È nato da una nonna-mamma un figlio-nipote di un papà-fratello
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Snaturare, deformare, zuccherare, «è stato secondo giorno più bello della mia vita», «una benedizione», «dolce miracolo», «è un brivido di felicità». Cincischiare in un mondo affettivo degno del miglior reality show, «Patty ci ha lasciato una provetta di urina sul portico prima di andare al lavoro» (parte il video: Kayla e il marito eseguono un test di gravidanza con l’urina della mamma di lui. E urlano, lei sussulta e saltella, lui piange, piange), «abbiamo deciso di farle una sorpresa al lavoro» (nuovo video, un pacchetto regalo, due babbucce da neonato, la corpulenta suocera che lo apre e scoppia in pianto, i tre che si abbracciano, ubriachi di kleenex, lacrime e sorrisi).
C’è qualcosa di infelicemente grottesco negli articoli che nei giorni scorsi hanno raccontato la storia della nonna surrogata Patty Resecker. Nel montaggio di servizi fotografici e filmini pubblicati dal sito LoveWhatMatters, dal quale i media italiani, dal Corriere a Vanity Fair hanno ripreso la notizia. La trama è esile e terribile, il lessico quello a cui ci hanno abituati i vessilliferi del suk procreativo, le moine, i sorrisi, l’alibi della felicità che erode il fatto: Kayla è una 29enne dell’Arkansas che a causa di una parziale isterectomia non può portare avanti una gravidanza, ma ha una suocera cinquantenne che da anni si propone per amore e per ridere di farlo per lei. Finché, fallita ogni altra opzione e scoperti altri precedenti di nonne surrogate, Kayla e il marito prendono sul serio la proposta. Dopo un primo fallimento e sette mesi dopo il secondo trasferimento di embrioni, il 30 dicembre 2017 Patty dà alla luce con parto cesareo suo nipote, Kross Allen Jones. Figlio del figlio, ma tecnicamente suo fratello.
«L’idea di scegliere un’amica o una famigliare come madre surrogata con la tecnica tradizionale è spesso considerata controversa: la Società Americana per la Medicina della Riproduzione generalmente scoraggia la scelta di una parente stretta del bambino. Ma il caso di Kayla e Patty è diverso: si tratta di surrogazione gestazionale, e Kross è stato concepito in vitro», chiude il pezzo Vanity Fair. Come a rassicurarci che non c’è stato pasticcio biologico, unione, manco si è fatto l’amore, tutto è stato fatto in modo pulito e sterilizzato, la nonna era «compatibile», i genitori d’accordo, tutto è stato fatto in modo adulto, professionale consapevole, con le babbucce incartate e senza fattura. Pronto per essere raccontato, cioè confezionato, fin dall’inizio della gravidanza a immagine e somiglianza dell’umanità di instagram, per catturare e condividere il diritto a un brivido di felicità.
E poi? E poi svolto il pacchetto dall’imballo – la dicitura glamour, Helms Photography, il prato, le margherite, la lieve foschia che scende dal bosco, la luce pallida dell’autunno sulle fiammeggianti chiome delle donne in posa –, smontato lo shooting fotografico, che vuole la coppia sullo sfondo semisorridersi soddisfatta e la nonna in primo piano in lunga veste cerulea cingere il pancione e fissare l’obiettivo, resta quell’affare insormontabile chiamato gravidanza. L’uno nell’altro, l’altro nell’uno: l’esperienza intrauterina non si disfa, non si sballa, non si scompone. Non si indora coi filtri e il lessico smielato: il 30 dicembre è nato da una nonna-mamma un figlio-nipote di un papà-fratello. Non c’entrerà la biologia, ma per chi ancora guarda un pancione e invece di un pacchetto infiocchettato ci vede la culla più antica e profonda, carnale e sanguigna del sé di un bambino, questa felicità dà i brividi.
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