La fatwa contro l’ex primo ministro francese Attal: «Noi musulmani vi batteremo»

Di Mauro Zanon
23 Giugno 2025
L'imam della grande moschea di Massy minaccia il leader politico per avere proposto di vietare il velo alle bambine in Francia. Un problema che va oltre la laicità
Gabriel Attal
L'ex primo ministro francese Gabriel Attal (foto Ansa)

Parigi. Gabriel Attal, leader di Renaissance, il partito del presidente Macron, è una mosca bianca nella sinistra francese, soprattutto quando si tratta di denunciare le derive dell’islam. Da ministro dell’Istruzione, tra luglio 2023 e gennaio 2024, impose alle studentesse musulmane il divieto di presentarsi a scuola indossando l’abaya, la tradizionale tunica che copre il corpo dalle spalle ai piedi, spesso accompagnata dal velo che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso. 

Da capo del governo, tra gennaio e settembre 2024, denunciò a più riprese l’islamo-goscismo, le liaisons dangeureuses tra la gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon e i milieu islamisti, e l’attivismo delle associazioni vicine ai Fratelli musulmani che tentano di imporre la sharia nella terra della laïcité. E anche ora che ha lasciato i suoi incarichi di governo continua a lottare contro l’arrendevolezza di una certa Francia, invocando tolleranza zero verso l’islamismo.

Il divieto di indossare il velo per le minori di 15 anni voluto da Attal

A fine maggio, in concomitanza con l’uscita di un rapporto choc sull’entrismo islamista desecretato dal ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, Attal ha proposto una legge che stabilisca il divieto totale di indossare il velo islamico per le minori di 15 anni, accompagnato dall’introduzione di un reato per i genitori che ne impongano l’uso. L’obiettivo è quello di proteggere i minori dall’imposizione delle pratiche religiose da parte delle rispettive famiglie.

Ma la proposta, volta a proteggere la République e i suoi valori, ha generato un’ondata di accuse di islamofobia nei confronti dell’ex premier, un clima ostile culminato nelle minacce proferite in un video su Facebook da un imam, che si è detto pronto a “emettere una fatwa” contro Attal.

La fatwa contro Attal

Accusandolo di “escalation islamofoba”, l’imam Noureddine Aoussat, che officia alla grande moschea di Massy, nel dipartimento dell’Essonne, ha detto ai suoi follower che Attal «ci sta spingendo a emettere una fatwa, un parere religioso che non è mai stato emesso da nessun imam negli ultimi 25 anni, dalla legge del 15 marzo 2004 (la legge francese che vieta di portare simboli o indumenti che ostentano un’appartenenza religiosa negli istituti scolastici pubblici, ndr). Se non ci sono molte persone con me, sarò io a emetterla», ha dichiarato l’imam di Massy su Facebook, prima di aggiungere: «Lei (Attal, ndr) non riuscirà ad aver la meglio attraverso il processo elettorale. Vi batteremo, noi musulmani francesi e i nostri amici, i nostri concittadini che non sono islamofobi, vi batteremo».

Nel video di dieci minuti, Noureddine Aoussat – la cui casa è stata perquisita lo scorso febbraio per sospetta istigazione al terrorismo – menziona esplicitamente la proposta di Attal di vietare il velo islamico nei luoghi pubblici ai minori di 15 anni: a suo avviso, l’ex ministro dell’Istruzione «non ha il diritto di vietare» l’uso del velo, che considera «una prescrizione obbligatoria» per ogni fedele musulmana, fin dalla giovane età. 

Come con Samuel Paty

Oltre ad Attal, l’imam attacca tutti «quei pagliacci che non hanno voce in capitolo nella religione musulmana». «Lo Stato non ha il diritto di dettare regole o leggi sulla fede o sulla religione», ha detto ai suoi follower. La gravità dei fatti – la minaccia di una fatwa corrisponde infatti a mettere un bersaglio sulla schiena di chi è minacciato – ha spinto il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, a segnalare l’imam alla giustizia ai sensi dell’articolo 40 del Codice di procedura penale, che impone a qualsiasi funzionario pubblico che venga a conoscenza di un reato nell’esercizio delle sue funzioni di denunciarlo. 

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La minaccia, dunque, è presa sul serio dalle autorità francesi, che non hanno certo dimenticato la tragedia del professore di storia e geografia Samuel Paty, ucciso da un islamista radicale in seguito all’appello sui social di un imam che lo accusava di “islamofobia”, e sanno che Noureddine Assouat non è un imam come gli altri: è una star dell’islamosfera, presente su Facebook, TikTok, YouTube, ovunque, e con un grande seguito.

Non è la prima fatwa in Francia

«Bisogna essere spietati con gli islamisti radicali», ha detto a Europe 1 Jean-Claude Dassier, giornalista ed ex direttore di Tf1. Come evidenziato dallo Spectator in un articolo sul caso Attal, «non si tratta solo di un imam e di una legge», ma più in generale «della capacità della Francia di sostenere i propri valori fondanti di fronte alle crescenti pressioni». «Quando un imam può minacciare pubblicamente un ex primo ministro e capo del partito al governo con una fatwa, e farlo da una nota moschea della periferia parigina, solleva una questione che va oltre la laicità. È il segno dell’erosione dell’autorità dello Stato ed evidenzia i rischi di una continua paralisi ufficiale. Non è necessario che una fatwa venga eseguita per fare danni. Il solo fatto di invocarne una crea un clima di intimidazione», scrive lo Spectator

Fatwa, fino a pochi anni fa, era una parola pressoché sconosciuta in Francia, ma i casi si stanno moltiplicando. Dal 2006, il filosofo Robert Redeker, per un articolo sul Figaro sull’Europa e l’islam dopo il linciaggio mediatico di Papa Benedetto XVI a seguito della lectio di Ratisbona, è costretto a vivere sotto scorta dopo una fatwa che lo descrive come «il maiale che ha criticato il profeta Maometto». Kamel Daoud, scrittore algerino esiliato in Francia e premio Goncourt nel 2024 per il suo Houris, è vittima non di una ma di una doppia fatwa: da parte di un imam salafita che lo accusa di “apostasia” per le sue critiche verso l’islam e da parte degli intellò della Parigi benpensante che lo considerano un “islamofobo” da quando sul Monde ha scritto che «nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande».

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