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I soldi dei migranti che don Vincenzo Federico, direttore della Caritas, si sarebbe intascato? «Tutto falso»

La procura di Napoli ha indagato per peculato il sacerdote. L'avvocato parla a tempi.it: «Non ha scheletri negli armadi, anzi, siamo pieni di prove a disposizione dei magistrati»

Chiara Rizzo
26/05/2015 - 4:00
Interni
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«Don Vincenzo non ha scheletri negli armadi. La procura di Napoli venga pure a indagare e faccia il più velocemente possibile». Così l’avvocato Renivaldo Lagreca, difensore di don Vincenzo Federico, risponde a tempi.it riguardo alle accuse mosse al suo assistito, direttore della Caritas di Teggiano-Policastro (Salerno). Secondo il procuratore aggiunto di Napoli, Vincenzo Piscitelli, ci sarebbe un nuovo scandalo profughi. Dopo i primi due arresti, il 23 maggio, di Alfonso De Martino, presidente della onlus “Un’ala di riserva”, e di sua moglie Rosa Carnevale, con le accuse di truffa, peculato e appropriazione indebita, l’inchiesta si è allargata, coinvolgendo con l’accusa di peculato anche don Vincenzo. Secondo i pm, «è verosimile che le strutture (e segnatamente la Caritas di Teggiano) che facevano pervenire a De Martino i “pocket [o ticket] money” destinati ai migranti da loro ospitati ricevessero in cambio una percentuale degli enormi guadagni che ne ricavava il De Martino (pari al 20 per cento del valore di ogni singolo buono oltre alle ricariche telefoniche acquistate). Non si comprenderebbero infatti le motivazioni sottostanti alla scelta da parte delle varie strutture ospitanti i migranti, allocate in località molto distanti e in province diverse della Campania, di fare confluire e negoziare in maniera massiccia, anche per il tramite dei loro delegati, la quasi totalità dei “pocket money” presso l’edicola della Carnevale che è situata a Pozzuoli».

Avvocato, di cosa è accusato precisamente don Vincenzo Federico?
L’imputazione è di peculato. Per capire la ricostruzione della procura, occorre parlare però del sistema dei ticket money, un sistema perverso di cui speriamo che vengano messi in luce i limiti.

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Che cosa sono i ticket money?
Lo Stato dà alla Caritas dei buoni da 2,50 euro al giorno per ogni migrante accolto. Tale somma, in buoni appunto, andrebbe spesa in esercizi convenzionati con la società che emette i ticket. A tale società viene in cambio data una percentuale di provvigione. Su ogni buono da 2,50 euro, il commerciante incassa di fatto tra i 2,20 e i 2,30 euro. I ticket in particolare sono destinati all’acquisto di schede telefoniche, e qui viene il problema.

Quale problema?
Quando il migrante deve acquistare delle schede, diventa antieconomico per il commerciante accettare i ticket, soprattutto per le schede di piccolo taglio come quelle da cinque euro: per averle a disposizione infatti i negozianti devono anticipare di tasca loro l’intero importo della scheda. Molti negozianti qui in Campania resistono a venderle ai migranti e sono solo poche le società che accettano “alla pari” i ticket per le ricariche, accettando ticket da 5 euro per ricariche dello stesso valore. Ecco perché si va in alcune edicole, che vendono ricariche effettive (cioè del reale valore pagato, senza ulteriori commesse). A Napoli l’unica edicola, inizialmente, a vendere le schede telefoniche alla pari apparteneva a Rosa Carnevale, compagna del presidente della Onlus. Ecco perché i migranti Caritas erano stati indirizzati a comprare tutte le ricariche presso quell’esercizio.

Secondo l’accusa, in base a un accordo, in cambio dei ticket money la Caritas avrebbe ricevuto enormi guadagni.
Assolutamente nessun guadagno. Una parte dei ticket money della Caritas di Teggiano erano stati usati per acquistare schede in quell’edicola. Don Vincenzo Federico è accusato in qualità di responsabile della Caritas, proprio perché aveva fatto acquistare in quell’edicola della Carnevale le schede per i migranti. Questo, ribadisco, avveniva perché lì le ricariche avevano un valore effettivo di 5 euro, così non si facevano spendere 7,50 euro di ticket per una ricarica da 5, come avveniva in tutti gli altri rivenditori. Don Vincenzo Federico non ha intascato nulla e non c’entriamo nulla.

Il presidente della Onlus “Un’ala di riserva” avrebbe acquistato case, un bar e persino biglietti di una partita con i ricavi del business dei ticket money.
Non lo so e non c’entriamo nulla con quella parte di indagine che riguarda De Martino e Carnevale.

È vero che don Federico aveva denunciato il mercato nero dei ticket money?
Sì. La Caritas, nella sua persona, ha segnalato a inizio 2013 al capo dipartimento delle libertà civili e delle migrazioni del Viminale, il prefetto Mario Morcone, che i ticket money erano un sistema sbagliato anche perché il migrante stesso, se voleva monetizzarli, finiva per “svenderli” e per diventare vittima di un giro d’affari in nero. La Caritas di Teggiano-Policastro è già intervenuta inoltre per difendere alcuni dei migranti finiti in questi giri, anche perché essi stessi diventavano vittime.

Che prove avete a vostra difesa?
Don Federico non ha scheletri negli armadi, anzi, semmai abbiamo armadi pieni di prove a disposizione della procura di Napoli. Chiediamo solo che le indagini vengano svolte il prima possibile.

Come vive questo momento il suo assistito?
È massimamente sereno, perché sa di essere innocente. È dispiaciuto per l’aggressione mediatica, ma è un sacerdote e sa che questa è la croce che deve portare.

Foto Ansa

Tags: AccoglienzacaritasclandestiniMigrantiNapoliprofughisalerno
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