L’Europa promuove i conti dell’Italia ma c’è poco da stare allegri. «Vi siete piegati ai funzionari Ue e ai loro diktat irragionevoli»
Dunque per ora l’Europa promuove l’Italia. Ma forse il via libera del vicepresidente della Commissione Katainen alla legge di stabilità (per altro provvisorio, in attesa della nuova valutazione programmata per il prossimo mese) non è una notizia così bella. È questo più o meno il pensiero raccolto da Repubblica di Jean-Paul Fitoussi (foto sotto a sinistra), economista francese che conosce molto bene i problemi del nostro paese, visto che insegna anche alla Luiss di Roma. Secondo Fitoussi Roma e Parigi «hanno perso una grossa occasione per agire insieme, tenendo una posizione più ferma e cominciando a forzare la nuova Commissione a un’impostazione del tutto diversa della politica economica, a farla ragionare in termini più flessibili». Alla fine del tira e molla, infatti, entrambi i governi hanno deciso di rinunciare a sfidare Bruxelles sulla rigidità delle norme di bilancio, ratificando in fretta e furia gli ulteriori tagli “dettati” dall’Europa.
RESISTENZA TROPPO MORBIDA. L’economista parigino, sintetizza l’intervistatore di Repubblica Eugenio Occorsio, «non riesce a mandar giù quei 4,5 miliardi per l’Italia e 3,5 per la Francia che è costato il via libera da Bruxelles alle rispettive leggi di stabilità». Aggiustare le manovre secondo le richieste dell’Unione è stato «un grave errore», dice Fitoussi, che si sarebbe aspettato una resistenza più decisa. O almeno, spiega, «così ci avevano fatto capire sia Renzi che soprattutto il nuovo ministro francese Sapin: quest’ultimo aveva iniziato a dire che la Francia supera i tetti di deficit e non ha nessuna intenzione di autoinfliggersi ulteriori pesanti sacrifici in nome di un dogmatismo di marca tedesca del tutto irragionevole. E invece proprio questo è successo».
«DIKTAT DISCUTIBILI». Purtroppo però Francia e Italia non sono «assolutamente in grado di tollerare ulteriori tagli di spesa, aumenti delle tasse, riduzione dei servizi», continua l’economista. «Non era tempo di compromessi: nessuno consuma e sempre meno lo farà con nuovi tagli, questo bisognava far capire. È tempo di fare l’opposto del rigore, cioè di impostare politiche espansive altrimenti l’economia non si riprenderà mai». Avrebbe dovuto essere questo l’obiettivo di Renzi e Hollande. Ma «secondo me è andata malissimo», sentenzia Fitoussi. È deleterio assistere a «due governi democratici che eseguono gli ordini, anche piuttosto discutibili, di un funzionario europeo». Quando per di più tali «diktat» della Commissione (ovvero le stime sulla crescita potenziale per l’anno prossimo in base alle quali Roma e Parigi hanno dovuto aggiustare i conti) «sono il frutto di una elaborazione puramente teorica che Bruxelles ha fatto calare dall’alto adducendo un potere d’imperio che non ha. Perché considerare per la Francia l’1,2 anziché l’1,5? Nessuno è stato in grado di spiegarcelo».
VENT’ANNI DI STAGNAZIONE? «Non possiamo farci governare da tecnici per di più scarsamente intelligenti», insiste Fitoussi. Renzi e Hollande «hanno sbagliato ad accettare anche loro, ripeto due governi democraticamente eletti, questa confusione fra contabilità aritmetica ed economia reale. Andava detto: guardate, voi sbagliate, i nostri calcoli sono diversi, e per il nostro Paese i calcoli li facciamo meglio noi. Ora l’unico risultato, in tempi di deflazione, è che i deficit caleranno in misura minima ma continueranno a salire i debiti pubblici». Come sta accadendo alla Grecia. Addirittura «potrebbe aver ragione» chi, come Wolfgang Munchau del Financial Times, prevede per l’Europa una stagnazione lunga dieci o vent’anni. «Andrà sicuramente così se non si cambia radicalmente impostazione», spiega Fitoussi. «Possibile lo è certamente: guardate al Giappone che non riesce a uscire dalla spirale perversa della deflazione da moltissimi anni. Ecco perché bisogna dire basta a terapie che non fanno che aggravare il male».
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