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La “vitalità disperata” di Michel Houellebecq

Anche in "Annientare", il suo ultimo libro in uscita oggi, lo scrittore francese si schiera contro l'eutanasia. «Vogliamo ritrovare questa strana morale che santificava la vita fino alla sua ultima ora»

Mauro Zanon
07/01/2022 - 6:27
Cultura
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Michel Houellebecq al San Sebastian Film Festival nel 2019 (foto Ansa)

Parigi. Quando Jean Birnbaum, direttore dell’inserto letterario del Monde, chiede a Michel Houellebecq se si è già posto la questione dell’“ultimo testo”, lo scrittore francese risponde con queste parole: «No, la questione dell’ultimo testo non me la pongo proprio. Quella dell’ultimo romanzo sì, invece, perché è uno sforzo specifico, una prova fisica. A partire da una certa età, potrei non essere più capace di vivere per molto tempo accanto a un personaggio. Ma smettere completamente, è fuori discussione, scriverò poesie fino all’ultimo, o anche solo delle pagine indignate contro l’eutanasia, scribacchierò delle cose fino al mio letto di morte».

Houellebecq contro l’eutanasia

In questa replica, scrive il Monde, c’è tutta la “vitalità disperata” di Houellebecq, ma anche la volontà di ribadire ad alta voce la sua avversione all’eutanasia, tema presente anche nel suo ultimo romanzo, Annientare, uscito oggi in Italia per la Nave di Teseo in contemporanea con la Francia. C’è una frase, in particolare, che emerge luminosa dalle pagine del libro che racconta la storia di Paul Raison, alto funzionario e consigliere del ministro dell’Economia francese, che tenta di ricomporre i pezzi disallineati della propria vita sullo sfondo di una civiltà decadente e in pericolo: «Vogliamo ritrovare questa strana morale che santificava la vita fino alla sua ultima ora». Édouard Raison, il padre di Paul, è un dirigente dei servizi segreti francesi in pensione che viene colto da un ictus e va in coma. Quando si risveglia, si ritrova in uno stato semi-cosciente, che gli permette a malapena di riconoscere i suoi cari e di comunicare in maniera pressoché impercettibile con un battito di ciglia o con la pressione delle dita.

Aiutati dai militanti del Clash, il Comitato di lotta contro l’assassinio degli ospedali, Paul, la sorella Cécile e suo marito, Hervé, ferventi cattolici, decidono di sottrarlo al pessimo trattamento medico e umano che sta ricevendo nell’Ehpad, la casa di cura: lo rapiscono e se lo portano a casa. «La crisi sanitaria non è evocata in ‘Annientare’, ma la descrizione degli Ehpad sembra profondamente ispirata a quella che è stata la macchia indelebile della primavera 2020: anziani imprigionati, agonie senza sguardi, corpi senza funerali…il lutto a distanza», scrive il Figaro, definendo Houellebecq il “portavoce degli Ehpad”, di tutte quelle persone abbandonate nelle case di riposo durante i periodi più duri del Covid, che hanno il diritto di “invecchiare nella dignità”, di “soffrire nella dignità”.

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Quando attaccò lo stato sul caso Lambert

È da diversi anni, ormai, che Michel Houellebecq prende posizione contro l’abbandono degli anziani da parte della società e soprattutto contro l’eutanasia, facendosi molti nemici in una certa gauche progressista che oggi lo considera un’infrequentabile. L’11 luglio 2019, in un intervento pubblicato sul Monde, Houellebecq attaccò l’ingerenza dello Stato francese nel caso di Vincent Lambert, infermiere di quarantadue anni tetraplegico e in stato vegetativo per undici anni dopo un incidente stradale, diventato il simbolo della battaglia per il fine vita. «E così lo Stato francese è riuscito a imporre ciò che perseguivano con accanimento, e da diversi anni, numerosi familiari: la morte di Vincent Lambert», tuonò lo scrittore francese dopo l’interruzione delle cure e dell’alimentazione che lo tenevano in vita, denunciando le ragioni economiche che avrebbero secondo lui portato alla decisione di “lasciarlo andare”.

«Legittimo distruggere un paese che legalizza l’eutanasia»

Houellebecq firmò in seguito la prefazione del libro di Emmanuel Hirsch, professore di etica medica dell’Università di Paris-Saclay, Vincent Lambert: une mort exemplaire? (Éditions du Cerf), nella quale scrisse che prendersi cura di pazienti come Lambert è un dovere morale: «Vincent Lambert era un individuo libero, un essere umano, nella piena accezione del termine (e, accessoriamente, un cittadino francese). Nessuno (né sua moglie, né sua madre, né qualsiasi dei suoi fratelli e sorelle) aveva il diritto di decidere della sua vita e della sua morte, di dire se la sua vita era degna di essere vissuta. Assolutamente nessuno. E invece si è deciso al posto suo».

Sul Figaro, suscitando reazioni stizzite da parte dei tifosi dell’eutanasia e articoli indegni contro la sua persona, andò ancor più lontano nell’aprile 2020, alla vigilia di un dibattito in Parlamento su una proposta di legge volta a legalizzare l’eutanasia. «Dovrò essere molto esplicito: quando un Paese una società, una civiltà arriva a legalizzare l’eutanasia, perde ai miei occhi ogni diritto al rispetto. Diventa allora non solo legittimo, ma auspicabile distruggerlo; in modo che qualcos’altro – un altro Paese, un’altra società, un’altra civiltà – abbia la possibilità di nascere». Senza mai citarla esplicitamente, Houellebecq, premio Goncourt 2010 per La carta e il territorio, continua a difendere in Annientare la sua causa contro l’eutanasia, denunciando quelle case di cura dove le persone in fin di vita vengono «rinchiuse (…) lontane dalla vista degli altri umani». 

Tags: EutanasiaMichel Houellebecqvincent lambert
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