Dunque niente “soldati di Cristo” quest’anno. Però si rivede un popolo

Di Luigi Amicone
09 Maggio 2020
Dopo il protocollo governo-Cei sulla riapertura delle Messe in fase 2, guardate come si spengono le polemiche e i nervosismi legati agli eccessi da lockdown
Il cardinale Gualtiero Bassetti con Giuseppe Conte

Cronache dalla quarantena / 56

Il protocollo siglato tra governo Conte e Conferenza episcopale italiana è indubbiamente una buona azione. Andare a Messa sarà un po’ come frequentare il pronto soccorso – belle le prime immagini di personaggi intabarrati che spiegano «no, non sono il chirurgo, sono il parroco» – e d’altra parte così è. Visto che, per quanto sembra stordita e in via di andare a far danni altrove, con questa bestiola le precauzioni non sono mai eccessive.

Dunque entrata in chiesa regolata da volontari e sacrestani muniti degli appositi dispositivi (mascherine, guanti, gel), idem per i fedeli e per i dispensatori di eucarestia, preti, suore, laici, facendo attenzione a NON toccare le mani del fedele protese a ricevere l’ostia. Naturalmente “social distancing” laterale e frontale di almeno un metro e mezzo. Ed entrata tra i banchi col contagocce. Casomai moltiplicare le Messe per evitare qualsiasi tipo di assembramento. Manifesti verranno affissi fuori le chiese per ricordare le regole delle “grida” protocollate antivirus. E il 18 maggio, a Dio piacendo, ripartono “le celebrazioni in concorso di popolo” (il protocollo inoltre fa anche le veci del prete laddove «si ricorda la dispensa dal precetto festivo per motivi di età e di salute»).

Una bizzarria, forse, ma non pare sia stata notata: «La celebrazione del sacramento della confermazione – si legge nel protocollo – è rinviata». Non sono rinviati i battesimi. Non si dice nulla della prima santa comunione dei bambini. Ma per quanto riguarda le cresime, par di capire che l’accordo Stato-Chiesa le rinvii all’altr’anno.

A dire il vero il mio parroco preferito non sa neanche lui cosa pensare. Però, siccome il tempo ha una sua logica stringente, tempo e logica lavorano affinché vada in questo modo: le prime comunioni magari in autunno e cresima l’anno prossimo. Così, per la prima volta nella storia bimillenaria del cristianesimo, il 2020 sarà ricordato come l’anno dove non vi saranno ragazzi “confermati”. Cresimati nel senso che il catechismo attribuisce a tale sacramento.

Articolo 1285 del Catechismo della Chiesa cattolica:

«Con il Battesimo e l’Eucaristia, il sacramento della Confermazione costituisce l’insieme dei “sacramenti dell’iniziazione cristiana”, la cui unità deve essere salvaguardata. Bisogna dunque spiegare ai fedeli che la recezione di questo sacramento è necessaria per il rafforzamento della grazia battesimale. Infatti, “con il sacramento della Confermazione [i battezzati] vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo, e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo”».

Adesso pare non usi più, però io ricordo molto bene con quale orgoglio ricevetti l’olio santo e la benedizione del vescovo, fiero di essere diventato – si diceva e spero si dica ancora così – “soldato di Cristo”.

Dunque, niente soldati di Cristo quest’anno. Sembrerebbe. Però guardate come si spengono come fuoco nell’acqua le polemiche e i nervosismi legati agli eccessi da lockdown. Sì, lo sapete, ci sono centinaia di chat che da tempo ci raccontano le tensioni interne alla Chiesa. E ogni notizia è buona, da una parte e dall’altra, a tirare la giacchetta alla nostra umile osservanza cattolica e teologia portatile.

Sono sicuro che se l’Italia avesse resistito nella sua buona battaglia contro la secolarizzazione obamiana – quella che Benedetto XVI nel suo libro di memorie non esita a definire “epoca dell’Anticristo” – ci sarebbero meno nervosismo e più pesi portati gli uni gli altri.

Per esempio, nel mio piccolo, ho evitato una corsa a un pronto soccorso non so se in direzione di Nulvi o di Perdasdefogu, grazie a mia moglie che ha imparato in un battibaleno la manovra di rovesciare la palpebra.

Non è solo un inciso questo della moglie. Mi ha fatto pensare alla nostra amica Antonia Arslan che ha recentemente perso il marito Paolo. Che in un toccante eppure sereno articolo per Luoghi dell’infinito Antonia ha rievocato solo come «il mio amico». Vorrei che mia moglie e i miei figli mi seppellissero così. Come il loro amico.

Infine devo ringraziare qui, pubblicamente, il mio vecchissimo amico Lucio Brunelli, editorialista principe dell’antico Sabato, poi vaticanista Rai e infine direttore della tv vaticana. È venuto a trovarmi a Milano appena prima del Covid. Un pranzo in trattoria e ha ripreso il trenino per Roma. Ha appena scritto un libro su Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io.

Cattolico cristallino, non si è mai messo a far polemiche con nessuno. Lui sa come la penso io. Io so come la pensa lui. Che è romano e papalino d’antan. Più che altro siamo amici dal 1976. E sua moglie Paola, che da molto tempo è in paradiso, ci insegnò il trucco – laddove trovare un posteggio è peggio dell’ago nel proverbiale pagliaio – dell’invocazione a «San Pancrazio, facci spazio».

Oggi lo devo citare e ringraziare perché mi ha letteralmente costretto ad andare a sentire l’omelia del Papa in Santa Marta.

«Il cristianesimo è una storia. È la storia di un popolo. Un popolo che nella sua totalità ha un fiuto infallibile della fede. Il peccato più grave per un cristiano è la mancanza di memoria di appartenere a un popolo. È il peccato di tutti gli eticismi, moralismi, ideologismi».

Il nostro Papa ha molti gravi difetti. Lo ha detto lui. Anzi. È la prima cosa che ha detto appena eletto Papa: «Sono un peccatore». Però solo il Papa può dire e sentire come può sentirlo solo Gesù Cristo sulla terra che «la dottrina si regge sulla storia di questo popolo». E non viceversa. I vangeli stessi si reggono su questo popolo. Non su come li interpreta pinco pallo Scalfari o chiunque gli passi per la testa di essere un Lutero redivivo.

«Il cristianesimo è la storia di un popolo che nella sua totalità ha un fiuto infallibile della fede».

Se solo avessimo un po’ di coscienza e memoria di questo popolo – «Vi ho chiamato amici!» – chissà come si vivrebbe meglio la lotta per la ripartenza exneopost Covid!

Foto Ansa

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