Fuori dal tunnel dell’ideologia No Tav

Di Marco Margrita
05 Agosto 2019
Intervista a Paolo Foietta, ex commissario per la Torino-Lione, che rinfaccia al ministro Toninelli e ai suoi esperti tutte le contraddizioni di una opposizione antieconomica e antiecologica
Tunnel nel cantiere della Tav a Chiomonte

Articolo tratto dal numero di Tempi di luglio 2019.

«Con buona pace del terrapiattismo No Tav e delle superstizioni antiscientifiche di chi nelle file del Movimento 5 stelle se ne fa portavoce nelle istituzioni, quando parliamo di Torino-Lione ci riferiamo a un’opera utile dal punto di vista economico e ambientale. Un’opera, al contrario di quanto vogliono farci credere certe narrazioni negazioniste, ritenuta strategica tanto dalla Francia quanto dall’Unione Europea e che è in corso di realizzazione». Gioca subito a carte scoperte Paolo Foietta, già commissario straordinario del governo italiano per la Torino-Lione e presidente dell’Osservatorio che dal 2006 è stato tavolo di confronto e coprogettazione dell’opera, la “bestia nera” degli oppositori al nuovo collegamento ferroviario «tratto del Corridoio transcontinenatale 5 d’importanza assoluta per il nostro paese».

Vantaggi commerciali e ambientali

Una lettura del tutto opposta, quella dell’architetto Foietta, alle tesi sostenute dagli avversari del tunnel, che definiscono uno sperpero di risorse la realizzazione della ferrovia, perché come ebbe a dire il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, si tratta di «un buco inutile, chi se ne frega di andare a Lione».

Invece, chiarisce a Tempi Foietta, il cui mandato, nel febbraio scorso, è stato lasciato scadere dal governo gialloverde, passare a Lione è decisivo: «Non è un semplice buco della montagna, come No Tav e pentastellati vorrebbero farci credere e forse tragicamente credono, ma è il passaggio fondamentale del corridoio mediterraneo. Non è vero che non serve una nuova infrastruttura perché il traffico merci ferroviario su quella direttrice è destinato a spegnersi, al contrario questo rischia di azzerarsi solo perché non c’è un’infrastruttura adeguata».

Foietta preferisce che a parlare siano i numeri: «L’interscambio economico (import più export) con l’Europa occidentale vale 205 miliardi di euro l’anno, secondo solo a quello con l’area nord del continente (Austria, Germania, Olanda, fino ai paesi scandinavi) che ne cuba 260. Con una differenza non di poco conto: il primo, che vale il 35 per cento dei nostri interscambi in Europa e un quarto di quelli a livello mondiale, registra un saldo attivo di 21 miliardi di euro. Il secondo uno negativo (più import che export) di quasi 9 miliardi. La Francia, poi, è il nostro secondo partner commerciale, per uno scambio di merci totale più che doppio rispetto a quello con la Cina. Siamo di fronte a una questione non proprio irrilevante se consideriamo che tutti gli studi, e ancor prima l’esperienza pratica di tutti i nostri imprenditori, ci dicono che la tenuta della nostra economia è dovuta alle esportazioni».

Paolo Foietta, ex commissario straordinario del governo italiano per l'asse Torino-Lione

In carrozza con Cavour

Di andare a Lione nelle migliori condizioni possibili, ci spiega in buona sostanza chi ha seguito da vicino le vicende dell’alta velocità/capacità, dovrebbe fregarcene. E molto. «Ci sono poi ragioni di sicurezza e ambientali a dimostrare come ci troviamo di fronte a un investimento e non allo sperpero di risorse pubbliche», continua Foietta. «La linea attualmente in uso risale all’Ottocento e ha pendenze che la rendono diseconomica e dispendiosa dal punto di vista energetico. Si preferisce sempre più il trasporto su gomma (più inquinante e meno sicuro): il 93 per cento delle merci viaggiano sui Tir e solo il 7 in treno. Viene immediato chiedersi – ma a questa domanda non è mai stata data risposta: d’altronde ci troviamo di fronte a un rifiuto ideologico – come possano essere contrari a un’opera che ridurrebbe l’inquinamento persone e soggetti politici che si dichiarano ambientalisti».

Comunque non c’è da stupirsi secondo Foietta: «Pensi che nell’analisi costi-benefici, il professor Marco Ponti e i tecnici incaricati dal governo non di una valutazione scientifica ma di uno scritto a tesi precostituita, hanno inserito il mancato introito di accise sul carburante tra i costi, quando la riduzione dell’inquinamento da combustibili fossili è uno degli obiettivi di sistema da raggiungere». Provocatoriamente, per mettere in risalto la contraddizione in cui si dibattono i No Tav, l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione ha intitolato il suo quindicesimo quaderno “Perché Greta va in treno”.

«Sulla direttrice nord-sud il trasporto ferroviario, che è in crescita, vale oltre il 40 per cento. Incomprensibile la volontà di impedire lo sviluppo logico sull’altro asse. Dovremmo, al contrario, metterci in condizione di poter far viaggiare i treni così come vengono definiti vantaggiosi dall’Unione Europea: alti (4 metri e 20 centimetri), lunghi (più di 750 metri) e pesanti (sopra le 2 mila tonnellate)». Caratteristiche che secondo l’ex commissario non può assolutamente soddisfare un convoglio che sia costretto a percorrere linee come quelle di Ventimiglia o del Frejus, «la più vecchia delle Alpi, voluta da Cavour, con gallerie di profilo inadeguato che non consentono di caricare i Tir sui treni». Quelle sono linee, insiste Foietta, «per cui basta una piccola frana e diventano inservibili: è un caso di questi giorni». Per evidenziare ulteriormente ciò a cui siamo di fronte, l’architetto aggiunge che lungo le vecchie linee «il carico massimo può essere di 650 tonnellate, con un dispendio energetico di quasi il triplo rispetto al Gottardo».

Costi ripagati in pochi anni

Mantenere l’esistente o inseguire le prospettive dei tanto invocati ma mai ben definiti “ammodernamenti della linea storica”, non sono opzioni in grado di scongiurare il destino segnato di un progressivo annichilimento dell’attrattiva della ferrovia. In proposito il presidente dell’Osservatorio, che dopo la mancata riconferma a commissario porta avanti il proprio lavoro in forma volontaristica, non risparmia la stilettata: «Ecco qual è il risultato dell’asserita attenzione all’ambiente di Ponti e Toninelli: portare tutto il traffico su gomma e incrementare così le emissioni inquinanti. Il controsenso mi pare evidente, ma è chiaro che chi si rifugia nei comodi schemi della propria ideologia può fare a meno dei fatti».

Danilo Toninelli ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture

Fatti che l’Osservatorio, con il quaderno 13 realizzato con il professor Roberto Zucchetti dell’Università Bocconi e con il successivo che ha visto il contributo di oltre cinquanta esperti, si è incaricato di riportare in luce, indicando con puntualità tutti i gravi errori di forma (la vicenda delle accise) e di sostanza sulla reale consistenza dei costi.

«Noi abbiamo considerato l’impatto su un arco temporale di 120 anni, lo stesso impiegato per vagliare il Brennero o la Manica, ricavandone sostanziali conferme dell’utilità dell’opera», spiega Foietta. «Per dire, sul solo “bilancio del carbonio”, in appena dodici anni sarebbero ripagati i “costi” della realizzazione e si inizierebbe a ridurre le emissioni inquinanti. Con buona pace di Luca Mercalli». I criteri utilizzati dai professionisti schierati dal ministro per tentare d’impallinare la Torino-Lione, d’altronde, non sono stati impiegati per valutare altre opere, «ad esempio la Brescia-Verona-Padova. Modalità che hanno fatto dire allo stesso Ponti di essere stato preso in giro dal governo».

Parigi e Bruxelles non cambiano idea

Passando dagli elementi tecnici a quelli politici, Foietta spiega a Tempi che «fino alle elezioni europee, evidentemente in obbedienza a un patto non scritto fra le due forze che compongono la maggioranza, al tema è stato messo il silenziatore. Ora invece la Tav, anche con goffi tentativi di mediazione sostenuti da alcuni esponenti del Movimento 5 stelle, è tornata necessariamente alla ribalta. Lo impongono i tempi stringenti. Non basta far finta di non vedere il dossier per farlo scomparire dal tavolo. Entro luglio l’Unione Europea si attende l’arrivo della lettera con cui Italia e Francia chiedono la proroga dei fondi. Se la lettera non arriverà, possiamo serenamente dire che il ministro Toninellli si renderà protagonista di un danno erariale. A settembre, poi, finita l’istruttoria si dovrebbe dare il via alla manifestazione d’interesse da parte delle imprese per la realizzazione dei tre lotti francesi e dei due italiani».

Ma non si era detto che tanto l’Europa quanto la Francia avevano smesso di considerare strategica quest’opera? «Certo, è stato detto anche questo», replica Foietta. «Peccato che non esistano atti che attestino nulla di simile. Quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incontrato Emmanuel Macron, ha fatto riferimento alla necessità della valutazione costi-benefici, ma per tutta risposta il presidente francese si è limitato a riaffermare la necessità di rispettare i trattati». Per altro, a metà giugno, l’Assemblea nazionale francese ha approvato la cosiddetta “legge di orientamento sulla mobilità”, un testo che contiene le linee guida per il prossimo futuro per quanto riguarda i trasporti nella loro accezione più ampia. E in questo testo viene ribadito da parte dello Stato «l’impegno nella realizzazione del collegamento ferroviario internazionale per il trasporto di merci e persone tra Lione e Torino».

Per questo il presidente Foietta derubrica a «leit motiv propagandistici dei No Tav» le dicerie sulle intenzioni di abbandonare il progetto da parte transalpina. «Si cercano alibi per invocare successi che non ci sono. È un po’ come dire che gli asini volano, però. E come la gente sa – ma forse non sanno i professori trenocrociati – gli asini non volano. Le istituzioni, quelle francesi come quelle europee, non hanno mai cambiato idea e di questo dato dovrà prima o poi tener conto anche l’ineffabile ministro, se non vuole essere travolto dalla situazione».

Ma chi vuole davvero tornare indietro?

L’alta velocità Torino-Lione, ricorda Foietta in punto di diritto, «è stata approvata, dando il via libera a un trattato internazionale, dal Parlamento italiano. Solo il Parlamento potrebbe decidere di tornare indietro, ma purtroppo per i Cinquestelle, che addirittura hanno perso voti in Val di Susa alle ultime elezioni, non esiste una maggioranza che voglia andare in questo senso. Servono atti, non propaganda o piccoli giochetti volti ad accontentare gli intransigenti oppositori (e per dire quanto sono intransigenti, vi basti una battuta che mi rivolse un sindaco valsusino, quando gli contestai l’allarmismo rispetto alla presenza dell’amianto nelle montagne da scavare: “La Tav non la vogliamo nemmeno se dalle montagne uscisse Nutella”). Non basta non guardare la galleria di Chiomonte per far sì che questa magicamente scompaia».

Non fa proprio sconti ai grillini Foietta: «È ora che escano dalla fase adolescenziale e diventino politicamente adulti facendo i conti con la realtà. Tutte le forze politiche sono favorevoli all’opera, compresa la Lega: illuminante il brindisi di Matteo Salvini nel cantiere di Chiomonte. Io stesso ho incontrato i parlamentari di Forza Italia, Partito democratico e Fratelli d’Italia: nessuno ha paventato l’idea di una retromarcia». Ai pentastellati, alza il tiro l’architetto, «non basterà aver distrutto tutto il materiale dell’Osservatorio (che io comunque ho salvato) o aver dato tre giorni ai collaboratori dello stesso per lasciare il ministero. Possono provare a riscrivere la storia, come è abitudine dei regimi autoritari, ma la storia ha la testa dura. Come inossidabili sono gli atti istituzionali compiuti». Se il governo continuerà la sua corsa, insomma, la componente pentastellata dovrà fare i conti con la realtà. «Magari anche con i 146 milioni di euro di costi di sicurezza per il cantiere di Chiomonte, tutti ascrivibili ai No Tav».

Foto tunnel Tav: Stefano Guidi/Shutterstock
Foto Paolo Foietta: Ansa

[liga]

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