
Ecco come (non) si vive in Grecia dopo il balzo dal lassismo sprecone alla furiosa austerità europea. Reportage da Atene

Sul banco dovrebbero metterci una confezione di kleenex a strappo. «Dopo che hanno preso su le medicine dal tavolo, metà di quelli che vengono qui fanno così», confida sottovoce Eleni. A pochi metri da noi un uomo di 88 anni parla e piange, piange e parla. Si chiama Costas ed è un greco di Albania. Si è trasferito in Grecia nel 1990, dopo la caduta del comunismo. Per i suoi 44 anni di lavoro come meccanico lo Stato albanese gli versa una pensione di appena 110 euro. Quello greco fece lui e sua moglie titolari di due pensioni da 345 euro ciascuna. Tre anni fa quella della moglie è stata soppressa, quindici mesi fa è toccato a Costas. «Sospesa. Quando la riavrò? Non si sa!». Improvvisamente i 70 euro al mese di ticket farmaceutici per curare diabete e colesterolo sono diventati insostenibili.
Non basta essere anziani, indigenti o afflitti da malattie croniche: in Grecia al giorno d’oggi chiunque vada in farmacia deve pagare come minimo un ticket pari all’85 per cento del costo commerciale del medicinale. Chi proprio non ce la fa a pagare dovrebbe rivolgersi agli ospedali, ai quali è affidata la gestione di un fondo del valore di 12,8 milioni di euro per questi casi, ma il servizio apposito presso i nosocomi non funziona: gli ospedali stessi scarseggiano di risorse, e fanno pagare cure e interventi a quanti non sono coperti da assicurazioni sanitarie. Che sono un numero sempre più grande: crescono con l’aumentare della disoccupazione, dal momento che è il lavoro dipendente a garantire l’automatica copertura di un’assicurazione sanitaria. E i disoccupati in Grecia – la Grecia che secondo l’Unione Europea è sulla via della ripresa – ammontano al 27 per cento circa della forza lavoro. I greci privi di copertura sanitaria oscillerebbero, secondo le dichiarazioni del ministro della Sanità Adonis Georgiadis, fra 1 milione e 900 mila e 2 milioni e mezzo. Medecins du Monde dice che sono 3 milioni.
L’assistenza gratuita
In ogni caso sono tanti, troppi, ed è per loro che stanno nascendo iniziative come questa farmacia della solidarietà a Patisia, quartiere metà benestante e metà depresso del centro di Atene, dove si alternano 25 volontari che fanno i turni dentro a un piccolo edificio di un solo piano annesso al Centro culturale del principale plesso scolastico del quartiere (foto a sinistra). Eleni Sotiropoulou è una di loro. «L’idea è nata discutendo fra vicini, ognuno raccontava storie di persone che non riuscivano a comprare i medicinali di cui avevano bisogno. I nostri figli frequentano o hanno frequentato questa scuola, così abbiamo chiesto all’Associazione dei genitori degli studenti di intercedere per noi per avere a disposizione questo spazio. I vetri delle finestre e la tinteggiatura ce li siamo pagati noi. Forniamo medicine gratuitamente al 100 per cento a 500 utenti, che vengono qui con una prescrizione medica e che hanno dimostrato di non avere redditi».
Alla farmacia, che funziona dal gennaio 2013, da qualche tempo è annesso un servizio di visite pediatriche, svolte due volte alla settimana da 3 medici volontari. Di ambulatori-farmacie come questa ne esistono, secondo l’economista Petros Linardos Rulmond, una trentina in tutta la Grecia. Due appartengono alla Chiesa ortodossa, tutti gli altri sono di iniziativa popolare, anche se in genere è rintracciabile una denominazione politica. Secondo lo statuto informale della farmacia «chiunque può partecipare al nostro gruppo, indipendentemente dalle sue convinzioni ideologiche o politiche, purché rispetti pienamente i princìpi e la struttura del suo funzionamento». Ma l’orientamento è chiaro quando si legge che «il nostro scopo non è raccogliere medicine per fare la carità; stiamo cercando di promuovere l’assistenza medica come diritto sociale irrinunciabile per tutti». «La finalità della farmacia non è soltanto di distribuire medicine, ma di sensibilizzare gli utenti perché prendano coscienza dei loro diritti e protestino».
Effettivamente la farmacia solidale di Patisia è vicina all’ambiente di Syriza, il partito della sinistra radicale pronosticato vincitore delle prossime elezioni parlamentari europee, come ci spiega Tina Tsitsovits del comitato centrale. I muri esterni dell’edificio sono coperti di scritte non proprio amichevoli del Kke (il partito veterocomunista) e degli anarchici, e di svastiche.
Peggio della Romania
I farmaci arrivano in molti modi: privati che li comprano e li offrono, o che “adottano” un malato, farmacisti che sensibilizzano i clienti a fare una donazione o a riportare medicine non consumate, dipendenti delle aziende farmaceutiche che organizzano acquisti a prezzi scontati, familiari che portano i medicinali avanzati di un parente defunto… «Ci sono stati 2 miliardi e mezzo di spesa farmaceutica in meno fra il 2010 e oggi», spiega la dottoressa Korina Kassiou. «Prima si facevano troppe prescrizioni, adesso ci sono regole troppo rigide e restrittive. Si è passati da un estremo all’altro».
Il passaggio dal lassismo con i suoi sprechi alla rigidità più assurda e controproducente è denunciata in tutti gli ambiti dove si ha a che fare con la spesa pubblica e le esigenze dell’austerità dei memorandum della troika. Nicolas Demertzis è il direttore dell’Ekke, l’ufficiale Centro nazionale per la ricerca sociale, ma è costretto a occuparsi più di questioni amministrative che di indagini scientifiche. «La riduzione della spesa pubblica è stata fatta con i tagli orizzontali, senza nessuna attenzione alle esigenze di efficienza degli enti. Si sono pensionati ricercatori bravissimi che ci sarebbero stati utili e tenuti altri solo perché costavano meno. Adesso è stata introdotta una legge in base alla quale ogni ente pubblico deve valutare il personale secondo una griglia che ha tre categorie: eccellente, buono e scarso. Il bello è che le proporzioni di personale assegnato alle tre categorie è già fissato! Io devo classificare il 25 per cento del mio personale come eccellente, il 60 come di medio livello e il 15 per cento come scarso! La terza categoria si vedrà ridurre lo stipendio, e più avanti, chissà: saranno quelli licenziabili o collocabili in mobilità». Morale della storia: «In passato la valutazione del personale nella pubblica amministrazione era una farsa, tutti venivano promossi anche senza meritarlo. Adesso si passa alla farsa opposta, stabilendo per legge che alcuni sono incapaci».
All’Ekke ci lavora Dionyssis Balourdos, il principale esperto greco sui temi della povertà. Ci accoglie sventolando la statistica vidimata da Eurostat che certifica che la Grecia è il paese dell’Unione Europea con la più alta percentuale di popolazione a rischio di povertà: 23,1 per cento, cioè più della Romania, della Bulgaria e della Croazia. Nel 2009, alla vigilia dell’esplosione della crisi, si registrava il 19,7 per cento. «Siamo tornati ai livelli del 1994», dice. «Fra gli uomini disoccupati il rischio di povertà sta addirittura al 52,1 per cento. Quali effetti sta provocando questo aumento della povertà? È troppo presto per dirlo con dati scientifici attendibili, ma una cosa siamo già in grado di affermarla: la crisi ha riabbassato i tassi di natalità, che erano ricominciati a crescere. Negli anni del boom economico, cioè a cavallo del 2000, quando la gente pensava solo ad arricchirsi, il numero di figli per donna era sceso a 1,2, poi è risalito fino a 1,5 nel 2010. Nel giro di due anni siamo ripiombati a 1,34».
Il blocco dei riscaldamenti
Gli stili di vita sono cambiati. «Anche chi ha un lavoro consuma molto meno di prima. Ci si prepara il caffè in ufficio e si porta il pasto da casa anziché andare al bar in pausa pranzo. Si usa meno l’auto e di più i mezzi pubblici, preferibilmente senza pagare il biglietto: i controllori sono pochi, e poi c’è l’abitudine di passarsi i biglietti che hanno ancora un residuo di tempo utilizzabile. Ottocentomila veicoli sono stati disimmatricolati per non pagare più il bollo.
Ma il fenomeno che ha avuto più conseguenze è stato il blocco dei riscaldamenti centrali nei condomini: molti hanno smesso di pagare la loro parte di gasolio, e hanno cominciato a scaldarsi bruciando legname di cattiva qualità, per esempio mobili vecchi. Quest’inverno l’aria ad Atene era irrespirabile. Il governo ha dovuto fare spot televisivi per spiegare che bruciare i mobili avvelena l’aria perché libera solventi».
«La crisi ha fatto emergere isole di solidarietà, ma ha soprattutto prodotto impoverimento antropologico e atomizzazione sociale», afferma Panagiotis Grigoriou, antropologo che fa il pendolare fra Atene e Parigi. «I greci amano molto le relazioni sociali, ma uno degli effetti della crisi è stato quello di indebolire queste relazioni fino ad annullarle. Se si guarda attorno, vedrà che anche qui nel centro di Atene la gente per strada e nei locali è costituita quasi solamente di giovani: gli adulti e gli anziani non si fanno più vedere, se ne stanno chiusi in casa».
Effettivamente, insieme al metrò semivuoto alle 8 di mattina, la latitanza delle classi di età sopra i 40 anni per le vie centrali di Atene è uno dei segnali anomali che la capitale emette. «La distruzione accelerata della classe media ha prodotto questo e altri fenomeni», spiega Grigoriou. «Non ci si vede più come prima per molte possibili ragioni: perché la gente deve dedicare più tempo al lavoro per non essere licenziata o per guadagnare quello che guadagnava prima della crisi, perché non ci sono più i soldi per permettersi una cena al ristorante o un concerto, perché i rapporti sono diventati strumentali: chi è in difficoltà si vergogna e non vuole stare più coi vecchi amici, cerca soltanto di entrare in contatto con persone che lo aiutino a trovare un lavoro o un altro prestito per tirare avanti. Oppure non ci si vede più perché tanti sono depressi e non escono più di casa».
La fragilità psicologica
L’incidenza della crisi sulla salute mentale dei greci è uno dei temi più dibattuti e sfuggenti. Varie riviste scientifiche, greche e internazionali, sostengono che i tassi di depressione, i suicidi e i tentativi di suicidio siano sensibilmente aumentati. La famosa rivista The Lancet nel febbraio di quest’anno ha scritto che mentre i fondi pubblici per i servizi di salute mentale sono stati tagliati del 20 per cento fra il 2010 e il 2011 e del 55 per cento fra il 2011 e il 2012, le richieste sono aumentate del 120 per cento negli ultimi tre anni. I casi di depressione grave sono aumentati dal 3,3 per cento del 2008 all’8,2 per cento del 2011. I decessi per suicidio sono cresciuti del 45 per cento far il 2007 e il 2011. Secondo il ministero degli Interni nel solo 2013 c’è stato un aumento del 40 per cento rispetto all’anno precedente.
«Confermo, l’incidenza della depressione è aumentata in misura fortissima, e ha colpito soprattutto le persone già fragili psichicamente. Le nostre statistiche collegano la disoccupazione all’insorgenza della depressione. Le persone si sentono espulse dalla società, e questo aggrava le loro condizioni». Coi suoi 88 anni Panagiotis Sakarellopoulos è il decano degli psichiatri greci, e incarna il loro Basaglia: fu lui, di ritorno dagli studi in Francia, a promuovere l’umanizzazione degli ospedali e dei servizi psichiatrici. La sua passione non è affatto spenta: «Non siamo contenti della situazione attuale della Grecia, né delle politiche del ministero della Sanità. Ma più triste ancora è il comportamento di molti medici: continuano a lavorare con i vecchi metodi, cioè ospedalizzazione e scarsissimi rapporti umani con i pazienti. Vanno al lavoro alle 10 e alle 13 se ne sono già andati: i casi più difficili li lasciano da gestire alle infermiere». La sua Società di psichiatria sociale e salute mentale è un ente no profit che opera da molti anni ad Atene ma anche in provincia (Focide e Tracia), e che oggi cerca di rispondere a bisogni crescenti con aiuti in diminuzione da parte dello Stato. Quello che dice dei suoi malati andrebbe applicato a tutto il popolo greco inteso come emblema di una società colpita dalla crisi e alla solidarietà fra popoli europei: «Noi non possiamo cambiare la loro diagnosi psichiatrica: sarebbe megalomania. Ma possiamo modificare il loro destino, intervenendo sul loro ambiente sociale e familiare».
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2 commenti
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E’ stato detto “la situazione in Grecia è un successo per l’eurozona”…..un grosso affare per alcuni Paperoni, soprattutto esteri, per i Greci comuni, invece…..
Già: poi, di fronte alla miseria di massa, alla disocuppazione globale, alla umiliazione totale e come ciliegina sulla torta, la ‘ripresa in atto’ misurabile in solluccherosi + 0 virgola qualcosa e naturalmente, spread in poppa grazie a gente che lo usa come strumento di ricatto e arma elttorale per spingere i partiti amici (come il PD renziano), con tutti questi enormi benefici ottenuti grazie all’obbedienza ai diktat di FMI, BCE e Ue, il pericolo sarebbe il populismo… Tanto per non pronunciare l’immmonda parola ‘popolo’, per storpiarlo in una specie di malattia degenerativa che corrompe la purezza degli ideali di questi tecnici e burocrati che non sopportano di farsi eleggere dal popolo, la più grande minaccia alla democrazia… E vedrete se non ce la faranno a imbrigliarla, questa terribile forza anti-democratica e a cantare vittoria a labbruzze strette che, anche stavolta, ‘la ragione ha prevalso’, ‘la moderazione ha trionfato’ e l’ordine eurocratico regna sovrano.