Dov’è, o morte, il tuo colpevole?

Di Rodolfo Casadei
14 Gennaio 2021
«Se Dio è rimpiazzato dall’idolo della scienza, non c’è più perdono per l’errore, ma solo un inesorabile obbligo: il dramma della fine va risolto e prevenuto, o qualcuno la pagherà». Parla R. J. Snell
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Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

R. J. Snell ha insegnato filosofia alla Eastern University di St. Davids, Pennsylvania, dove ha codiretto l’Agora Institute for Civic Virtue and the Common Good e oggi dirige i programmi accademici del Whiterspoon Institute di Princeton, New Jersey, un centro indipendente di ricerche la cui missione è «lavorare a promuovere la comprensione pubblica dei fondamenti morali delle società libere e democratiche». Sul periodico cristiano ecumenico americano First Things ha scritto un articolo intitolato “Coronavirus and the New Human Agenda” che fa il verso al “Nuovo programma dell’umanità” con cui si apre il best seller di Yuval Noah Harari Homo Deus ed esamina le contraddizioni del tecno-ottimismo al tempo del Covid-19. Lo abbiamo intervistato.

Professor Snell, nel suo articolo apparso su First Things lei sottolinea che nella visione del mondo contemporanea la morte per pestilenza non è più qualcosa che accade per caso, ma è responsabilità di qualcuno, perché nulla sfugge al controllo degli esseri umani. Un pensatore francese come Alain Finkielkraut chiama questa visione del mondo “cosmocriminologia”. Però questa visione esisteva anche nel passato: la morte o la malattia come conseguenza di atti di stregoneria implicavano un particolare essere umano che aveva manipolato gli spiriti, e le pestilenze e le carestie erano conseguenze di errori rituali o di peccati compiuti da certi esseri umani. Il cristianesimo rappresenta una via di mezzo: la malattia e la morte sono conseguenza della Caduta, che fu prodotta dall’azione di un antenato in un remoto passato, non di specifici peccati compiuti da particolari persone che vivono oggi. Stiamo tornano al sistema del capro espiatorio pre-cristiano, su una base differente?

Secondo René Girard Cristo disfa il meccanismo del capro espiatorio che dominava la società antica perché egli è innocente e la sua innocenza è nota. Egli è senza peccato. Prima di lui il capro espiatorio era considerato colpevole, persino fonte di contagio, e sacrificare il capro espiatorio portava pace e salute, perché uccidendo lui il contagio era espulso. Ma Cristo era senza peccato, e rivela che il capro espiatorio è impotente a portare salute o salvezza. 

R. J. Snell
R. J. Snell

Le nostre società non sono più permeate della visione cristiana, e noi non comprendiamo più il perdono o la redenzione. Il colpevole, il capro espiatorio, è visto di nuovo come irredimibile. Se tutto è sotto il nostro controllo, anche la morte e la malattia, allora moriamo o ci ammaliamo perché qualcuno ha agito nel modo sbagliato, perché qualcuno è colpevole. La nostra abilità comporta molti benefici, ma comporta anche un’inflessibile severità morale. Possiamo risolvere la morte, quindi dovremmo risolvere la morte, quindi dobbiamo risolverla, e se non lo facciamo, siamo colpevoli, e questa colpa non può essere tolta. Naturalmente pochi sono disposti a portare un tale fardello, e perciò è sempre qualcuno da qualche altra parte – il governo, un’istituzione, l’economia, l’establishment, gli esperti, le élite – che ha la colpa. Loro sono i capri espiatori. Sì, si tratta di un ritorno a un tipo di colpa pre-cristiano, realizzato dalla speranza tecnologica post-cristiana.

Qui in Italia il decano della ricerca farmaceutica, il professor Silvio Garattini, in un’intervista ha affermato che nella sanità di domani la malattia sarà vista come un fallimento, perché la prevenzione avrebbe dovuto metterci al riparo dalla stessa. Questa è una semplice variante della visione del mondo di cui abbiamo parlato prima, o c’è qualcosa di più?

Una volta ho letto un saggio che sosteneva che mentre la nostra abilità tecnologica ci induce a considerarci dei superuomini, in pratica stiamo diventando come coloro che si lavano compulsivamente le mani, atterriti dal pensiero che saremo accusati per non aver prevenuto la malattia e la disgrazia. Poiché ci può essere una soluzione tecnica, non ci dovrebbero essere la malattia e la morte, e se capitano, qualcuno è moralmente colpevole. Rispetto al fatto che qualcuno è colpevole di mancata prevenzione, quella che lei cita è una semplice variante della visione del mondo di cui abbiamo parlato. Ma c’è una differenza, e sta nel fatto che l’idea di prevenzione cerca non solo di controllare il momento presente – possiamo curare la malattia che questa persona ha adesso – ma presume anche un controllo sul tempo. Cioè un’azione compiuta nel passato può controllare ciò che accadrà nel futuro, ciò che deve ancora accadere. 

Nel passato gli uomini facevano del loro meglio per pianificare e prevedere, ma il futuro restava aperto, indeterminato, governato dal Fato o dalla Fortuna o dalla Provvidenza, che stavano tutte al di sopra dell’umano. Nella prospettiva umana il futuro esiste in potenza, non è ancora attualizzato, e noi ci facciamo carico dell’atto quando esso si compie. Oggi la nostra visione si è drasticamente allargata, e tendiamo a pensare che possiamo controllare la potenzialità stessa, guidando il futuro nei modi che riteniamo migliori. 

La novità, voglio sottolineare, è che non solo qualcuno da qualche parte dovrebbe in questo momento fare qualcosa per risolvere un problema esistente, ma che qualcuno in qualche momento del passato avrebbe dovuto agire in un modo differente, e merita di essere accusato per la realtà attuale. La colpa morale sarà attribuita non solo a coloro che esistono oggi come agenti liberi, ma sarà attribuita sempre di più a coloro che erano agenti liberi nel passato. Per esempio oggi vediamo, specialmente nel caso della politica negli Stati Uniti, giudizi morali spietati sulla storia e su figure storiche. Non hanno agito allora come noi avremmo voluto ora che loro agissero, e non possono essere perdonati per il loro fallimento. Quello che la posizione che lei cita aggiunge è il fattore tempo: non solo noi possiamo controllare la realtà, ma possiamo controllare la realtà che ancora non è.

Lei sostiene che stiamo assistendo al trionfo di una nuova religione, nella quale Dio coincide con la vita biologica e la santità consiste nel fuggire la morte terrena. Un altro pensatore francese, Olivier Rey, dice la stessa cosa e aggiunge che, considerato che la vita biologica non è il vero Dio, essa funziona come un idolo: siamo nel mezzo di una “idolatria della vita”. Commentando le parole del salmo 135 sugli idoli, don Luigi Giussani era solito dire che «gli idoli non mantengono le loro promesse». Quali promesse non verranno mantenute dalla nuova religione della fuga dalla morte?

Non riusciranno a vincere la morte. Quella promessa non sarà mantenuta, perché la morte avrà ancora l’ultima parola. Inoltre se si vede la morte come la fine di tutto c’è la tentazione di appiattire la vita stessa, di vedere la vita dalla prospettiva di ciò che Charles Taylor definisce lo “schema immanente”. Un mondo interamente orizzontale senza trascendenza verticale significa che la morte è la fine di tutto, e le azioni e gli eventi della vita sono appiattiti e i loro significati alterati. 

Dio non proibisce di adorare gli idoli a Suo vantaggio, ma a nostro vantaggio. L’idolatria è un insulto alla dignità umana, un insulto alla ragione umana, perché l’idolatra è distratto dal suo proprio fine – conoscere, amare e fare amicizia con Dio – per qualcosa che è molto inferiore al nostro pieno scopo. L’idolatria ci diminuisce. Per coloro che hanno come idolo risolvere la morte, la vita stessa non è più il drammatico palcoscenico sul quale scopriamo Dio e attraverso i nostri atti scegliamo la nostra eternità. Queste persone sono già dei morti viventi, hanno una malattia mortale. Gli idoli correnti non ci libereranno dalla morte, né ci daranno la vita.

Controlli anti-coronavirus sui passeggeri all'aeroporto di Madrid

Lei critica il significato che il distanziamento sociale ha acquisito nel tempo: da comportamento prudente mirato a preservare il sistema sanitario e a proteggere i più vulnerabili, ad attitudine egocentrica finalizzata a restare al sicuro. Perché non possiamo continuare a considerarla una forma di amore cristiano del prossimo adattato alle circostanze?

Possiamo farlo, e dovremmo farlo. Può certamente essere un atto di gentilezza e di amore per proteggere la vita altrui, e noi non dovremmo danneggiare gli altri agendo in modo sconsiderato. Allo stesso tempo, l’amore consiste nel volere il bene dell’altro e desiderare l’unione e la comunione con l’altro; ma si tratta del pieno bene umano, non semplicemente di un tipo di bene. Il bene umano comprende la vita. Comprende anche l’amicizia, la famiglia, il matrimonio, la politica, il retto culto, il sapere, il gioco, e altro ancora. C’è una pienezza del bene umano, e la carità vuole il bene pieno dell’altro e desidera la pienezza dell’unione con l’altro. Se ignoriamo la piena estensione dei beni umani, non agiamo in piena carità, e se agiamo contro il pieno bene, agiamo contro la carità. 

A volte la nostra risposta alla pandemia ha ridotto troppo rapidamente il bene umano alla vita, e senza necessità abbiamo lasciato molti soli, privati del culto, dell’accesso alla famiglia, agli amici, al divertimento. Certamente carità e giustizia esigono che proteggiamo e custodiamo la vita, ma esigono anche che proteggiamo, custodiamo e ricerchiamo il pieno bene umano. Non abbiamo sempre fatto questo nell’ultimo anno, e mi rattrista ma non mi sorprende scoprire che suicidi, problemi psichiatrici, tossicodipendenze, violenza domestica e una lunga serie di mali sono in ascesa. Non stiamo bene, non prosperiamo quando la piena realizzazione umana è ignorata.

Lei lancia l’allarme sulle conseguenze politiche della tecnicizzazione della politica: è in atto una tendenza ad affidare agli esperti la soluzione dei problemi causati dalla pandemia alla quale corrisponde lo spossessamento del potere di decisione delle persone. Anche le grandi multinazionali e i paesi non occidentali rinunceranno al loro potere e si piegheranno agli esperti?

Gli esperti sono così lontani dalle grandi multinazionali? Molte grandi multinazionali – non tutte naturalmente – hanno tratto benefici dalla situazione corrente, talvolta a spese delle piccole imprese e di quelle a conduzione familiare. Molte multinazionali sono esse stesse l’origine dell’“expertise” di cui si avvalgono i governi e che sta determinando le politiche della salute pubblica. Certamente negli Stati Uniti molte multinazionali sono incarnazioni quasi perfette della visione tecnologica del mondo che hanno gli esperti e sono debitrici al mondo degli esperti. Per quanto riguarda i paesi non occidentali, noto che gli aiuti esteri, l’assistenza tecnica e l’accesso alle tecnologie mediche sono condizionati in una forma che alcuni definiscono “colonizzazione ideologica”. 

Lei scrive che la nuova religione centrata sulla conservazione della vita biologica aumenterà l’ansia, perché la paura della morte dominerà gli individui, mentre le religioni offrono la speranza di una vita rinnovata nell’aldilà. Ma un credente non è mai sicuro di finire in Paradiso piuttosto che all’Inferno, e anche questa è una fonte di ansia. Perché la prima dovrebbe essere peggiore della seconda?

Non so cosa abbia in serbo l’eternità per me. Ma so che il Giudizio universale sarà giusto, assolutamente saggio, onnisciente, misericordioso e compassionevole. Temo il fuoco dell’Inferno e la perdita del Cielo, ma sono assolutamente sicuro che il Dio che decide questo è perfetto in tutte le Sue vie e i Suoi atti. Egli è un Padre gentile che ama i suoi figli con un amore perfetto e intelligente, e non può sbagliare. Non è questo il caso con la tecnologia o la medicina, che con tutte le loro realizzazioni possono sbagliare e sbagliano. Nel mondo dove qualcuno deve essere sempre incolpato per la malattia o la morte non c’è perdono per quegli errori; c’è solo inflessibile e inesorabile obbligo. Possiamo mettere fine alla morte, si pensa, perciò dovremmo mettere fine alla morte: se la morte permane, qualcuno è moralmente colpevole e la sua noncuranza non può essere perdonata. Questa è un’ansia che non può essere eliminata, mentre Dio non solo perdona ma anche redime, perfeziona e innalza.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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