Privatizzare non vuol dire svendere i gioielli di famiglia, bensì valorizzare immobili e asset. Come? Sfruttandoli per mettere in ordine i conti pubblici, ma anche per recare un beneficio in termini di concorrenza al mercato e al tempo stesso restituire allo Stato il suo ruolo di regolatore. Così Carlo Stagnaro, direttore ufficio studi e ricerche dell’Isituto Bruno Leoni, commenta il recente annuncio del piano “Destinazione Italia”, rilanciato al Forum Ambrosetti di Cernobbio dal premier Enrico Letta in persona (che ne ha promesso la presentazione «entro fine settembre»), e in virtù del quale intende riportare gli imprenditori stranieri e le multinazionali a scommettere sull’Italia.
Stagnaro, il piano di Letta riporterà le dismissioni nell’agenda di governo?
Così sembra, almeno stando alle indiscrezioni di questa estate. Ma è presto per dirlo. Di “Destinazione Italia”, infatti, ancora non conosciamo la reale composizione.
Quali benefici porterebbe all’Italia un serio piano di dismissioni pubbliche?
Porterebbe benefici di diversa natura: anzitutto, privatizzazioni e cessioni di asset pubblici avrebbero l’effetto positivo di ridurre il debito pubblico, gli interessi sul debito e conseguentemente alleviare la pressione e la sfiducia dei mercati nei confronti del Paese. Ma privatizzare non è soltanto una scelta contabile, bensì politica: la privatizzazione di aziende come Eni, Enel e Finmeccanica, infatti, porterebbe più concorrenza per tutti. Mentre lo Stato tornerebbe a riappropriarsi del suo ruolo di regolatore, abbandonando quello di player in diversi settori.
Anche l’esecutivo guidato da Mario Monti ha varato a suo tempo un piano di dismissioni. È stato utile?
Direi di no. Il Tesoro, infatti, ha venduto a Cassa depositi e prestiti partecipazioni che sono semplicemente passate di mano, da un ente pubblico all’altro. Un’operazione irrilevante se non a fini contabili.
Vendere immobili pubblici rimane una buona idea?
Sicuramente. Il patrimonio immobiliare italiano è grandissimo e costituisce una risorsa preziosa. Peccato, però, che tutti i singoli immobili siano frazionati e posseduti da una miriade di enti diversi. E non è mai facile risalire alle origini. Io penso che la Cassa depositi e prestiti potrebbe incaricasi di catalogarli e metterli in mano al soggetto che poi si dovrà occupare di venderli. Sarebbe una soluzione interessante.
I detrattori dei piani di dismissioni criticano che questo non sia il momento giusto per “svendere i gioielli di famiglia”. Cosa risponde?
Che non è così. Non si tratta, infatti, di “svendere”, bensì di valorizzare asset e immobili.