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Francia. Non è “schedando” i preti che si combattono gli abusi sessuali

La Conferenza episcopale d'Oltralpe presenta una versione digitalizzata del "celebret" nel nome della «trasparenza», ma lancia un messaggio ambiguo e finisce sotto attacco. I vescovi non devono cedere all'«autodistruzione»

Leone Grotti
17/05/2023 - 5:35
Chiesa
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La carta professionale del sacerdote con Qr code in Francia per contrastare gli abusi sessuali

In Francia sacerdoti diocesani e religiosi, diaconi e vescovi dovranno girare con un Qr code che, dopo essere stato scansionato, mostrerà il loro coinvolgimento o meno in casi di abusi sessuali. Così è stata presentata dalla stampa la notizia della digitalizzazione del “celebret”, il documento di autorizzazione della Chiesa cattolica che indica il permesso di celebrare messa e amministrare i sacramenti. La misura, che nelle intenzioni della Conferenza episcopale francese doveva rappresentare un passo avanti della Chiesa verso la «trasparenza», è stata fortemente criticata Oltralpe, soprattutto dalle associazioni delle vittime di abusi sessuali.

Il Qr code “semaforo” della Chiesa in Francia

In sé e per sé, la creazione di una carta d’identità professionale del sacerdote non è che la digitalizzazione di qualcosa che esiste già. Il Qr code consentirà alle diocesi e agli organizzatori di pellegrinaggi e raduni religiosi di verificare in tempo reale, senza possibilità di inganno o truffa, se la persona che hanno davanti e che magari non conoscono è davvero un prete autorizzato a celebrare la messa.

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Una volta scansionato il Qr code, si viene rimandati a una pagina con limitate informazioni e tre colori: il verde indica che il sacerdote in questione può amministrare i sacramenti; l’arancione che ancora non può farlo per varie ragioni (di natura “tecnica” e non riguardanti gli abusi); il rosso indica invece che il prete non può più celebrare la messa, magari perché ridotto allo stato laicale, anche se la ragione della sanzione non viene citata.

«Idea stupida per fermare gli abusi»

La Conferenza episcopale francese ha presentato la carta come una misura “anti-abusi” e di conseguenza si è sollevato un polverone mediatico. «È una delle tre idee più stupide che la Chiesa cattolica abbia mai avuto», ha commentato a France 24 François Devaux, ex presidente della Parola liberata, che riunisce alcune vittime di abusi da parte di sacerdoti.

«Se è necessario scannerizzare il Qr code dei membri del clero per rassicurare i cattolici, significa che la Chiesa ha davvero toccato il fondo», ha aggiunto. «Non è niente più che una trovata pubblicitaria e dimostra fino a che punto la fiducia tra i fedeli e la gerarchia è compromessa. Questa inettitudine è un segno dell’indolenza della Chiesa» ad agire contro gli abusi.

Il rapporto sugli abusi da parte del clero

La carta con tanto di Qr code, che è già arrivata ai vescovi e che entro la fine dell’anno sarà fatta recapitare a 13 mila sacerdoti e tremila diaconi in tutto il paese, è stata approvata dalla Conferenza episcopale francese nel novembre 2021. Un mese dopo, cioè, la pubblicazione del rapporto definitivo della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa in Francia (Ciase), secondo il quale tra il 1950 e il 2020 almeno 216 mila minori sarebbero stati vittime di abusi sessuali da parte di 2.900-3.200 membri del clero in Francia. Il dato delle vittime sale a 330 mila se si considerano anche gli abusi commessi dai laici all’interno di istituzione ecclesiastiche.

Sulla dubbia veridicità del rapporto e sugli errori metodologici compiuti dalla Commissione nel redigerlo abbiamo già scritto qui, qui e qui. Tra le misure approvate per combattere gli abusi dai vescovi francesi c’era anche l’istituzione di un modello nazionale e digitale di celebret, presentato appunto a inizio maggio.

«Redistribuire il potere nella Chiesa»

La Chiesa francese avrebbe potuto presentare la misura come l’aggiornamento ai tempi moderni di un sistema in uso da secoli. Presentandola invece come un’arma per “schedare” i sacerdoti, controllarli e scovare eventuali molestatori seriali, si è attirata le critiche di chi ritiene che la Chiesa abbia una «responsabilità di natura sistemica» in tema di abusi, come dichiarato nel 2021 dall’autore del rapporto Jean-Marc Sauvé.

Specificare che il Qr code è solo a uso e consumo delle diocesi, e certo non dei semplici fedeli per verificare la fedina penale del sacerdote, non è servito. «Questa misura non dà risposta alle raccomandazioni fatte dalla Commissione», ha dichiarato Christine Pedotti, femminista cattolica, sostenitrice dei matrimoni omosessuali e direttrice della rivista Témoignage Chrétien. «È un piccolo strumento e davanti all’enormità dei problemi semplicemente non basta. Nella Chiesa bisogna redistribuire il potere».

I vescovi in Francia evitino «l’autodistruzione»

Fatte salve la buona volontà dei vescovi e l’assoluta necessità di agire, come già sta facendo la Conferenza episcopale, per punire gli abusi compiuti in passato dai sacerdoti e garantire che simili crimini non si ripetano, la Chiesa francese non dovrebbe cedere alla logica sommaria secondo la quale qualunque prete è un potenziale abusatore.

Come scrisse Giuliano Ferrara sul Foglio all’indomani della pubblicazione del rapporto della Commissione, la Chiesa non deve scegliere «l’autodistruzione» né darsi in pasto a «una campagna ideologica alimentata dalla sociologia contemporaneista, in un clima appunto da #MeToo delle tonache o da riscaldamento globale, un clima di dottrinarizzazione del luogo comune planetario, l’uomo distrugge la terra e i preti distruggono la chiesa, apocalissi per tutti».

@LeoneGrotti

Foto Cef

Tags: Abusi sessualichiesa cattolicaFranciaqr code
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