Arriva l’editor delle diversità, che “depura” i libri dalle offese alle minoranze

Di Mauro Zanon
22 Gennaio 2023
Sempre più case editrici francesi assumono "sensitivity readers", che setacciano i manoscritti per evitare che urtino la sensibilità dei lettori: «Abbiamo troppa paura»
Libri editor diversità

Libri editor diversità

Parigi. La Francia, negli ultimi anni, è diventata il paese europeo più permeabile alle ideologie modaiole d’oltreoceano, dal wokismo alla cancel culture, dal Black Lives Matter al politically correct. Non c’è settore nella società francese che non sia stato toccato da questi fenomeni, presentati dalla gauche come il grande progresso a cui tutta l’umanità dovrebbe aspirare: nemmeno l’editoria. L’ultima conferma è arrivata da un articolo del Monde, che racconta l’incursione in Francia di una figura editoriale che non esisteva fino a pochi anni fa, che era relegata al mondo anglosassone, e che ora, invece, inizia a diffondersi: il “sensitivity reader”, ossia l’editor che passa al setaccio manoscritti e libri prima della pubblicazione, alla caccia di stereotipi, pregiudizi, osservazioni e rappresentazioni che possono urtare la sensibilità di una certa minoranza.

L’editor che taglia, corregge e rieduca gli autori di libri

«Questo nuovo mestiere si sviluppa a grande velocità in un clima assimilato da alcuni a un ritorno della censura e giudicato da altri necessario affinché l’industria, in maggioranza bianca e privilegiata, prenda coscienza dei suoi pregiudizi razzisti, sessisti e omofobi. Ufficialmente o no tutte le grandi case editrici ricorrono a questa figura e le agenzie specializzate si moltiplicano», spiega il Monde.

Il boom, anche in Francia, di questi editor della diversità, che tagliano, correggono e rieducano l’autore del manoscritto affinché resti sui binari del correttismo, si è verificato dopo il caso di American Dirt di Jeanine Cummins, uscito nel 2020. Acclamato da Oprah Winfrey nella sua popolarissima trasmissione “Book Club” e da scrittori del calibro di Stephen King, il romanzo, che racconta la fuga negli Stati Uniti di una libraia messicana assieme al figlio perché minacciati dai cartelli messicani, balzò in testa alle vendite, prima di subire un crollo in termini di immagine.

Il motivo? Secondo alcuni autori e critici di origine latino-americana, Jeanine Cummins, bianca statunitense nata in Spagna, aveva semplificato la questione dell’immigrazione latina, sfruttato a fini letterari la sofferenza degli immigrati messicani e dato un’immagine stereotipata del Messico. Insomma, si era macchiata di “appropriazione culturale”. La polemica, scoppiata su Twitter, assunse una proporzione tale da costringere la Cummins ad annullare la tournée di promozione e gli editori del libro a scusarsi.

Un fenomeno già diffuso in Usa e Uk

«Ormai, al minimo dubbio su un aspetto del libro che potrebbe creare dibattito, tutti gli editori anglosassoni fanno appello a dei “sensitivity readers”. Perché il rischio è troppo grosso, hanno troppa paura», ha detto al Monde in forma anonima l’editor di letteratura straniera di una grande casa editrice francese. Tutti terrorizzati di essere trascinati in tribunale, di essere bollati come razzisti, sessisti, omofobi per una parola giudicata scorretta, di essere infangati con conseguenze economiche imprevedibili, di perdere la credibilità: sia gli editori che gli autori.

Il ruolo dell’editor della diversità è intervenire sulla rappresentazione di caratteri, di una cultura o di una comunità a cui lui o lei appartiene. «È una persona coinvolta, che fa parte della comunità in questione, che saprà se le frasi utilizzate sono scioccanti o offensive», ha spiegato a Europe 1 Elodie, che pratica questa “rilettura” in salsa wokista di manoscritti e libri sui temi dell’omofobia e del razzismo. Albine, bibliotecaria originaria del Camerun, bacchetta per esempio gli autori che parlano di “pelle color caffè” per descrivere le persone di origini africane o latine.  «È preferibile utilizzare la formula pelle nera o pelle scura, perché sono i termini che utilizzano le persone razzizzate (non bianchi, ndr)», ha detto Albine.

Lei, come la maggior parte dei “sensitivity readers”, assicura che non sono dei “censori” di libri, ma soltanto dei “consulenti”, che danno dei consigli. Ma la realtà è ben diversa: a regnare, anche nelle grandi maison d’édition francesi e tra gli autori, è un clima di terrore. Il terrore woke.

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