È finita la pagliacciata Blm nei musei britannici
Non si muoveranno dalle sale del British Museum i Marmi del Partenone, la Stele di Rosetta, un Moai dell’Isola di Pasqua, i Bronzi del Benin. O, almeno, non dovranno lasciare le stanze del museo per “motivi politici”. Ieri un bell’articolo della Stampa, che riprendeva a sua volta ciò che è trapelato sui media britannici, raccontava il dietrofront dei musei dopo le polemiche innescate dal movimento Black Lives Matter.
Statue e polemiche
Come si ricorderà, Blm ha preso di mira molti personaggi della storia inglese (da Edward Colston a Winston Churchill), accusandoli di essere colonialisti e razzisti e dunque chiedendo di rimuovere le loro statue esposte nei luoghi pubblici. Nei mesi scorsi, il movimento antirazzista aveva organizzato manifestazioni davanti alla National Gallery e Portrait Gallery «per protestare contro il basso numero di quadri dipinti da artisti neri presenti nelle collezioni delle gallerie britanniche: duemila in tutto». Stessa cosa al Natural History Museum dove a sollevare polemiche erano state alcune collezioni, tra cui quella di Darwin, e all’Imperial War Museum.
Restituzioni
In generale, i musei avevano accettato il “ricatto” di Blm, assicurando che sarebbe stata loro cura “contestualizzare” le opere, rimuoverle o, come nel caso del British Museum, addirittura restituirle. Era in corso una trattativa con la Grecia per restituire i marmi del Partenone, così come con l’Isola di Pasqua per riconsegnare il Moai Hoa Hakananai’a. Persino la celebre Stele di Rosetta rischiava di tornare in Francia (gli inglesi l’avevano sottratta alle truppe napoleoniche).
La lettera del ministro
Ora, però, il British Museum sembra intenzionato a fare marcia indietro. Il Sunday Telegraph ha infatti divulgato la lettere che il ministro della Cultura, Oliver Dowden, ha inviato ai direttori dei musei invitandoli a smetterla con queste baggianate: «Non dovete intraprendere azioni motivate dall’attivismo o dalla politica», ma «agire in modo imparziale». Anche perché, ha scritto il ministro, «il governo sta effettuando una revisione della spesa nella quale ogni esborso sarà valutato con attenzione».
Riassume la Stampa:
«Se volete ancora soldi pubblici, ha detto in sostanza Dowden, smettetela di dare retta agli scalmanati che stanno portando all’estremo una giusta protesta, e continuate a difendere e a rappresentare la storia britannica, “giusta o sbagliata che sia”, come ha aggiunto il premier Boris Johnson».
Che cosa è la schiavitù?
Così, più per ragioni economiche che non per convinzioni ideali, forse finirà la “posa antirazzista” sostenuta dai musei inglesi. Come disse a Tempi Trevor Phillips «questa gente che vuole cancellare la storia è che non conosce la storia. Non hanno la minima idea di ciò che è successo in passato». E chiedeva: «Non si può applicare alla storia il nostro modo di ragionare di oggi. Soprattutto noi non possiamo rimuovere tutto ciò che ci ricorda che cosa è avvenuto in passato e pretendere che non sia mai esistito. Se eliminassimo tutti i simboli dello schiavismo, sa che cosa succederebbe? Che tra una o due generazioni nessuno ricorderebbe più di che cosa è capace l’essere umano. E allora verrà il giorno in cui uno studente, leggendo su un libro la parola “schiavitù”, chiederà: “Che cos’è? Non ne ho mai sentito parlare”. È questo che vogliamo?».
Foto Ansa
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