La mattina del dì seguente alla festa, lunedì 26 maggio, abbiamo visto la nostra tabaccaia preferita tirare un sospiro di sollievo a nome di tutto il popolo italiano. In fondo, anche di quelli che han pensato bene di restare fedeli all’orso Bubu (o al Babau) Grillo. «È andata bene così», ha sbottato la signora Amarcord sforcando gli occhiali e alzando la testa da una pagina di giornale. «Non se ne poteva più». Suppergiù la frase sintetica della conversazione improvvisatasi tra gli avventori è stata questa: «Aria ragazzi, aria, abbiamo bisogno di lavorare non di sfasciare, come quello lì che voleva toglierci pure l’Expo visto tutto il lavoro che c’è in giro».
E infatti, comunque la si pensi, c’è da ringraziare quella faccia lì di Matteo Renzi, che con positività e simpatia, procurandosi la travolgente fiducia che si è vista alle urne, ha tenuto botta a un negromante avaro e bilioso che senza il minimo senso di giustizia ha creduto di rifare l’Italia in quattro e quattr’otto incantando la folla e spingendola a farsi forca, sbirraglia. Respinto con perdite Grillo (che resta una ferita aperta con il suo 21 per cento), ora si tratta di passare dalle promesse ai fatti. Il ragazzo ne è perfettamente cosciente. È stato investito dagli elettori di una responsabilità enorme, oltre che di un grande onore, nel compito di guidare l’Italia fuori dall’immobilismo mentale e di sistema (politico, sociale ed economico). E questo deve fare: condurre il paese fuori dalle secche e fuori dalla logica dell’Europa germanizzata fin qui riecheggiata in tutte le sacche di povertà, miseria, devastazione delle società europee sottoposte alla cura di una ex Ddr con spirito dogmatico, austero e calvinista.
Respirati l’ossigeno dalle urne, la bella sorpresa e quindi l’ennesima conferma della creatività antipecorona italiana (notevole anche la Le Pen, ma in Francia una “reazione” era nell’aria, erano finiti in una bolla di follia da mondo rovesciato con la raffica di leggi zapateriane del megavanesio quanto scarso Hollande), non resta che augurare al confermato Principe moderazione e saggezza. Decisione e senso di giustizia (dunque, per prima cosa, dovrebbe finalmente riformare la giustizia e ridimensionare il potere scassatutto dei giustizieri). Ha già detto lui che non rinuncerà all’apporto dei “diversi” dal Pd (gli Ncd Lorenzin, Alfano e Lupi, la confindustriale Guidi, la montiana Giannini) che ha sin qui tenuto in ruoli di grande rilievo nel suo governo di sostanziale monocolore Pd. Soprattutto, ha già confermato a Silvio Berlusconi il ruolo di interlocutore e interpares per i cambiamenti istituzionali ormai divenuti indispensabili per rifondare uno Stato nemico dei cittadini a cominciare dalla testa delle sue corporazioni.
D’altra parte, quando ci chiediamo “e adesso chi farà l’opposizione?”, non è che solleviamo la questione in astratto, per mera faziosità di bottega o sudoku giornalistico. È perché un’opposizione forte e seria è anche il miglior antidoto, per il Principe, per chi sta al governo, a non farsi prendere la mano dalla mera ambizione, dalla forza di un potere poggiato su un granitico 40 per cento (del 57 per cento, ad oggi, degli italiani, don’t forget). A non farsi prendere dal “partito Stato”.