Grecia, Quadrio Curzio: «L’Italia non è a rischio contagio ma la riforma fiscale non si può fare»
Alberto Quadrio Curzio, docente di economia politica all’università Cattolica del Sacro Cuore, spiega a Tempi che cosa sta succedendo in Grecia e che cosa rischia l’Italia: «La Grecia deve tenere fede agli impegni presi con l’Europa, l’opinione pubblica non capisce la gravità di quello che accade. L’Italia non è a rischio contagio e non finiremo come la Grecia perché il debito pubblico in Italia è alto ma la sua solvibilità non è in discussione. Non possiamo fare ora la riforma fiscale, troppo rischioso, perché non si può sapere come i mercati la leggerebbero».
I ministri dell’Eurogruppo hanno deciso di sospendere la quinta tranche di aiuti finanziari pari a 12 miliardi alla Grecia. Perché?
E’ solo una sospensione in attesa che il governo greco decida su riforme e privatizzazioni indispensabili, che vanno accelerate.
Un avvertimento per il governo?
Secondo me, più che per il governo, è un avvertimento per l’opinione pubblica greca che non è consapevole della gravità di quello che accade. La scelta su riforme e privatizzazioni è fondamentale, irreversibile. La Grecia deve tenere fede agli impegni presi con l’Europa.
Il rischio che la Grecia fallisca è concreto?
All’Unione Europea intesa come Ecofin ed Eurogruppo, ma anche come Unione Europea allargata, non conviene affatto che la Grecia fallisca anche perché soprattutto le banche francesi e tedesche sono a rischio contagio. Gli effetti sarebbero gravi per tutte quelle banche che hanno titoli greci in portafoglio. Se però la Grecia si autocondanna al fallimento, con una posizione di radicalismo quasi insurrezionale, l’Ue non ci può fare nulla. e dovrà pensare ad un piano B: come isolare quel paese dagli altri per evitare il contagio.
Anche l’Italia è a rischio contagio?
Dal punto di vista del sistema bancario no, perché non è esposto. La crisi greca non può neanche avere effetti sui nostri titoli di Stato, perché sono espressione di un paese che è solido. Sì, invece, dal punto di vista dei tassi di interesse sui nostri titoli di Stato, perché aumenterebbero di sicuro.
Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo, prima di affrettarsi a smentire, sembrava paventare il rischio che anche l’Italia e il Belgio potessero fare la fine della Grecia.
L’Italia non finirà come la Grecia per infinite ragioni. Il nostro debito pubblico quest’anno si attesterà al 120,6% del Pil ma questi livelli li avevamo anche in passato e in momenti ben più difficili. Il debito pubblico in Italia è alto ma la sua solvibilità non è messa in discussione.
Ha ragione il ministro dell’Economia Giulio Tremonti quando dice che questo non è il momento di cimentarsi in riforme fiscali?
Sì, per tre motivi. Primo: forse ce lo siamo dimenticati ma è in corso la riforma molto importante sul federalismo fiscale, che ha un contenuto di fiscalità rilevante, come quello municipale che porta anche a una migliore lotta all’evasione. Poi quello regionale, che permette di rivedere le aliquote Irap. Secondo: le riforme fiscali non possono essere fatte in momenti così delicati. Un conto, infatti, è avere le idee chiare sulla riforma – e mi sembra che Tremonti le abbia – un altro è prevedere come i mercati la percepiranno.
Umberto Bossi a Pontida ha dichiarato che se la si fa in modo saggio e serio, i mercati se ne accorgeranno.
Prevedere come i mercati leggono una riforma è tra il difficile e l’impossibile. Se qualcuno vuole lucrare sull’Italia, può sfruttare le riforme a suo vantaggio.
E il terzo motivo?
A meno di fare riforme fiscali inconcepibili, nei primi tempi il gettito diminuisce e l’Italia in questo momento non se lo può assolutamente permettere.
E quindi?
La riforma ci vuole ma bisogna aspettare tempi migliori.
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