Ora che l’Europa vuole tornare con Putin, è pronta a sacrificare l’Ucraina

Di Leone Grotti
24 Gennaio 2017
Dilaniata da una guerra civile, in piena crisi, Kiev faceva affidamento su Bruxelles, che non vuole più mantenere le sue promesse. «Non dovremmo bussare alla porta chiusa di chi non ci invita ad entrare»
epa04242605 (L-R) Governor-General of New Zealand Jerry Mateparae, Russian President Vladamir Putin, Czech President Milos Zeman, German Chancellor Angela Merkel, and world leaders at Sword Beach during a service of remembrance in Ouistreham, Normandy, France, 06 June, 2014. World leaders are gathering in Normandy 06 June to commemorate the 70th anniversary of the D-Day landings. More than 75,000 British Canadian and other Commonwealth Troops landed on the beaches of Normandy on 06 June 1944 alongside the United States and the Free French, in an Allied invasion of more than 130,000. Another 7,900 British troops were landed by Air.The invasion established a crucial second front in the Liberation of Europe from Nazi occupation, ultimately leading to victory for Allied Forces in 1945. EPA/ANDY RAIN EPA/ANDY RAIN

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Donald Trump lancia segnali di fumo a Vladimir Putin e nomina a segretario di Stato Rex Tillerson, uno che ha ottenuto dal presidente russo nel 2013 il premio “Ordine dell’amicizia”, per intenderci; in Francia il favorito per conquistare l’Eliseo, François Fillon, invoca nuovi amichevoli rapporti con la Russia; in Italia da destra a sinistra, da Silvio Berlusconi a Romano Prodi, passando per l’ex Eni Paolo Scaroni, tutti chiedono di porre fine alle sanzioni per aprire una nuova stagione di dialogo con Mosca. Tutto fantastico. Ma l’Ucraina?

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]GUERRA E CRISI. Ora che tutti si sono stufati delle prove di forza e vogliono tornare a fare affari, che cosa ne sarà dell’Ucraina? L’Unione Europea ha fatto di tutto, nel 2014, per strappare il paese all’influenza russa, soffiando sul fuoco della rivolta e spingendo Kiev ad andare allo scontro con Mosca. La Russia ha reagito annettendosi la Crimea e chiudendo i rubinetti del gas a prezzi calmierati, così il nuovo governo ucraino (finito in mano ai vecchissimi oligarchi) si è ritrovato con una sanguinosa guerra civile (che dopo quasi tre anni è ancora lontana dall’essere finita), un paese lacerato in due e una situazione finanziaria che al confronto la Grecia sembra la Svizzera.

DEBITI E TAGLI. L’Ucraina ha accettato questo disastro facendo affidamento sulle promesse europee: Bruxelles avrebbe pagato il conto dello scontro con la Russia, aprendo magari le porte dell’Unione in futuro. Non è andata così. Nel 2015 il Pil ucraino è crollato del 12%, l’anno scorso è salito appena dell’1%. Il paese non è fallito grazie all’aiuto del Fondo monetario internazionale, che garantirà fino al 2019 prestiti per il 17,5 miliardi di dollari in cambio di tagli orizzontali e aumenti delle tasse.
La tranche annuale da 5,5 miliardi però non è stata ancora autorizzata e non lo sarà fino a quando il presidente Petro Poroshenko non farà quei tagli ulteriori che, con tutta probabilità, faranno crollare il suo gradimento tra la popolazione al di sotto del misero 12 per cento attuale. Una parte del prestito, oltretutto, potrebbe servire per pagare un debito di tre miliardi con la Russia per forniture di gas mai pagate. L’Ue dal canto suo ha prestato a Kiev 3,4 miliardi, che però non bastano a risolvere i problemi del paese: come riassunto ad Al Jazeera da Alexandra Melnyk, che vive a Kiev: «I nostri salari sono rimasti gli stessi del 2013, ma tutto è aumentato di almeno il 70 per cento». Per questo il gradimento per il nuovo governo ucraino è così basso: «Questo paese è guidato da degli idioti. Stanno sprofondando l’Ucraina in un abisso».

PROMESSE TRADITE. Bruxelles aveva anche promesso all’Ucraina che avrebbe garantito ai suoi abitanti il diritto di entrare nell’Ue senza visto. L’accordo doveva essere firmato l’1 gennaio 2015, poi la data è stata spostata a dicembre 2015, poi «non oltre il 2016», poi chissà. Devastante sul paese è stato anche l’impatto di un referendum in Olanda, che ad aprile ha chiuso categoricamente all’entrata dell’Ucraina in Europa. Tra Bruxelles e Kiev è stato poi firmato un accordo di libero scambio commerciale (che entrerà in vigore solo se sarà ratificato dall’Olanda, che lo sottoporrà nuovamente a referendum): questo però «non conferisce all’Ucraina lo status di candidato per l’accesso all’Ue», «non richiede ulteriori aiuti finanziari all’Ucraina» e «non costituisce obbligo di aiutare ulteriormente dal punto di vista militare e della sicurezza» Kiev.

IL SONDAGGIO. Ecco perché gli ucraini «sono sempre meno entusiasti» sia dell’Europa che del loro governo, dove la corruzione resta ancora un problema gravissimo. «Sfortunatamente l’Ue non è ancora pronta ad accettarci e noi non siamo ancora pronti per diventare membri dell’Ue», ha dichiarato Andriy Artemenko, politico all’opposizione nel paese. Il 72 per cento degli ucraini, secondo un recente sondaggio del Center for Insights in Survey Research, crede che il paese stia andando nella direzione sbagliata. Al tempo di Yanukovich le opinioni negative costituivano il 66 per cento.

«IL RESTO PIÙ AVANTI». Ora che l’Europa e gli Stati Uniti sono pronti a riprendere il dialogo con la Russia, l’Ucraina potrebbe essere abbandonata al suo destino, come una pedina che non serve più nell’economia del gioco. Gli ucraini cominciano a capirlo e non lanciano più messaggi d’amore a Bruxelles, come dimostrano le parole a Politico di Artemenko: «Ci hanno dato la colazione, poi ci hanno detto: “Il resto domani”, poi “dopodomani”, infine semplicemente “più avanti”. Non dovremmo continuare a bussare alla porta chiusa di chi non ci ha mai invitato ad entrare».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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