Giù le mani dagli anziani e dai nonni

Di Redazione
22 Ottobre 2024
Lettera aperta ai consiglieri di Regione Lombardia da parte dell'associazione Nonni 2.0 a proposito del dibattito sul fine vita
Anziani in ospedale
(foto Depositphotos)

Anche se, sorprendentemente, non siamo stati invitati alle audizioni sul tema del “suicidio assistito”, intendiamo comunicare personalmente a tutti gli organi della Regione Lombardia il nostro punto di vista e le nostre preoccupazioni in proposito.

Apparteniamo, infatti, ad una fascia di età che non può non essere preoccupata di come le istituzioni trattano il tema del fine vita.

Noi siamo parte attiva dentro questa società, sia che siamo, come si usa dire, autosufficienti (il 70% della popolazione anziana) sia che siamo non autosufficienti (in questo caso, ricordiamo a tutti l’imprescindibile principio di solidarietà, proclamato solennemente dalla nostra Costituzione, in particolare negli articoli 2, 3 e 32).

I nonni (che sono circa 12 milioni in Italia) svolgono una funzione determinante nel tenere insieme e compattare l’intera società, con il sostegno da essi fornito gratuitamente a famiglie e nipoti. I nonni costituiscono un soggetto attivo del welfare italiano.

Anche per questo, non vogliamo essere considerati soggetti inutili o, peggio ancora, un peso per la società, neppure quando entriamo in una fase di fragilità.

Non vogliamo, in altre parole, essere confinati, anche dal punto di vista culturale, in un settore passivo e insignificante della nostra convivenza e, quindi, temiamo fortemente (e fondatamente, viste altre esperienze già vissute in altri Paesi) che una legge che autorizzi il suicidio assistito costituisca, di fatto e di diritto, una sorta di “piano inclinato” che renda plausibile l’eliminazione della parte più fragile della popolazione e, quindi, allarghi all’infinito i casi in cui sia possibile il ricorso all’eutanasia e anche al suicidio assistito.

In questo senso, vorremmo dire fortemente (e in termini popolari): “Giù le mani dagli anziani e dai nonni”!

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In positivo, chiediamo decisamente che sia data piena attuazione, in Lombardia e in tutta Italia, al “diritto di essere curati bene”; al diritto ad una completa assistenza ospedaliera e domiciliare per le persone più fragili; al diritto a richiedere le cure palliative per i casi più dolorosi (diritto, quest’ultimo, a cui ogni Regione, per legge, dovrebbe già fare fronte). Nello stesso tempo, diciamo no anche a ciò che viene definito come “accanimento terapeutico”.

Queste nostre considerazioni non riflettono punti di vista di parte, ma poggiano sui principi generali a cui la Repubblica intera deve fare riferimento (Regioni comprese): infatti, in Italia non esiste il diritto al suicidio. La stessa Corte Costituzionale “non ha affermato nessun diritto al suicidio”, contrariamente a quanto si cerca di affermare da parte di taluni.

Fare passare una legge regionale (peraltro incostituzionale) che affermi il contrario significherebbe proclamare come valida per tutti una concezione di libertà equivalente al “fare tutto quel che si vuole”. Tale concezione porterebbe inevitabilmente allo sfaldamento dell’intera società. L’affermazione assoluta e presuntuosa della esclusiva libertà individuale porterebbe alla fine di ogni valore comunitario. Ed il suicidio, comunque lo si consideri, non può non essere considerato come un disvalore, a cui non è comunque lecito ricorrere. Ogni legislatore, di fronte ai momenti drammatici della vita, non può e non deve, in nome di una distruttiva libertà di scelta, assecondare pratiche di morte, ma deve favorire pratiche di amore e di solidarietà verso persone che si trovano ad essere particolarmente fragili.

Noi nonni, in considerazione anche della nostra lunga esperienza famigliare e sociale, non vogliamo consegnare ai nostri nipoti una comunità sociale in sfacelo e senza punti fermi essenziali: il diritto alla vita è uno di questi punti fermi.
È proprio per il nostro attaccamento a tale primordiale diritto che chiediamo alla Regione Lombardia di non farsi protagonista di una decisione che riporterebbe indietro la nostra civiltà dei diritti di almeno due millenni.

Il supremo diritto alla vita (ed alla sua cura anche palliativa) sia il riferimento ultimo per dire NO ad una legge che lo violerebbe in modo clamoroso (oltre che violare la Costituzione). Dire NO a percorsi di morte farebbe onore, storicamente, all’intera Lombardia, il cui legislatore verrebbe ricordato nel tempo futuro come legislatore umanamente illuminato.

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1 commento

  1. Beatrice Lo Giudice

    Non sono nonna (anche se avrei l’età per esserlo), ma condivido anche le virgole di questa lettera.

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