Gelmini: «Il concorso di Profumo non svecchia la scuola»
«Una selezione che passa attraverso concorso è fatto positivo. Ben più che colmare i posti sfoltendo le graduatorie. Si ristabilisce un criterio meritocratico di cui l’Italia ha molto bisogno». Con tempi.it l’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, parla del bando di concorso per 12 mila insegnanti, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale.
Cosa ne pensa del concorso indetto dal ministro Profumo?
Alcune cose non mi convincono. Anzitutto la tempistica: non era meglio concludere il Tfa permettendo ai giovani abilitati di prendere parte al concorso? La scuola così non svecchia.
I criteri di reclutamento sono invariati rispetto all’ultimo concorso, di ben tredici anni fa.
Stavamo lavorando per ammodernare questi criteri. Il ministro Profumo, però, ha scadenze che van di pari passo con quelle del governo tecnico, ed era necessario dare un’accelerata. A mio parere, andrebbe valorizzata la continuità didattica, la competenza professionale e la qualità della docenza, perché la scuola torni a fare da volano per la crescita del paese. I posti a disposizione messi a concorso sono pochi rispetto alla richiesta: siamo quindi responsabili di una selezione rigorosa e puntuale. Onde evitare i ricorsi, che stanno diventando un’abitudine spiacevole.
Il bando del ministro Profumo, però, non aiuta a ringiovanire una classe lavorativa fra le più anziane d’Europa.
Purtroppo sono i docenti e gli aspiranti tali ad essere i primi a pagare gli errori del passato. L’inserimento nelle graduatorie era eccessivo rispetto al fabbisogno della scuola. Si era data l’illusione che le cattedre fossero infinite, e la promessa è stata disillusa. Ripeto: i posti sono pochi, e forti le spinte di chi è già nelle graduatorie e di chi si vuole abilitare. L’obiettivo di Profumo di avere insegnanti giovani, capaci e motivati è giustissimo, ma si scontra con la realtà dei fatti, ovvero che alcuni stanno aspettando da anni un posto nello Stato. Bisogna essere schietti: la scuola, con gli odierni bilanci statali, non può reggere. Il fabbisogno di docenti è limitato, ed è necessario investire sulla qualità.
L’autonomia scolastica potrebbe sistemare molti ingranaggi rotti.
Sì, se è coniugata con la responsabilità qualificante. Come nel disegno di legge avanzato dall’assessore alla Cultura della Lombardia Valentina Aprea, che però è crollato alla prova dei numeri non trovando la maggioranza che avrebbe meritato.
Il ministro Profumo si è anche pronunciato sulla possibilità di cambiare l’indirizzo dell’ora di religione.
Non mi convince. È giusto il rispetto verso tutte le religioni, come insegna la Costituzione, ma la religione cattolica è un principio di identità. In un momento storico come questo, dove il paese necessita di solide basi culturali per ripartire, preoccuparsi di un’offerta che sia rivolta a tutte le religioni sminuisce il ruolo forte della cattolicità da un punto di vista sociale, storico e politico. Insomma, nel massimo rispetto della libertà di credo, l’ora di religione cattolica, a scuola, non si tocca.
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