
Ieri il direttore di Libero Vittorio Feltri è stato l’unico a commentare in prima pagina su un quotidiano l’esito del processo di Cremona in cui sono stati riconosciuti innocenti, «perché il fatto non sussiste», Roberto Formigoni, Carlo Lucchina e Simona Mariani. Dico l’unico in prima pagina, ma dovrei specificare meglio: Feltri è stato l’unico a commentare su un quotidiano nazionale quanto accaduto, senza limitarsi a riportare solo gli elementi di cronaca.
Non un fiato
Riassumiamoli per i distratti. L’ex governatore lombardo, l’ex dg dell’assessorato regionale alla Sanità e l’ex dg dell’Azienda ospedaliera di Cremona erano stati accusati a vario titolo di aver favorito un’azienda nelle gare per la fornitura di un apparecchio diagnostico. In particolare, Formigoni era accusato di aver ricevuto utilità tramite l’ex consigliere lombardo di Forza Italia, Massimo Guarischi che, nel frattempo, è stato condannato in via definitiva a 5 anni per corruzione.
L’altro giorno la stessa procura ha chiesto l’assoluzione e, dopo meno di un’ora di camera di consiglio, i tre sono stati assolti da tutte le accuse. Fin qui i dati di cronaca che i giornali, quegli stessi quotidiani che fino a poco tempo fa mettevano in prima pagina scottanti inchieste sull’abbigliamento di Formigoni, ora hanno relegato nelle pagina della cronaca locale o, tipo il Fatto, nemmeno in uno spazietto vicino alle previsioni meteo. Per il resto, nemmeno un fiato da parte di nessuno. Un po’ strano, no? Come scrisse Giuliano Ferrara: che fine ha fatto tutta quella bella gente lombarda che s’è goduta 18 anni di Formigoni? Anche se è sbagliato, ormai ci siamo rassegnati a questo andazzo, che resta comunque scandaloso se si pensa a quante gogne mediatiche hanno dovuto subire Formigoni e Lucchina (anche su quest’ultimo andrebbe scritto un libro: se non ho contato male, ha subito sei processi da cui è sempre risultato assolto con formula piena).
Processi simili, verdetti diversi
Ma c’è un altro aspetto della questione che merita di essere enfatizzato e lo fa bene Feltri con queste parole:
«Questa sentenza è la conclusione di un processo che è la fotocopia perfetta di quello che ha sbattuto nel febbraio dello scorso anno prima in carcere e poi agli arresti domiciliari l’ex governatore della Lombardia. Com’è possibile che gli stessi addendi portino a risultati opposti Tribunali applicanti la medesima legge?».
In effetti, nota il direttore di Libero, le somiglianze tra il processo di Milano – che ha portato alla condanna di Formigoni – e quello di Cremona – che ha portato all’esito opposto – esistono: l’ambito è lo stesso (sanità), la modalità è identica (un favore a un amico, qui Guarischi là Daccò), non c’è mai passaggio di denaro ma utilità (vacanze, regali, cene, blablabla). Sia a Milano che a Cremona l’impianto accusatorio tende a dipingere l’ex governatore lombardo come un collettore di tangenti che, anziché in quattrini (non un euro è stato trovato sui suoi conti dopo numerose rogatorie), si faceva “pagare” in favori.
Possibile? Certo
I due processi fotocopia hanno portato a due esiti opposti. Possibile? Certo, lo sappiamo tutti che è possibile e lo sa bene anche Feltri.
«Ora qualcuno dirà: questo era un altro processo. In realtà hanno capito tutti che sono cambiate le figurine ma la partita era la stessa. Soltanto erano diversi i magistrati, e non era più schierato scimitarra alla mano, visto forse come andava il dibattimento, il commando di giannizzeri dei poteri forti, con molte pertinenze nei quartieri alti e – Palamara dixit – politicamente compromessi della giustizia».
Ecco, appunto. Eliminato politicamente Formigoni, si capisce la difformità di giudizio. Tutto bene? Tutto giusto così? Chissà se a qualcuno verrà mai in mente di pensare che aveva ragione il più grande penalista italiano, Franco Coppi, che definì quella di Formigoni «una condanna senza colpa e senza prove».
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