentari. Domanda della giornalista del Corriere della Sera: il ministro degli Interni Lamorgese è come Salvini? Risposta: «Non è vero che la ministra dell’Interno sta facendo le stesse politiche della Lega e sono sicuro che quei decreti saranno cambiati. Devono essere cambiati». Appunto, “devono essere”. Ma per ora nessuno li ha cambiati.
Quindi ha ragione Porro quando evidenzia che «ora si prendono circa tremila migranti e si piazzano sulle navi da crociera, in mezzo al mare, piuttosto che distribuirli sul territorio, dove ci sono (fonti ministero dell’Interno) 20 mila posti liberi in centri di accoglienza. I decreti Salvini, che a parole la sinistra dice di volere cambiare, sono da mesi riformati in un testo che giace al Viminale, ma che Palazzo Chigi non ha il coraggio di votare. Questo governo nato per fermare Salvini e le sue politiche sull’immigrazione, quando ci sono le elezioni lo scimmiotta».
La classica marea nera
L’altro grande refrain è il “fascismo”, immancabile bau bau cui la sinistra si rifà per mancanza di argomenti. Questa volta a essere strumentalizzato è il terribile caso di Colleferro. “Colpa del fascismo”, si dice, in base a un sillogismo raffazzonato i cui termini sarebbero: le foto dei presunti assassini rivelano una mentalità “fascista”, i fascisti in Italia sono coccolati da Salvini e Meloni, la colpa dell’omicidio di Colleferro è dei leader di destra. Ora, che lo dica Chiara Ferragni, fa quasi ridere, «ma la circostanza che il segretario del Pd Zingaretti la segua – nota Porro -, beh ciò è decisamente incredibile. Come lo è l’inattesa lettura fatta da Veltroni sul Corriere o qualche delirante commento governativo che lega la cronaca nera a Salvini e Meloni e, per quei rami, al fascismo. Evocare la marea nera è ormai diventato un classico».
Toghe in campo
Il terzo grande ritornello è l’inchiesta qualche giorno prima del voto. Questa volta tocca alla Lega – per anni toccò a Forza Italia, più di recente a Matteo Renzi – e sulle operazioni di alcuni suoi commercialisti. «Ci si chiede – scrive il vicedirettore del Giornale – perché una richiesta di arresto di metà luglio si esegua solo dopo due mesi: nel frattempo i “presunti colpevoli” avrebbero potuto fare tutte quelle operazioni per le quali è appunto prevista la carcerazione preventiva. Il problema qui, come al solito, non è solo nell’attività giudiziaria, ma nel taglio scandalistico e sospettoso che ne fornisce la stampa. De Luca indagato viene subito archiviato (non lo è ancora dal punto di vista giudiziario) dai titoli dei giornali. Casalino che presta soldi per trading online se la cava mollando il fidanzato, con il quale, dopo un minimo esilio, si riconcilia. Il premier indagato è un “atto dovuto”. Insomma, la campagna elettorale per qualcuno è più giudiziaria che per altri».
Foto Ansa
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