L’esercito dimette Morsi e sospende la Costituzione. La giornalista in Piazza Tahrir: «Gli egiziani sono stanchi dei Fratelli Musulmani»
Sono quasi le 20, in Egitto è scaduto da poche ore l’ultimatum dato dall’esercito al presidente Mohamed Morsi per venire incontro alle richieste della popolazione. Mentre i carri armati scendono in strada per presidiare la tv di Stato, il palazzo presidenziale e piazza Tahrir, proprio il simbolo della rivoluzione contro Mubarak esplode in un boato quando si diffonde la notizia che Morsi è agli arresti domiciliari. La piazza continua a riempirsi in un clima di festa da liberazione, come racconta a tempi.it l’inviata al Cairo del Christian Science Monitor Kristen Chick, presente tra la folla: «Tutti stanno aspettando la comunicazione dell’esercito, la gente attende la notizia delle dimissioni di Morsi, probabilmente anche la Costituzione verrà bloccata ma bisogna aspettare».
COLPO DI STATO. Quando gli elicotteri dell’esercito sorvolano il centro del Cairo, piazza Tahrir esplode in un altro boato. Poi arriva il discorso in diretta tv di Abdel Fattah al-Sissi, capo delle forze armate egiziane: la Costituzione è sospesa, Morsi non è più presidente ed è trattenuto dalle autorità al ministero della Difesa, al suo posto c’è il giudice della Corte Costituzionale Adli Mansour, nominato presidente ad interim, con l’incarico di adottare «dichiarazioni costituzionali» durante il periodo di transizione. Il colpo di Stato dell’esercito non spaventa gli egiziani? «No, adesso come adesso solo pochissime persone temono il colpo di Stato. La maggioranza degli egiziani si fida – continua Chick nel frastuono della piazza – e pensa che questa volta i militari non mirino a comandare il paese ma a lasciare spazio a un governo civile». La verità, aldilà di tutto, è solo una: «Gli egiziani sono stufi di Morsi, sono arrabbiati e preferiscono le pressioni dell’esercito ai Fratelli Musulmani».
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TUTTO IN POCHI GIORNI. La situazione in Egitto è precipitata in pochi giorni: il 30 giugno milioni di persone hanno partecipato alla protesta in occasione del primo anno di governo di Morsi organizzata dal movimento Tamarod. Obiettivo: ottenere le elezioni presidenziali anticipate. Nei giorni successivi, dopo scontri e morti per le strade, le dimissioni di cinque ministri, quelle del premier, dei consiglieri di Morsi fino all’ultimatum dell’esercito. Il movimento Tamarod, che significa “ribelli”, è nato da «un gruppo di giovani giornalisti egiziani che stufi di Morsi hanno deciso di raccogliere firme per le sue dimissioni. In poco tempo è cresciuto a dismisura, oltre ogni aspettativa. E adesso tanti altri movimenti e partiti politici l’hanno appoggiato».
STANCHI DEI FRATELLI MUSULMANI. A parte i sostenitori di Morsi, «che vogliono opporsi al colpo di Stato dei militari e hanno giurato che resteranno in strada e contrasteranno l’esercito», gli altri egiziani hanno buoni motivi per rischiare la presa del potere dei militari: «La maggior parte della gente è davvero stanca di come Morsi ha governato, soprattutto del modo autoritario e non democratico con cui ha escluso l’opposizione da ogni decisione riguardante il paese. Gli egiziani sono scontenti anche di come Morsi ha affrontato le diverse crisi che l’Egitto sta attraversando: è frustrata dalla crescita dei prezzi e dalla mancanza di lavoro, dalla scarsità di benzina e dai black-out continui, pensano che Morsi abbia fallito da tutti i punti di vista. Ecco perché Tamarod ha avuto così tanto successo».
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CARRI ARMATI. Dopo un anno di scontri, all’Egitto servirebbe riconciliazione e un governo di unità nazionale, eppure l’opposizione ha rifiutato l’offerta da parte dei Fratelli Musulmani di una grande coalizione con il rappresentante dell’opposizione, ElBaradei, vicepresidente: «L’opposizione non si fida più di Morsi, ecco perché ha rifiutato. Glielo ha chiesto tante volte e se lo avesse proposto sei mesi fa sicuramente avrebbero accettato ma ora è tardi, sono entrati in gioco i militari, la gente è in strada e vuole che Morsi se ne vada. Le cose sono andate troppo oltre, non è più tempo per un governo di coalizione». I carri armati e i mezzi blindati dell’esercito occupano le strade del Cairo e delle principali città egiziane nel tentativo di impedire che i sostenitori dei Fratelli Musulmani e i manifestanti che hanno chiesto le sue dimissioni si scontrino. Morsi in un messaggio annuncia che è ancora «il legittimo presidente dell’Egitto», ancora non vuole arrendersi.
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CON LA SHARIA NON SI MANGIA, COL VANGELO SI
In un articolo apparso ieri su Repubblica, Mohammed El Baradei dice testualmente: “CON LA SHARIA NON SI MANGIA”. Fuor di metafora, la sharia non mette le persone nella condizioni di creare ricchezza. La prova provata è che da quando l’Egitto è governato dai Fratelli Musulmani la sua economia non ha fatto che peggiorare. Più che di peggioramento, bisognerebbe parlare di caduta libera nell’abisso della miseria.
Domanda: in quale maniera la sharia impedirebbe alle persone di creare ricchezza? Risposta: privandole di quel bene fondamentale che è la libertà. Senza libertà, che è innanzitutto libertà di impresa economica, chi ha i capitali non li investe in imprese produttive e chi ha forza lavoro da offrire non sa a chi offrirla. E se le tasse sono troppo alte e la burocrazia è opprimente, non c’è libertà economica. Completate il sillogismo da voi.
Ho detto che la sharia uccide la libertà economica e quindi uccide il benessere. A questo punto, vi sarete accorti che anche in Italia vige una sorta di sharia economica: LA SHARIA KEYNESIANA. Invece di restituire al popolo la libertà economica che gli appartiene di diritto, e che consentirebbe al popolo di tornare a creare ricchezza, i Fratelli musulmani keynesiani del governo di Letta-Morsi stanno ammazzando il popolo di tasse e inquinamento burocratico.
Qualcuno dirà: “Se la sharia uccide l’economia e il benessere, comunque anche la Bibbia e il Vangelo le uccidono, tanto è vero che nel Medioevo cristiano il popolo viveva nell’ignoranza e nella miseria”. Sbagliato: l’Antico e soprattutto il Nuovo Testamento hanno insegnato ai cristiani il concetto prima ignoto di libertà, che comprende anche il concetto di libertà economica. Per dirla tutta, il moderno liberalismo è figlio del Vangelo. Tanto è vero che nel cristianissimo Medioevo il popolo non viveva nella miseria e nell’ignoranza, bensì era istruito (grazie alle scuole ecclesiastiche) e molto dinamico dal punto di vista economico. Se qualcuno non lo sapesse, i conventi cistercensi erano vere e proprie aziende produttive che davano da lavorare anche ai laici. E se qualcuno non lo sapesse, il capitalismo e le banche sono nate nei comuni italiani. La Firenze di Dante era ricchissima. E se qualcuno non lo sapesse, nel Medioevo all’interno dell’Europa cristiana era in vigore un mercato unico europeo di fatto, ma senza l’oppressione fiscale e burocratica di Bruxelles. Lungo le vie commerciali che univano l’Italia settentrionale alla Baviera alla Borgogna alle Fiandre si muovevano ininterrottamente uomini, merci, idee e pure arte. La pittura italiana e la pittura fiamminga si sono nutrite di reciproche influenze. A Firenze arrivavano i dipinti di Van Eyek, Van der Goes e Van der Wayden, mentre nelle Fiandre arrivavano dipinti italiani e banchieri italiani. Osservate il “Ritratto dei coniugi Arnolfini” (1434) di Jan Van Eych: questo dipinto può essere letto come il manifesto dell’economia liberale fondata sui valori del Vangelo. I due coniugi sono due banchieri fiorentini che si trovano a Bruges per lavoro. Alla base del loro fervore imprenditoriale, c’è il valore cristiano della fedeltà coniugale.
Dunque, la libertà è un concetto cristiano. Se ne deduce che quanto più ci si allontana dal Cristianesimo, tanto più il concetto di libertà si degrada. Infatti, quando la civiltà occidentale ha ripudiato il vangelo, non ha fatto che allontanarsi dalla libertà, precipitando infine nell’abisso del totalitarismo politico nazi-comunista, che porta miseria e morte. Oggi il nazismo e il comunismo sono estinti (forse) ma dobbiamo ancora fare i conti col loro figliolo: la socialdemocrazia keynesiana. Che è una sorta di nuova sharia atea che porta miseria e morte.
Gli egiziani si sono accorti che e’ meglio vivere sotto una dittatura militare stile Mubarak che sotto i Fratelli Musulmani. I fanatici italici della rivoluzione questo come lo spiegano?
Mi sa tanto che in Italia bisognerà arrivare a un simile scenario per obbligare i politici a tagliare la spesa pubblica, abbassare le tasse e sbattere la CGIL fuori dai palazzi di governo, a costo di minacciarli di morte.
Le lobbies si sconfiggono solo con le minacce di morte.
con tutta la buona volontà non mi pare che questo paragone sia molto pertinente
Il problema e’ che agli italiani piace questo sistema parassitario, se non non lo rinnoverebbero ad ogni elezioni a partire dagli anni ’70.
p.s.il sistema italico non e’ minimamente paragonabile a quello islamico = commento fuori luogo