La preghiera del mattino

Elly Schlein, o della prevalenza della “frase” sul “pensiero”

Elly Schlein
L’esultanza di Elly Schlein all’annuncio dei risultati delle primarie del Pd, 27 febbraio 2023 (foto Ansa)

Su Startmag Paola Sacchi scrive: «Dopo anni di ambiguità, il principale partito di centrosinistra assume una chiara fisionomia: la stessa di Ocasio-Cortez, di Corbyn, di Mélenchon».

Immagino che nel centrodestra qualcuno consideri la vittoria di Elly Schlein nel Pd come un concreto contributo al rafforzamento della maggioranza di governo. Certo, se io fossi un candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti e la mia sfidante fosse Alexandria Ocasio-Cortez, mi sentirei confortato sulle mie chance di vittoria. Però basta considerare come la sensazione di invincibilità garantita da Corbyn abbia prodotto catastrofi inimmaginabili a Boris Johnson, per comprendere come la politica in uno Stato liberaldemocratico sia sempre un problema molto più complesso di quel che appare a un’analisi superficiale.

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Su Fanpage Elly Schlein dice: «Saremo un bel problema per il governo di Giorgia Meloni. Da domani saremo pronti a riorganizzare l’opposizione nel paese. Per tutelare i lavoratori e alzare i salari. Per la scuola pubblica. Saremo qui a fare le barricate contro la privatizzazione della sanità. Per vie legali e sicure per i migranti, per arrivare in Europa. Per l’ambiente, perché non c’è più tempo».

Come si comprende anche dalle sue prime parole, la Schlein vuole trasformare la politica in un grande talk show, dove i problemi non sono affrontati ma essenzialmente enunciati. Non manca nella maggioranza di governo chi è naturalmente predisposto a questo tipo di politica, nella quale la “frase” domina e spesso comprime il “pensiero”. Con Stefano Bonaccini probabilmente ci sarebbe stato spazio per un confronto meno polemico, più concreto. Oggi questo sarà più complicato e nel medio periodo questo potrebbe determinare dei guasti non solo e non tanto al governo, ma alla nostra democrazia. La minaccia politica della Schlein non va valutata solo in sé e per sé, ma come espressione appunto di quella tendenza alla disgregazione della democrazia italiana che ha tanti alleati sia nell’establishment nazionale sia in sistemi di influenza straniera. Ecco perché la maggioranza di centrodestra dovrebbe frenare al massimo certi suoi istinti e sforzarsi di avere un’iniziativa seriamente costituente rivolta a tutte le persone di buona volontà.

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Sugli Stati generali Marco Furfaro dice: «Ci siamo candidati perché possiate assistere alla vittoria di Elly Schlein al congresso del Pd. Attorno a lei c’è una squadra di persone che ha fatto della lotta politica e dello sporcarsi le mani una storia di vita. Nessun cooptato da qualche capo, ma persone che hanno dovuto sudare per arrivare a conquistarsi qualcosa nel loro piccolo. E con loro, una mobilitazione dal basso che non si vedeva da tanti anni. La vittoria di Elly non sarebbe soltanto un ricambio di gruppo dirigente, ma un fatto storico di portata enorme. Una donna giovane, femminista ed ecologista alla guida di una sinistra inclusiva, con un’idea chiara e netta del mondo e con una squadra radicalmente rinnovata».

Furfaro descrive l’avventura della Schlein come quella di un gruppo di innovatori della politica che hanno dato la loro scalata al cielo. In realtà la Schlein (come prima le Sardine) è frutto di un’invenzione di Romano Prodi e dei suoi giochetti di potere affaristico-politici, per aiutare il Pd in Emilia a vincere le regionali, poi è stata sposata da personaggi politicamente logorati e mossi essenzialmente da obiettivi di potere come Dario Franceschini, Andrea Orlando, Goffredo Bettini e il suo figurante Nicola Zingaretti. Niente a che vedere, per esempio, con un Alexis Tsipras che si è costruito un vero partito, che ha sfidato il Pasok e Berlino, ha governato la Grecia e poi costruito una solida opposizione. La storia di Tsipras, semmai ricorda quella di Giorgia Meloni.

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Su L’Occidentale Elena de Giorgio scrive: «Solo di una cosa non parla Schlein, la invasione russa della Ucraina. Putin che ammazza civili e manda a morire i suoi senza alcun rispetto della vita umana. Neppure una parola sulle armi alla Ucraina che si difende dalla aggressione, sulla Nato e sulla Europa impegnata a difendere Kiev. Magari oggi Schlein si ricorderà che c’è una guerra, sanguinosa, alle porte della Unione Europea. Intanto incassa un bene, brava bis dal partito di Conte».

La de Giorgio coglie bene il vero punto di contatto tra la Schlein e i grillini: la politica estera e più in particolare l’influenza di Pechino. La nuova segretaria del Pd non ha molto a che fare con Giuseppe Conte: lei è una che ha vinto in prima persona le sue sfide con un’articolata cultura radicale, mentre Conte è un avventuriero inventato senza una vera base politica. Li uniscono però una serie di personalità e ambienti quasi tutti con forti collegamenti più o meno organici o dialettici con Xi Jingping.

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