Perché la Francia vieta la tunica islamica nelle scuole

Di Mauro Zanon
29 Agosto 2023
Il neoministro dell'Istruzione ha annunciato il divieto per le studentesse di indossare l'abaya in classe perché viola la laicità dello stato. Una misura radicale di difficile attuazione: fermerà l'avanzata dell'islamismo tra i banchi?
abaya

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Parigi. Si dice che l’ex ministro dell’Istruzione francese, Pap Ndiaye, sia stato sostituito dopo solo un anno dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, per il suo lassismo nei confronti delle violazioni della laicità a scuola, e in particolare verso la diffusione dell’abaya, la tunica islamica indossata da sempre più ragazze francesi che copre il corpo dalle spalle ai piedi e spesso è accompagnata da un velo che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso.

Ndiaye, esponente dell’ala sinistra della macronia, quella che flirta con l’ideologia woke, non hai mai veramente preso posizione contro l’abaya, che non è soltanto un pezzo di tessuto, ma un simbolo religioso, dunque contrario alla laicità se indossato nei luoghi pubblici: per paura di “urtare” la comunità musulmana, di essere tacciato di “islamofobia”.

«Non si può più indossare l’abaya a scuola»

Domenica sera, al 20heures di Tf1, il telegiornale della sera del primo canale francese, il neoministro dell’Istruzione, Gabriel Attal, ha annunciato la svolta: «Ho deciso che non si può più indossare l’abaya a scuola». A seguito delle proteste dei sindacati di categoria, che da mesi invocavano un giro di vite contro l’avanzata dell’islamismo, che si impone tra i banchi scolastici anche attraverso il modo di vestire, il responsabile dell’Éducation nationale ha preso una decisione radicale che mostra la volontà di rilanciare la battaglia per la laicità, abbandonata per ragioni ideologiche dal suo predecessore.

«La scuola della Repubblica è stata costruita attorno a valori forti, in particolare alla laicità. La laicità è una libertà, non un vincolo», ha dichiarato il ministro Attal. Valore sacro per i francesi scolpito nel marmo della legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa, laicità «significa libertà di emanciparsi attraverso la scuola», ha aggiunto Attal, descrivendo l’abaya come «un gesto religioso, volto a testare la resistenza della Repubblica verso il santuario laico che la scuola deve costituire». Entrando in un’aula, ha sottolineato l’esponente del governo francese, «non si deve essere in grado di identificare la religione degli studenti guardandoli».

Violazioni della laicità in aumento in Francia

L’annuncio di Attal è stato accolto positivamente dall’Snpden, il principale sindacato dei dirigenti scolastici che da tempo chiedeva al ministero dell’Istruzione di decidere in un senso o nell’altro. Attal ha annunciato che trasmetterà le nuove direttive ai presidi nel corso della settimana, spiegando la necessità di avere «regole chiare a livello nazionale». La decisione arriva a pochi giorni dai dati allarmanti presenti all’interno di una nota dei servizi dello Sato, dalla quale emerge un’impennata preoccupante delle violazioni della laicità. Secondo il documento, nell’anno scolastico 2022-2023 sono state fatte 4.710 segnalazioni, contro le 2.167 del 2021-2022, ossia più del doppio.

Tra le violazioni, sono in aumento spaventoso proprio quella relative all’uso di abaya e qamis, la tunica maschile: tra settembre e novembre 2021, il ministero aveva ricevuto 91 segnalazioni, mentre tra aprile e luglio 2023, sono state ricevute 923 segnalazioni. «Il numero di ragazze che indossano tali indumenti all’interno dello stesso edificio è talvolta rilevante, superiore a 30 al giorno», ha detto al Figaro un attore sul campo. A ribadire la posizione del ministro dell’Istruzione è stato anche il portavoce del governo Olivier Véran lunedì mattina. «Siamo sempre stati chiari: la scuola è il tempio della laicità. Non si va a scuola per fare proselitismo religioso ma per imparare. Quando si è in classe non ci si deve trovare esposti a segni religiosi ostentati», ha dichiarato Véran a BfmTv, definendo l’abaya un abito «chiaramente» religioso.

La sinistra difende l’abaya

Ma non sarà semplice mettere in pratica la misura e con tutta probabilità si verificheranno situazioni di tensione, soprattutto nelle scuole dei quartieri a maggioranza musulmana. Intanto, la gauche progressista è già sulle barricate. «Ho voglia di piangere. Veramente. È chiaro, e lo sa, che si tratta di una misura totalmente inapplicabile, ma l’idea di voler mandare un tale segnale è talmente disgustosa…», ha commentato su X Cécile Duflot, ex segretario dei Verdi ed ex ministra del socialista François Hollande, oggi leader dell’Ong Oxam France. «Che tristezza vedere questo rientro scolastico politicamente polarizzato da una nuova e assurda guerra di religione totalmente artificiale sull’abito femminile. Quando arriverà il giorno della pace civile e della vera laicità che unisce invece di esasperare?», ha reagito Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, il partito della gauche radicale troppo spesso utile idiota dell’islam politico.

Foto di Op1 su Unsplash

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